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La decisione della Camera dei Rappresentanti di Tobruk di non riconoscere il Consiglio Presidenziale o Governo dell’Accordo Nazionale di Fayyed Serraj non modifica sostanzialmente la situazione sul terreno. Essa rimane caotica. Il paese continua a essere dominato da un migliaio di milizie, tribali e locali, che si contendono il potere. Esse sono solo parzialmente dominate dai governi di Tripoli e di Tobruk.

La decisione di Tobruk ha significato solo per la diplomazia internazionale, chiaramente disorientata dal voto. E’ inevitabile un aumento della polarizzazione a sostegno dei due principali campi. Il successo contro l’ISIS a Sirte delle milizie di Misurata, sostenute dall’aeronautica USA e nucleo centrale delle forze fedeli a Serraj non ha aumentato, come si sperava, il sostegno a favore di quest’ultimo. Come si possa uscire dall’impasse esistente è incerto. Due sono le soluzioni possibili. Primo, insistere sul mantenimento dell’unità del paese, apportando correzioni tattiche alla soluzione finora sponsorizzata dall’ONU di mantenere unita la Libia sotto un governo di unità nazionale. Secondo, accettare la divisione del paese fra la Tripolitania e la Cirenaica. Quest’ultima semplificherebbe il problema della realizzazione della stabilità, attraverso la riduzione del numero degli attori in gioco e dei loro sponsor Egitto, Emirati e in parte Russia e Francia, per Tobruk; Turchia, Qatar e resto dell’Occidente per Tripoli.

Per l’Italia entrambe le soluzioni andrebbero bene, purché quella adottata realizzi in Libia il livello di stabilità indispensabile per frenare l’ondata migratoria dall’Africa e dalle coste a nordovest di Tripoli. Si potrebbe così anche ridurre il rischio di contagio del caos libico in Africa Settentrionale e nel Sahel. Sarebbe una soluzione simile a quella adottata per la Bosnia a Dayton. La linea di demarcazione fra le due entità potrebbe essere controllata on il concorso di forze internazionali, in cooperazione con quelle libiche sia di Tobruk che di Tripoli.

Tale soluzione di separazione o di federalizzazione della Libia è però difficilmente accettabile dai libici e dalla comunità internazionale, anche per le divergenze d’interesse esistenti fra i vari Stati, per ragioni di principio, di prestigio o di petrolio. Le difficoltà di attuarla sembrano per ora insormontabili, anche perché si dovrebbe dividere la mezzaluna petrolifera. Non resta quindi che perseguire la soluzione unitaria. Essa si ridurrebbe a semplici chiacchiere senza un impegno più deciso dell’Occidente.

Escluso un intervento di terra, resta praticabile quello economico, da realizzare unilateralmente, senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza, impossibile poiché sarebbe bloccata dal veto di Mosca. Si tratterebbe d’imporre un embargo finanziario e petrolifero a Tobruk. Gli USA dovrebbero assumerne l’iniziativa. Dimostrerebbero così di essere la nazione indispensabile, come dichiarano e hanno l’ambizione di essere. Sarebbe una sfida per la Russia, che, però, può fare ben poco se non protestare. A parer mio, la cosa sarebbe possibile. Sarebbe certamente una prevaricazione degli abitanti della Cirenaica e dell’Egitto e una violazione del diritto internazionale. Potrebbe essere giustificata dalla “responsabilità di proteggere”, sia i libici che i popoli vicini. In caso contrario si continuerà a discutere a vuoto, in attesa dell’improbabile vittoria di una delle due principali fazioni contrapposte in Libia e della sua capacità di disarmare le milizie.

Fayez Serraj, Libia, trenta

Per unificare davvero la Libia serve un embargo contro Tobruk

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