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Più danno che guadagno. Questa è la conseguenza della politica monetaria della Bce secondo John Cryan, ceo di Deutsche Bank. Si tratta di una critica sempre più diffusa, ma che finora non era mai stata espressa dal numero uno di un colosso bancario. Cryan è talmente preoccupato da sentirsi in dovere di scrivere un lungo commento sul numero di ieri del quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt. Per il banchiere inglese, chiamato l’anno scorso a risollevare le sorti della prima banca tedesca, «la politica monetaria in esecuzione è in contrasto con gli obiettivi di rafforzare l’economia e rendere il sistema bancario europeo più sicuro». Cryan sottolinea che le banche centrali sono prigioniere delle loro politiche di salvataggio. Il combinato disposto dei tassi sui depositi negativi (-0,40%) e degli acquisti di titoli di Stato e corporate bond (Qe) messi in atto dalla Bce sta comprimendo i margini delle banche europee, già di per sé in difficoltà, rendendo più difficile per le compagnie assicurative trovare investimenti redditizi e distorcendo i prezzi sui mercati finanziari. Le conseguenze per i risparmiatori e per i piani pensionistici saranno gravi, avverte Cryan. Allo stesso tempo i benefici che avrebbero dovuto portare le politiche della Bce non si sono materializzati.

«Dato il persistere dell’incertezza, le aziende non investono e non cercano nemmeno più il credito», spiega il numero uno di Deutsche Bank , sottolineando come sia inaccettabile il fatto che le autorità regolatrici della finanza abbiano chiesto alle banche di aumentare i loro cuscinetti di sicurezza, imponendo allo stesso tempo tassi d’interesse punitivi sulle loro riserve aggiuntive. Certo, ammette Cryan, con le sue politiche non ortodosse «la Bce ha fatto molto per stabilizzare l’Europa». Ma l’obiettivo di un’inflazione di poco inferiore al 2% resta lontanissimo; a luglio in Eurolandia l’indice è salito di un misero 0,2%. Ecco perché è ora di cambiare le politiche dell’istituto di Francoforte, scrive Cryan, particolarmente preoccupato del fatto che i margini d’interesse, uno dei pilastri dei profitti delle banche nella zona euro, sono caduti del 7% a partire dal 2009.

Come osserva Martin Luck, strategist di BlackRock, le politiche messe in atto dal presidente della Bce Mario Draghi stanno avendo effetti opposti di quelli sperati. I tassi d’interesse negativi sui depositi lasciati dalle banche commerciali in Bce dovrebbero spingerle a dare più credito ma i fatti dicono che invece le indeboliscono, costringendole a frenare la concessione di prestiti. I consumatori dovrebbero risparmiare di meno e spendere di più, stimolando così la crescita economica e aumentando l’inflazione, ma invece risparmiano di più in vista della pensione poiché i rendimenti negativi dei titoli di Stato mettono a rischio i piani previdenziali. Poiché il mercato obbligazionario offre rendimenti negativi, gli investitori dovrebbero buttarsi sull’azionario. Ma in Germania solo 9 milioni di risparmiatori, poco più del 10% della popolazione, possiedono titoli in borsa. Il rischio è che i risparmi rimangano su conti correnti che non danno interessi. La Bundesbank ha calcolato che nel 2015 il tasso di risparmio dei tedeschi è salito al 9,7%, al livello più alto dal 2010, ed è destinato ad aumentare anche quest’anno.

Cryan non lo dice, ma l’unico risultato tangibile delle politiche della Bce è l’abbassamento dei rendimenti dei titoli di Stato italiano, che permette di gestire l’enorme debito pubblico della Penisola. Senza la rete di sicurezza approntata da Draghi, l’Italia rischierebbe di tornare all’estate 2011 con l’impennata dello spread. Le conseguenze sarebbero devastanti e potrebbero spingere Roma fuori dall’euro. Ma senza l’Italia la moneta unica avrebbe ben poche speranze di sopravvivere. Il risultato è che per assicurare la vita dell’euro, la Bce adotta politiche che penalizzano i risparmiatori e mettono a rischio le loro pensioni.

Cryan avrà di certo ascoltato con disappunto le dichiarazioni fatte due giorni fa dal membro del Comitato esecutivo della Bce, Benoit Coeure, che, pur ammettendo i danno collaterali delle attuali politiche monetarie, ha assicurato che «se non accadrà molto sul fronte delle riforme strutturali e della politica fiscale, allora la Bce farà di più». Se la Bundesbank avesse una struttura proprietaria come quella della Banca d’Italia, Deutsche Bank ne sarebbe il primo azionista e sicuramente si opporrebbe all’ipotesi Coeure. Ma la Banca centrale tedesca è interamente di proprietà della Repubblica Federale Tedesca, che al momento tiene molto alla sopravvivenza dell’euro.

(Articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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