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Lui dice che le cose cominciano ad andare meglio, dopo le settimane da incubo post convention, ma i numeri dei sondaggi, per ora, non lo confermano; e quelli dell’economia sono pure infausti. Infatti, un colosso bancario, la Citigroup, calcola che l’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa innescherebbe una recessione globale “dell’ordine dello 0,7 / 0,8 per cento”, a causa dell’incertezza che ne deriverebbe. Lo studio è stato fatto dal capo economista di Citigroup, Willem Buiter, secondo cui, invece, una vittoria di Hillary Clinton, ritenuta molto vicina a Wall Street, non creerebbe allarmi economici globali per “la continuità delle sue politiche”.

Un sondaggio nazionale della Quinnipiac University – margine d’errore 2,5 per cento – assegna alla Clinton il 51 per cento delle intenzioni di voto, contro il 41 per cento a Trump. L’ex segretario di Stato resta in testa anche se si considerano altri candidati: 45 per cento contro 38 per cento, con il libertario, Gary Johnson  al 10 per cento e la verde Jill Stein al 4 per cento. Il sito Real Clear Politics, che fa la media di tutti i sondaggi, dà la Clinton al 47,7 e Trump al 41,7 per cento.

Commentando i risultati, Tim Malloy della Quinnipiac University nota che sono “un’ulteriore prova che Trump è scivolato in una spirale negativa, mentre le lancette dell’orologio avanzano”.

Il candidato repubblicano basa, invece, il suo ottimismo su alcuni rilevamenti statali, che lo danno avanti in Florida (due punti) e più nettamente in Arizona e nello Utah, che sono, però, due Stati solidamente repubblicani.

Il magnate affida speranze di rilancio al suo nuovo piano sull’immigrazione, che era atteso per oggi, in Colorado, ma che non arriverà prima del 31 agosto, in Arizona. Segno, per i media Usa, di lavori in corso per ammorbidire una linea troppo dura, specie sulla deportazione di massa di 11 milioni d’immigrati senza documenti, che ha finora alienato a Trump il sostegno degli ispanici, senza però compromettere i consensi già acquisiti.

The Arizona Republic, giornale di Phoenix, segnala che all’evento del 31 saranno ammesse non più di 500 persone, contro le migliaia generalmente presenti ai comizi di Trump. Nel New Hampshire, ieri, il magnate ha insistito sul muro, non sulla deportazione: “Costruiremo il muro al 100 per cento e sarà il Messico a pagarlo”, ha ribadito. Quanto ai rifugiati, essi possono rappresentare il cavallo di Troia dei nostri giorni, ha di nuovo detto, confermando la linea sull’accoglienza finora espressa.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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