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Banchieri d’affari e advisor di Mps accompagnano alla porta, con l’attivismo non secondario dell’azionista Tesoro, l’amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, Fabrizio Viola.

È quanto avvenuto ieri nella sostanza ai vertici dell’istituto senese. Ovviamente la versione ufficiale è un’altra, molto più morbida e asettica: secondo il comunicato stampa della banca, Viola ha dato la disponibilità a farsi da parte in accordo con consiglieri di amministrazione e presidente dell’istituto. Sarà senz’altro così.

Ma perché Viola lascia la poltrona di ad, peraltro già barcollante come giorni fa rimarcato papale papale da Formiche.net?

Le ipotesi, e i motivi, sono diversi. Di sicuro negli ultimi giorni si sono acuite le divergenze fra advisor del piano di salvataggio di Mps (in prima fila Jp Morgan capitanata in Italia dall’ex ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, e Mediobanca guidata da Alberto Nagel, ma anche Bofa-Merrill Lynch) e il capo azienda della banca senese. Viola spingeva per rispettare la tempistica del piano annunciato il 29 luglio, dunque la vendita in blocco di una parte delle sofferenze e l’aumento di capitale da 5 miliardi a novembre, prima del referendum sulla riforma costituzionale. Advisor e banchieri d’affari sollecitavano un rinvio anche per togliere la concomitanza con il referendum costituzionale che in caso di no potrebbe riverberarsi negativamente su Mps, secondo la loro tesi.

Ma con tutta probabilità la poca disponibilità ad acquistare azioni di Mps per l’aumento di capitale riscontrata sui mercati internazionali da parte degli advisor è stata letta anche come una scarsa fiducia degli operatori e dei fondi nella capacità di Viola di condurre in porto l’operazione, anche perché il piano industriale per il rilancio non ha convinto troppo e perché Viola aveva già orchestrato e realizzato due aumenti di capitale per complessivi 8 miliardi che sono serviti a ben poco, di fatto. Queste informazioni, però, erano note anche quando a fine luglio il piano fu architettato e comunicato ai mercati. Evidentemente per essere garanti della ricapitalizzazione, i membri del consorzio di garanzia hanno chiesto la testa del capo azienda e indicheranno un nuovo amministratore delegato secondo loro (e secondo il ministero dell’Economia) più all’altezza della sfida che attende la banca.

C’è poi chi sottolinea come le fibrillazioni si siano accentuate discutendo dell’importo delle commissioni da pagare ad advisor e banche d’affari: l’ipotesi oggetto di discussione ieri nel cda del Monte era di retrocedere al consorzio di garanzia commissioni pari a circa il 4% dell’ammontare dell’aumento, ossia all’incirca 200 milioni di euro rispetto a una capitalizzazione pre aumento pari a 800 milioni di euro.

Come si vede, la consonanza che doveva esserci è venuta meno. Così pure il governo tramite il Tesoro, azionista del 4% di Mps, non poteva non prendere atto, senza opporre resistenza, anzi favorendo il nuovo corso. Il Messaggero ha scritto che “mercoledì scorso un interlocutore istituzionale ha fatto intendere al banchiere la necessità di farsi da parte”. Quindi il ribaltone ai vertici si è compiuto. Anzi, deve compiersi del tutto. Anche se oggi Mf/Milano Finanza dice che sarà con tutta probabilità Marco Morelli di Bofa-Merrill, advisor sia per conto delle fondazioni bancarie sul fondo Atlante sia di Mps per allestire il piano di salvataggio e rilancio, a prendere il posto di Viola.

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