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Donald Trump induce i media americani a rompere con le proprie tradizioni: USAToday, il terzo quotidiano statunitense per diffusione, l’unico davvero nazionale – lo si trova negli aeroporti di tutta l’Unione -, per la prima volta nella sua storia rompe di 34 anni prende posizione nella corsa alla Casa Bianca e invita i suoi lettori a non votare per il candidato repubblicano. “Non è adeguato a fare il presidente”, afferma perentorio un articolo di fondo, che, però, se boccia Trump, non esprime un endorsement a Hillary Clinton.

La candidata democratica, dal canto suo, accusa il rivale di avere messo i suoi interessi personali ed i suoi affari “al di sopra delle leggi, dei valori e della politica degli Stati Uniti”. L’ex first lady si riferisce a una vicenda svelata da Newsweek con la formula ‘Castro connection’: affari con Cuba fatti in violazione dell’embargo.

L’EDITORIALE DI USA TODAY

L’editoriale del quotidiano è durissimo verso il magnate, giudicato “senza il temperamento, la preparazione, la fermezza e l’onestà necessarie per fare il presidente”. E portatore, invece, di “indifferenza e ignoranza”, con le quali mette in discussione tutti gli impegni fondamentali presi da tutti i presidenti Usa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi.

Trump viene quindi descritto come “inaffidabile, male attrezzato per essere comandante-in-capo, portatore di pregiudizi, con alle spalle un’attività imprenditoriale con luci e ombre”. E ancora: “parla in maniera sconsiderata, ha imbarbarito il dialogo nazionale ed è un bugiardo seriale”.

Quanto a Hillary, il comitato editoriale di USAToday ammette di essere diviso sul suo conto: alcuni vedono in lei tutte le qualità per essere un buon presidente, altri esprimono forti riserve.

LA “CASTRO CONNECTION”

Le rivelazioni di Newsweek rischiano di alienare a Trump le simpatie della comunità degli esuli cubani, influente soprattutto in Florida, il più ‘pesante’ degli Stati in bilico. I fatti, ricostruiti dal settimanale attraverso documenti e testimonianze, risalgono al 1988: allora alla guida della Trump Hotels and Casino Resorts, il magnate investì, tramite una società di consulenza, in attività imprenditoriali a Cuba, salvo voi ‘travestire’ da beneficienza le spese fatte, per farle apparire legali.

Quell’iniziativa non condusse a nulla di concreto, ma l’imbarazzo resta. Anche perché Trump, ricorda Newsweek, allora si dichiarava favorevole all’embargo e oggi promette, se eletto, di cancellare il disgelo con Cuba portato avanti da Barack Obama, se il regime dell’Avana non garantirà la libertà religiosa e non libererà i detenuti politici.

Fra i primi a chiedergli di fornire chiarimenti su quella che sarebbe una violazione della legge, l’ex aspirante alla nomination repubblicana e senatore della Florida di origine cubana Marco Rubio.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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