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I 27 capi di Stato e di governo che si riuniscono a Bratislava il 16 settembre, senza il Regno Unito, iniziano un processo evolutivo che si concluderà probabilmente nel marzo 2017 a Roma, in occasione dell’anniversario dei Trattati. Il vertice è l’occasione per ritrovare una strada dopo un periodo pessimo, con un paio d’anni contrassegnati da minacce imminenti e attacchi diretti, a est (Ucraina, Moldavia, confini Nato e UE), a sud (immigrati, Siria, Africa e Isis) e all’interno (terrorismo, crisi economica, instabilità politiche), e mal coronati dal referendum del 23 giugno sulla Brexit.

IL LAVORO PREPARATORIO E IL CLIMA

L’incontro di Ventotene del 22 agosto tra Merkel, Hollande e Renzi è stato seguito da una girandola di riunioni e dichiarazioni per la costruzione del consenso, con tutti i capi di stato e le grandi macroaree: Visegrad, baltici e nordici, mediterranei,  sud-est europeo. Angela Merkel e François Hollande sono stati in prima linea, affiancati dal presidente del Consiglio Donald Tusk e infine dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, a cui si deve il discorso al Parlamento europeo sullo stato dell’Unione del 14 settembre.

Pur senza effetti giuridici, il Vertice proverà a dare un messaggio di rassicurazione e coesione, sulla linea di Ventotene, senza grandi dettagli. Il consenso dei partecipanti invece dovrebbe ruotare intorno a temi condivisi e a soluzioni praticabili e note, su cui c’è già stato un lavoro preparatorio tecnico-politico, senza modifiche dei Trattati e con esibizione di capacità operativa.

TRE CAPITOLI (E MEZZO)

Sulla sicurezza esterna, insieme alla Nato, vi è un’azione reale nel Mediterraneo e Medio oriente (Eunavfor Sophia, Libia e Siria), e a est. Si potranno mettere in evidenza i difetti, ma la risposta è visibile, si potrà dire che è insufficiente, che vi sono altre minacce: da cui l’aumento dell’impegno e della spesa militare, il coordinamento rafforzato con la Nato, la spesa di 3,2 miliardi di euro per 44 miliardi di investimenti per lo sviluppo in Africa in contrasto alle migrazioni, l’operatività entro l’anno della Guardia costiera. La Strategia di giugno di Federica Mogherini e alcune proposte franco-tedesche vanno oltre, verso schemi di forza militare europea e verso nuovi modelli di finanziamento.

Sulla sicurezza interna vi è da attuare al più presto il PNR di identificazione dei passeggeri aerei, introdurre un sistema di registrazione come negli Stati Uniti (ETIAS), rafforzare (pezzi) di Europol e affini, dei database e del coordinamento. Sulle migrazioni, la redistribuzione lascerà il passo alla sostenibilità, e quindi al contenimento (EunavSophia e Guardia costiera, accordi con la Turchia, investimenti in Africa) e poi alle politiche di ritorno: in buona parte da costruire.

Sullo sviluppo, più che agire (troppo) sulle spese – che producono destabilizzazione – si tratta di far aumentare il PIL, sostanzialmente con un rilancio degli investimenti pubblici, con l’EFSI (cioè il piano Juncker) che dovrebbe passare da 21 a 42 miliardi euro e provocare quindi spese per 600 miliardi. L’iniezione dovrebbe avere effetti sui Paesi più esposti, mentre le “regole” non dovrebbero subire cambiamenti. Nel frattempo si dovrebbe avviare l’armonizzazione delle imposte sulle società, e iniziare a raccogliere maggiore gettito proprio dell’UE per finanziare difesa e investimenti: in parte dalle registrazioni per chi entra nell’Unione (ETIAS) e in parte da nuove risorse proprie (sulle società, forse), su cui Mario Monti che presiede il gruppo tecnico HLGOR farà una proposta entro dicembre.

In ultimo si dovrebbe anche trovare uno spazio per le politiche sul “fare gli europei” – cioè sugli scambi giovanili e la cultura – promosse da Matteo Renzi e che hanno trovato spazio non solo nei messaggi di Ventotene e di Atene, ma anche apprezzamenti in varie capitali.

OSTACOLI E PROBLEMI IRRISOLTI

L’assenza di date sulla Brexit e forse una sottile volontà britannica ostile all’Unione costituiscono invece un punto di debolezza, così come altre minacce e scenari, dalle incertezze sulle elezioni americane, a quelle in Francia, Germania e al referendum italiano, a possibili sorprese a sud e a est. Restano nell’aria le proposte euroscettiche di Polonia e Ungheria nell’ambito di Visegrad (meno competenze comuni), le proteste del sud e dell’area socialista (più soldi), l’insofferenza per la leadership tedesca.

Sono grane e opposizioni gestibili soltanto in presenza di una guida e di un orizzonte credibili: cioè dei due obiettivi di Bratislava, che paiono dunque per nulla modesti, di questi tempi.

Ecco di cosa si discuterà a Bratislava

I 27 capi di Stato e di governo che si riuniscono a Bratislava il 16 settembre, senza il Regno Unito, iniziano un processo evolutivo che si concluderà probabilmente nel marzo 2017 a Roma, in occasione dell’anniversario dei Trattati. Il vertice è l’occasione per ritrovare una strada dopo un periodo pessimo, con un paio d’anni contrassegnati da minacce imminenti e attacchi diretti, a…

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