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Che Roma sia una città “in stato di abbandono” è inoppugnabile. E non c’era bisogno dell’Osservatore romano per ricordarcelo. Sorprende, comunque, che il quotidiano della Santa Sede si sia “spinto” tanto oltre nella generica e solitamente paludata critica all’amministrazione capitolina; vuol dire che la misura è davvero colma. A Roma, in effetti, la situazione è insostenibile. Da tutti i punti di vista. Il disagio crescente dei cittadini davanti alla decadenza della capitale si tocca con mano, ovunque e tra i ceti più disparati. Il coro di indignazione è unanime. Manca soltanto un movimento politico credibile che convogli la protesta. E questa mancanza è la forza del Movimento Cinque Stelle e della sempre più evanescente Virginia Raggi capitata, non sa neppure lei come, su una poltrona che francamente non le si addice.

Lo “stato di abbandono” denunciato dall’Osservatore, in verità, non si è manifestato nelle ultime settimane. Ha radici lontane. Tuttavia ci si attendeva dalla nuova Giunta un cambio di passo, sia pure leggero, ma almeno visibile. E invece, in quasi novanta giorni la Raggi, i “direttorii”, gli “ispiratori” palesi ed occulti del disfacimento di una pur labile speranza di decente amministrazione, sono riusciti a cogliere un risultato che nessuno riteneva possibile: far precipitare Roma ancora più in basso rispetto a tre mesi fa. Sporcizia, erba alta in quelle che un tempo erano aiuole sia pure poco curate, fogne intasate che esplodono dopo un paio d’ore di pioggia, strade consolari segnate da marciapiedi pieni di buche ed invasi da rovi, trasporti degni di una metropoli mediorientale… Il centro storico è una casbah nauseante dove, nelle ore notturne soprattutto, ci si deve guardare attorno prima di uscire da un locale pubblico per raggiungere il più vicino posteggio di taxi o la propria autovettura: non è infrequente imbattersi in bande di giovinastri poco raccomandabili.

Chiedevano i romani ai conquistatori del Campidoglio soltanto un po’ di serenità: si sono trovati davanti ad un girone infernale che ha fatto crescere la sfiducia ed ha alimentato la rabbia. Non è questione soltanto di assessori che non si trovano o che vengono messi alla porta poco dopo la nomina per manifesta incompatibilità, diciamo così. E’ l’incapacità di una classe di politici improvvisati a rendere Roma già tanto fragile, addirittura disperata.

Per molto meno, in qualsiasi altra stagione politica, su uno spettacolo del genere sarebbe calato il sipario, con il sollievo di tutti. Ma oggi no, non è possibile. E sapete perché? Se la Raggi si dimettesse ed il Consiglio comunale venisse sciolto il Movimento Cinque Stelle si estinguerebbe nel giro di poche ore. Affinché resti in vita, a maggior gloria di questi alieni prodotti dal Web, dobbiamo adattarci a vivere in una città – non una città qualsiasi, ma la capitale – dalla quale vorremmo fuggire. E’ allucinante.

Come allucinanti sono state le vicende che hanno caratterizzato l’indecente balletto di nomine, revoche, dimissioni, menzogne culminato in un comizio, che sembrava un sabba onirico-politico, non sappiamo se più arrogante o stupido in quel di Nettuno dove i pentastellati, orchestrati da Grillo, hanno ritenuto di celebrare la fine di un viaggio in moto attraverso la Penisola di un loro esponente a difesa della Costituzione repubblicana. Quella stessa Costituzione che impone agli eletti del popolo di servire con decoro le istituzioni. Ai Cinque stelle qualche articolo deve essere sfuggito.

La Raggi, necessariamente sopportata da coloro che tre mesi fa ne avevano fatto una sorta di Giovanna d’Arco, è sola. Non gode della fiducia del suo stesso movimento; si addensano su di lei sospetti di frequentazioni politiche e professionali “improprie” (tanto per dire dell’intolleranza dei neo-giacobini); è stata messa in qualche modo sotto tutela. È fin troppo logico che si senta “abbandonata” proprio come Roma. Vorremmo immaginare un suo estremo atto di orgoglio, un addio dignitoso, un’ammissione di “impossibilità” a governare nelle condizioni date. E poi? Tutto è più grande di lei; tutto è più grande di noi cittadini-elettori. Roma affonda. Come in tempi lontani. Neppure in una barbarica rinascita è lecito sperare…

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