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Almeno per il 2017/2018, gli insegnanti fuori sede potranno chiedere il riavvicinamento prima dei tre anni previsti dalla Buona Scuola. Il contratto di mobilità, misura straordinaria valida un anno, rappresenta il punto principale dell’intesa firmata, alla fine dello scorso dicembre, fra la neo ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, e i sindacati.

I CARDINI DELL’ACCORDO

Fra i punti salienti dell’intesa: la mobilità avrà un’unica fase per ciascun grado scolastico; i professori potranno esprimere fino a 15 preferenze, indicando, oltre agli ambiti, cinque scuole al massimo, sia per gli spostamenti all’interno che fuori dalla provincia. Quanto all’individuazione dei docenti per competenze (cioè la problematica chiamata diretta) i paletti saranno definiti in un accordo a parte – che sarà sottoscritto insieme al contratto sulla mobilità – con l’obiettivo di individuare requisiti standard che garantiscano imparzialità e trasparenza. Il prossimo passo sarà la sigla del contratto vero e proprio, che dovrebbe avvenire entro gennaio, «ma la linea è tracciata in modo chiaro e va nella direzione giusta”, ha spiegato al Corriere Maddalena Gissi, segretaria Cisl scuola. “Parità di trattamento per tutti i docenti, delimitazione precisa dei limiti territoriali entro cui potrà avvenire l’eventuale mobilità d’ufficio, ampio riconoscimento del diritto a trasferirsi direttamente su altra scuola oltre che su ambito, semplificazione delle procedure. Un ottimo lavoro».

L’ANALISI DI GIULIANO CAZZOLA

Di opinione contraria Giuliano Cazzola, che ha commentato la questione su Formiche.net, spiegando che la riduzione, da tre a uno, degli anni necessari per poter chiedere un avvicinamento, non garantisce, almeno per l’anno di validità dell’intesa, la continuità didattica prevista dalla legge 107: “In Italia, il maggior numero dei posti vacanti si trova nelle regioni settentrionali, mentre gli insegnanti stanno in prevalenza al Sud. In questo modo, si dovranno ricoprire, con il ricorso alle supplenze, le sedi vacanti delle città settentrionali, senza assicurare un minimo di continuità didattica per gli studenti, ricostituendo, man mano, una massa di manovra di precari che, prima o poi, faranno pressione per essere stabilizzati”.

IL BONUS DI MERITO, FRA SODDISFAZIONE E PROTESTE

Altro campo di battaglia, oltre ai trasferimenti, sono i bonus. Circa 247mila docenti hanno trovato o potrebbero trovare, nella busta paga di dicembre o gennaio, in media 6-700 euro in più (o meglio, la metà, al netto delle tasse): è in arrivo il bonus di merito del 2016. Si tratta di un riconoscimento introdotto dalla Buona Scuola, che assegna circa 23mila euro a ciascun istituto, da suddividere agli insegnanti più innovatori. I premi vengono assegnati da un comitato di valutazione, formato dal preside, un genitore, due insegnanti e uno studente (solo nelle superiori). Alla fine dell’anno il preside individua gli insegnanti più meritevoli e in base all’imparzialità della sua scelta, un comitato esterno valuterà il preside stesso.

LE CRITICHE DEGLI INSEGNANTI

Nonostante i criteri siano stabiliti per legge, la discrezionalità sulla scelta dei docenti da premiare ha fatto infervorare molti insegnanti in tutta Italia, a Milano, Bologna, Roma, Napoli, Palermo. Via social network, attraverso lettere aperte o con la formazione di comitati spontanei, qualcuno ha lamentato disparità (pur consentite) nelle somme ricevute, altri hanno denunciato che l’assegnazione del premio fosse andata al gruppo di lavoro della preside e altri ancora che il numero dei prescelti fosse troppo esiguo. Ognuno, poi, ha trovato il proprio modo per provare a mettere tutti d’accordo: qualche istituto ha suddiviso i fondi in parti uguali, alcuni comitati li hanno distribuiti a gruppi di docenti e qualcuno ha donato il proprio premio alla scuola. Un incentivo molto dibattuto, dunque, la cui sorte non è prevedibile dopo l’incontro di fine dicembre della neo ministra con i sindacati, nel quale sono state ventilate sia l’ipotesi di abolizione, che di inserimento nel prossimo contratto.

IL COMMENTO DI MARIO RUSCONI

Dall’associazione nazionale dei presidi si levano voci contrarie alle intese raggiunte fra la ministra Fedeli e i sindacati. La riforma è divenuta legge e va rispettata così com’è, secondo il vice presidente nazionale, Mario Rusconi, intervistato da Ruggero Po per Formiche.net: “È grave che i sindacati abbiano richiesto e ottenuto – e che il ministro abbia concesso – il cambiamento di una norma di legge con un accordo contrattuale”, spiega. “Temiamo ci possa essere una controriforma, non è un caso che l’unica cosa che i sindacati non abbiano messo in discussione sia la valutazione del comportamento del preside a fine anno. È un paradosso che i protagonisti della scuola, i professori, che valutano gli alunni, rifiutino a loro volta una valutazione”.

L’OPINIONE DI MILA SPICOLA

Questo provvedimento dovrebbe essere un ponte verso un sistema di premi e incentivi più strutturato, basato su un percorso di crescita professionale dell’insegnante, auspica Mila Spicola, insegnante e dirigente del Pd: “Questa può essere una via transitoria, ma la direzione cui dobbiamo tendere è vincolare la valutazione dei docenti alla carriera anzichè a un provvedimento una tantum, per arrivare alla formazione di un sistema di middle management scolastico, così come già accade in molti paesi del mondo”.

Cosa succede davvero nella scuola fra Valeria Fedeli e insegnanti

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