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In altra sede, ho analizzato come sia urgente fare un approfondito check up al Quantitive Easing (Q.E.). Da un lato, i risultati in termini di crescita dell’economia reale, e di ritorno a tassi di inflazione compatibili con tale crescita, sembrano essere molto modesti. Inoltre gli acquisti sul mercato secondario di obbligazioni pubbliche sono costosi (per chi li fa). Da un altro ancora, la fonte più pregiata di obbligazioni sul secondario, o ritenuta tale, (gli acquisti di titoli di tasto tedeschi) si sta essiccando.

Queste considerazioni portano ad un altro interrogativo. Per anni, la Bce è stata criticata in quanto pareva le mancasse una delle caratteristiche essenziali a quelle di una vera e propria banca centrale: ossia di essere il prestatore di ultima istanza a cui rivolgersi se l’economia va male per mancanza di liquidità. In effetti, la Bce è stata sensibile a queste critiche e vi ha risposto creando il LITRO (long term refinancing operations), diretto principalmente al rifinanziamento di operazioni a lungo termine, come quelle nei settori infrastrutturali. Gli esiti non sono stati eccitanti anche perché limatati a una platea molto definita di operazioni.

Inoltre – sottolinea uno studio di Viral Acharya (New York University), Diane Pierrey (Université de Lausanne) e Staffan Steffen (University of Mannhein) diramato come ZEW Center for Euporean Economic Policy Discussion Paper No. 16-29) – perché al contempo le banche dei Paesi della periferia dell’unione monetaria erano diventate troppo esposte a crediti ad alto rischio per poter avere accesso a questa linea di rifinanziamento. A quel punto, una vera virata di bordo della Bce: l’annuncio delle Outright Monetary Transactions (OMTs) dirette a migliorare permanentemente la solvibilità delle banche europee e, quindi, rivitalizzare l’economia.

Il Q.E. è il frutto principale di questo approccio. Ciò ha però spostato l’asse: la Bce era diventata prestatore di ultima istanza, almeno per il rifinanziamento delle infrastrutture (di cui l’Unione Europea ha disperatamente urgenza). Ed ha fatto una virata per essere anche acquirente di ultima istanza per contribuire a risolvere la crisi dell’economia reale del continente. I risultati non sono stati entusiasmanti. Le banche della periferia – conclude lo studio ZEW – sono rimaste deboli e dipendono sempre di più da aiuti pubblici, effettivi o sperati.

La conclusione che sembra emergere è che le misure monetarie hanno esaurito le loro frecce, o quanto meno non si possono nutrire grandi speranze se non vengono messe in atto profonde riforme del funzionamento dei mercati di beni, di servizi e del lavoro. Ciò, però, è al di fuori del mandato Bce.

La Bce non può essere la sola panacea dei mali europei

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