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Ogni settimana ne escono diversi. L’ultimo, venerdì mattina, realizzato da Ixè, dà il Sì al referendum costituzionale al 38% e il No al 36, con un’affluenza del 53%. Una settimana fa lo stesso istituto diretto da Roberto Weber dava il No al 35%. Gli altri sondaggisti danno invece tutti in vantaggio il No, anche se di poco. E comunque con una platea di indecisi tra il 30 e il 40%. Troppo per avere dei risultati davvero affidabili, dicono gli stessi addetti ai lavori.

Ma c’è un sondaggio riservato che sta turbando il sonno di Matteo Renzi. Sul tavolo del suo studio a Palazzo Chigi qualche giorno fa è planata una ricerca secondo cui anche una fetta di elettori che apprezza nel merito la riforma costituzionale potrebbe alla fine votare No. Il sondaggio è stato realizzato in due parti. Alle persone chiamate da Ipsos di Nando Pagnoncelli – il ricercatore coinvolto dal premier – prima sono state fatte alcune domande nel merito della riforma (tipo: siete d’accordo all’abolizione del Cnel? Vi piace la riduzione del numero dei senatori? Siete favorevoli al fatto che in Senato andranno rappresentanti locali?): ebbene, molti hanno risposto Sì. Le stesse persone, però, alla domanda finale – come voterà al referendum? – hanno risposto: voterò No. La motivazione, nella maggior parte dei casi, sono state all’incirca: perché non mi piace Renzi, per mandare a casa Renzi. Ergo: alcuni potenziali sostenitori del Sì alla fine potrebbero votare No per cercare di azzoppare il presidente del Consiglio. Un chiaro segnale che la “spersonalizzazione” è fallita, si dice nella minoranza Pd. Dunque se anche gli elettori potenzialmente favorevoli alla riforma sono disposti a votare no per fare uno sgambetto al premier, per Renzi sarebbe un bel guaio. Così a Palazzo Chigi è scattato l’allarme rosso. E ai comitati per il Sì è arrivato il seguente input inviato da Luca Lotti: parlate della riforma, entrate nel dettaglio sugli aspetti positivi, ma non parlate del governo o del premier.

Il comitato Basta un Sì dall’inizio del mese lavora a pieno regime: la sede è nello stesso palazzo dell’Ulivo di Prodi, in piazza Santi Apostoli a Roma, dove è in azione un bel gruppo di volontari coordinati da Simona Ercolani (la regista della Leopolda e anche del programma tv Sfide), David Hunter (l’esperto americano braccio destro di Jim Messina), l’ex giornalista di Europa Rudy Calvo e il senatore del Pd Roberto Cociancich. Sono loro che tengono i contatti con i circa 4 mila comitati sparsi in tutta Italia.

Dicevamo che la maggior parte degli istituti di sondaggi al momento vedono una prevalenza del No: 53% a 47% per Nicola Piepoli, 54 a 46 secondo Renato Mannheimer, 52 a 48 per Antonio Noto di Ipr Marketing, 34 a 30 per Fabrizio Masia di Emg. E tutti segnalano un’alta percentuale di astensioni dovuta all’indecisione. “I giochi si faranno negli ultimi 30 giorni, novembre sarà il mese cruciale. Molte persone ancora non conoscono il merito della riforma e si informeranno più avanti. Oppure non si informeranno affatto. Certamente sarà un voto anche sul presidente del consiglio”, dice Nicola Piepoli.

Per quanto riguarda il dato regionale, il Sì è particolarmente basso al Sud. Anche per questo buona parte dei 200 appuntamenti annunciati da Renzi lo vedranno impegnato nel Mezzogiorno. Il Nord invece è diviso a metà: a Ovest prevale la riforma, mentre a Est non piace. Il Centro, invece, sembra sia a macchia di leopardo, con il Sì in vantaggio in Toscana, Emilia Romagna e Marche.

Referendum, ecco il sondaggio che preoccupa Matteo Renzi

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