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Leggo in questi giorni su Formiche alcuni commenti a proposito della situazione francese, dove la campagna elettorale – cito da un commento letto giusto ieri – “va avanti fra scontri interni, casi di nepotismo, cause giudiziarie e la lotta contro l’eredità paterna”.
Di primo acchito mi verrebbe da esclamare: Vive la France, almeno loro sanno rinnovarsi e lo fanno in maniera intelligente oltre che strategica.
Si legge che il futuro dell’Unione Europea si giocherà a Parigi, ad Aprile. La cosa straordinaria di queste elezioni francesi è anzitutto la capacità del sistema di generare nuovi potenziali leader a lato di una costante ultranazionalista impersonata dalla Le Pen. Occorre rammentare al riguardo che la Francia ha delle peculiarità uniche, che la rendono l’unico paese in Europa dove interesse pubblico e interesse privato coincidono. Un paese dove il senso di appartenenza e l’orgoglio rappresentano il comune denominatore di ogni francese e che pertanto segna un tratto comune di qualsiasi programma elettorale. Un liberale alla Milton Friedman, per intenderci, avrebbe vita dura nel territorio gallico, ma probabilmente in maniera geniale applicherebbe il suo pensiero ad una vision francese che è condivisa, integrata, fisiologica.

Credo tuttavia che le analisi fatte superficialmente da tanti giornali, volte ad applicare schemi e preconcetti magari utili in Italia o altrove, in Francia non possano trovare facile presa. La Francia è stato-nazione a tutti gli effetti, è la culla di una rivoluzione che ha lasciato morti (in Vandea), ha definito il laicismo nella accezione ancora oggi attuale (e sposato da Hollande, Le Pen e Macron, tra i candidati all’Eliseo, mentre è avversato da Fillon), ma ha anche visto nascere le reazioni vive e genuine allo stesso laicismo, a tutti i livelli sociali (penso a movimenti cattolici vivaci e reattivi, penso alle discese in piazza di Manif Pour Tous, penso a movimenti di nicchia ed ad una devozione religiosa “conservatrice” nel senso più moderno del termine).
La Francia ha le migliori scuole di pubblica amministrazione al mondo (pensiamo all’ENA), ha i migliori MBA in Europa, ha una classe dirigente di alto livello che si è cimentata nel pubblico come nel privato perché le due realtà non si contraddicono.

La laicissima Francia ha anche un tasso di natalità che è superiore al doppio di quello italiano, grazie anche a scelte strategiche fatte da governi i quali, prescindendo dagli orientamenti e pur sempre “laicamente” hanno compreso l’importanza di applicare politiche di sviluppo che partano dalla famiglia. Nella “cattolica” Italia neanche a parlarne… la famiglia naturale sembra più un ostacolo per lo Stato onnivoro che vuole sudditi o accontenta richieste di diritti senza che questi abbiano alcun fondamento giuridico o logico (oltre che alcun suffragio di diritto naturale). Una “cattolica” Italia dove ci si ostina a cercar di fare partiti cattolici da “zero virgola”, più per manie di protagonismo che con reale visione strategica.
Credo che il fatto interessante delle prossime elezioni francesi – a seconda dell’esito, naturalmente – potrà essere la definizione di un assetto geopolitico che ha già subito un fortissimo scossone (Brexit e Trump) e che – ove ad esempio prevalesse Fillon – darebbe nuova linfa a un’Unione Europea meno tedesca, più uniforme, più responsabilizzata dinanzi alle recenti decisioni strategiche assunte da Trump (vedi rafforzamento delle produzioni interne, anzitutto).

L’Unione Europea è un grande progetto pensato e strutturato da persone illuminate; progetto che, con la deriva germano-centrica avrebbe perduto la consistenza con i principi fondativi (come ben spiegato in tante occasioni dal Prof. Sapelli), e che è stato evidentemente tradito da una classe dirigente burocratica e non “alta”.
La apparentemente buona reazione di Fillon di queste ore alle accuse mossegli fa personalmente ben sperare. Al risultato politico che sarà determinante, va poi aggiunta la forza strategica di un sistema economico che si espande e cresce: la grande distribuzione (Carrefour, Auchan, solo per citare i più importanti), il settore automobilistico, quello bancario, quello assicurativo (vedi l’interesse di Axa per Generali), le telecomunicazioni e il settore media-televisivo (Vivendi su Mediaset). La forza di un paese è mostrata anche da una strategia e da un “essere francesi” che accomuna il grande manager privato così come il gran commis di stato.

Allora, provocatoriamente: vogliamo chiedere di essere annessi?

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Vive la France?

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