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Non c’era bisogno di un intero album dedicato al blues. I Rolling Stones l’hanno omaggiato, celebrato e rinnovato durante tutta la carriera. Le cover di Love In Vain nel 1969 e Stop Breaking Down nel 1972, entrambi brani di Robert Johnson, sono dei capolavori assoluti. Il lato 3 del vinile Love You Live registrato al Mocambo di Toronto in Canada rimane negli annali.

Gli Stones hanno saputo integrare il blues nel proprio repertorio come nessun altro. I Got The Blues da Sticky Fingers è una composizione originale che non ha nulla da invidiare ai vecchi maestri, anzi li sorpassa. Anche episodi minori come Down In The Hole da Emotional Rescue meritano rispetto. E che dire di You Gotta Move? Non hanno rivali.

Il motivo è semplice. Con un colpo di genio capirono all’inizio degli anni sessanta, quando nessuno ci credeva, che il blues avrebbe sconfinato conquistando il mercato di massa. Altro che prodotto di nicchia, da allora in poi avrebbe ridefinito il paesaggio culturale nel momento in cui i dischi diventavano il punto di riferimento di una generazione. I giovani erano pronti ad ascoltare quello che gli artisti del blues avevano da raccontare. Non era mai successo. I Rolling Stones fecero da apripista. Come ricorda Buddy Guy, “scardinarono un confine che nessuno pensava potesse essere mai oltrepassato”.

A mio avviso il segreto del loro successo risiede nel sodalizio Jagger-Richards. È vero che Brian Jones, scomparso prematuramente, aveva avuto le loro stesse intuizioni sul blues e su come suonare la chitarra con l’accordatura aperta in Sol a sole cinque corde, ma io ritengo che gli Stones diventino gli Stones dall’album Beggars Banquet in poi, quando ormai Brian Jones ha preso strade diverse.

Il suono minaccioso, la magia e il pathos dei Glimmer Twins – Mick Jagger e Keith Richards – derivano dalla sensualità del blues nero americano. Sperimentando (non è vero che gli Stones sono monolitici) i due artisti gemellati generarono la colonna sonora dell’irrequietezza moderna. E poi litigarono, come accade in tutte le migliori famiglie.

A costo di inimicarmi i puristi tra i rollingstoniani che di solito si schierano con il chitarrista, affermo che Mick Jagger abbia sbagliato nell’assecondare l’anima più conservatrice di Keith Richards (e del produttore Don Was) nel progetto Blue And Lonesome. Sarà sicuramente un successo commerciale, ma la riproposizione dei brani blues è spesso scontata e scolastica, quasi autocelebrativa senza che ce ne fosse alcun bisogno.

Mick è l’unico bianco in grado di cantare il blues, Keith il miglior direttore d’orchestra in circolazione. Alcuni brani di Blue And Lonesome fanno in effetti sognare e meriterebbero un accostamento migliore. Ma siamo probabilmente giunti al punto in cui un loro nuovo disco rasenta l’irrilevanza. Ciò che conta è la tournee. Lontani i tempi in cui Patti Smith diceva: “Ho pensato spesso al suicidio, ma mi sarei persa il nuovo album dei Rolling Stones”.

Blue and Lonesome rolling stones

Blue and Lonesome dei Rolling Stones, un’occasione mancata?

Non c’era bisogno di un intero album dedicato al blues. I Rolling Stones l’hanno omaggiato, celebrato e rinnovato durante tutta la carriera. Le cover di Love In Vain nel 1969 e Stop Breaking Down nel 1972, entrambi brani di Robert Johnson, sono dei capolavori assoluti. Il lato 3 del vinile Love You Live registrato al Mocambo di Toronto in Canada…

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