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Il Comune di Torino cerca giovani disoccupati da impiegare come mediatori culturali. Che c’è di strano? Che l’amministrazione guidata dalla grillina Chiara Appendino intende pagarli con i voucher. Ovvero i dibattuti buoni lavoro, criticati da Movimento 5 stelle e Cgil in particolare, che il datore di lavoro acquista (anche in tabaccheria) per retribuire il collaboratore occasionale. Quelli nati per contrastare il lavoro nero ma diventati uno dei simboli della precarietà. Quelli che, a detta di uno dei big del M5S, Alessandro Di Battista, avrebbero fatto “scappare all’estero 100mila italiani all’anno”.

La giunta Appendino, a dicembre, ha emesso un bando per selezionare giovani fra i 18 e i 29 anni da impiegare come mediatori culturali. Dovranno affiancare il personale comunale, soprattutto dal punto di vista linguistico, per facilitare l’accesso degli stranieri ai servizi. Il progetto, finanziato dalla Compagnia di San Paolo, prevede per loro una paga di 7,50 euro l’ora (netti) per un massimo di 500 ore.

IL “NO” DELLA CGIL

La mossa della sindaca Appendino ha sollevato polemiche. Soprattutto sul fronte sindacale, con la Cgil già sul piede di guerra. Nel mirino finiscono ovviamente i voucher, contro i quali la Cgil ha promosso un referendum attualmente al vaglio della Consulta. La segretaria nazionale Susanna Camusso, sulla Stampa, li definisce “pizzini che inquinano il buon lavoro”. La Camera del Lavoro di Torino, dal canto suo, leva gli scudi bollando come “particolarmente grave” la scelta della giunta Appendino, e chiede al Comune di sospendere il bando. “Riteniamo che le amministrazioni pubbliche debbano assumere il massimo impegno per garantire la qualità del lavoro anche all’interno delle proprie strutture – scrive in una nota la Cgil della Provincia di Torino -, qualità che passa dall’applicazione di tipologie contrattuali maggiormente tutelanti dei diritti e della dignità di chi presta la propria collaborazione “esterna” ai pubblici dipendenti”.

IMBARAZZO A PALAZZO CIVICO

Fermo restando che il progetto è nato con la precedente amministrazione targata Piero Fassino, dalle parti di Palazzo Civico qualche imbarazzo traspare. Tocca all’assessore alle politiche giovanili Marco Giusta parare i colpi. Ribadendo di essere “personalmente e politicamente contrario all’uso dei voucher”, Giusta ha ribattuto che l’amministrazione non aveva alternative, salvo rinunciare al finanziamento già in parte erogato dalla Compagnia di San Paolo. Un gruzzolo da 35mila euro (in due anni) che avrebbe potuto essere “un sostegno al reddito per giovani in difficoltà. Personalmente non trovo giusto rinunciare al finanziamento – ha argomentato. Guardando però al futuro, questa è l’occasione per prevedere un momento di confronto sull’utilizzo di questi strumenti anche con le parti sindacali, in modo da immaginare nuovi percorsi e nuove forme di sostegno al reddito”.

LE CRITICHE ALLA COMPAGNIA DI SAN PAOLO

La Cgil non ha risparmiato critiche alla stessa Compagnia. “Nel predisporre programmi di welfare, preziosi per la Città di Torino, riteniamo che la Compagnia di San Paolo possa contribuire a finanziare progetti che si avvalgano di altri strumenti lavoristici messi a disposizione dalle normative, capaci di valorizzare maggiormente la persona, con le sue competenze e professionalità”. Poi, l’affondo: “In questi anni la Compagnia di San Paolo ha finanziato il welfare e i servizi educativi della città, spesso decidendo in quali settori indirizzare le risorse – attacca la Cgil – Oggi decide anche quali sono i rapporti di lavoro da utilizzare. Chiediamo al Comune di Torino, che nomina propri rappresentanti all’interno del Consiglio di Amministrazione nonché il Presidente della Compagnia di San Paolo, di svolgere un ruolo attivo, indicando alla Compagnia stessa su quali settori intervenire e con quali strumenti creare buona occupazione”.

Il sindacato ha quindi chiesto un incontro urgente con il Comune e la Compagnia, “per concordare una soluzione alternativa che consenta di svolgere questo importante servizio attraverso un lavoro che riconosca diritti e dignità alle lavoratrici e ai lavoratori”.

CHI USA I VOUCHER IN ITALIA

Nel frattempo, però, in tutta Italia i voucher spopolano. Secondo i dati diffusi dalla Uil a fine dicembre, nel 2016 ne sarebbero stati venduti 145 milioni. A guidare la classifica, con 9,8 milioni di buoni venduti, la provincia di Milano, seguita proprio da Torino con 5,6 milioni.

In difesa dei voucher e contro la Cgil si schiera Corrado Alberto, presidente dell’Associazione Piccole e Medie Imprese di Torino, replicando all’attacco della Camusso. “I voucher non sono per nulla il male assoluto – ha dichiarato Alberto – Il nostro sistema produttivo è ancora fragile e alle prese con una situazione incerta. Per il Torinese, l’indagine del nostro Ufficio Studi ha appena restituito una chiusura d’anno drammatica: basta pensare che quella di Torino è l’area italiana con uno dei più alti tassi di utilizzo degli ammortizzatori sociali. È vero che le prospettive per i prossimi mesi appaiono migliori, ma proporre di abolire uno strumento come i voucher, che in qualche misura riesce ad abbattere i costi del lavoro e a rendere più flessibile l’occupazione, non sembra essere la soluzione migliore per rilanciare l’occupazione e la crescita. A leggere quanto dichiarato da certe componenti del sindacato verrebbe da chiedersi se si preferisca il lavoro nero al posto di un’occupazione alla luce del sole”.

APPENDINO

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