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Un comandante libico rivela al Times che “in questo mese” le forze speciali inglesi hanno fatto saltare in aria un camion bomba dello Stato islamico a Misurata, in Libia nord-occidentale.

L’uomo che ha raccontato la storia al giornale britannico è Mohammed Durat, membro della Terza Forza misuratina, e dice che gli operatori inglesi (probabilmente Sas) hanno tracciato il veicolo e agito con molta calma, sparando un singolo razzo con il quale hanno annientato la minaccia. L’inviato del Foglio in Libia, Daniele Raineri, la scorsa settimana aveva raccolto informazioni sulla presenza di “sei autobomba” che lo Stato islamico era riuscito a far entrare dentro Misurata e che “l’intelligence della città non è ancora riuscita a localizzarle”. Forse quella fatta saltare dagli inglesi è una di queste?

A fine febbraio il Telegraph aveva parlato per primo della presenza di soldati dei reparti speciali inglesi in un base misuratina appena fuori città, e tre giorni prima il Monde aveva scritto un pezzo simile parlando della attività segrete condotte da reparti francesi a Bengasi. Sono passati quasi tre mesi, tre mesi di convivenza tra queste truppe e le controparti locali, e se adesso un capitano della milizia cittadina decide di raccontare di un’operazione fatta dai britannici non può essere casuale. Soprattutto se si inquadra nel contesto generale. Il quotidiano italiano Repubblica ha scritto martedì un articolo che raccontava la presenza di unità speciali inviate da Roma in una missione in partnership con i servizi segreti esteri sia a Misurata che a Benina, Bengasi, sul lato opposto dello schieramento in Cirenaica – informazioni già pubblicate a metà aprile dal Foglio. Dalla base cirenaica sono arrivate smentite, che però includevano dichiarazioni sulla presenza dei francesi. Ovviamente tutti i governi non commentano. Pochi giorni fa il Washington Post ha parlato di un piano analogo a quello italiano portato avanti dalle Special op americane. Tutti questi articoli sono stati scritti attraverso fonti anonime della Difesa dei rispettivi Paesi. Negli stessi giorni, il reporter della Cnn Nick Paton Walsh era volato in Italia, a Pantelleria, per filmare atterraggi e decolli dei voli spia del Pentagono sulla costa nordafricana, di cui si conosce l’esistenza da vari mesi, ma che finora erano stati tenuti segreti – successivamente il giornalista americano dalla Libia aveva confermato quanto scritto dal WaPo.

In questo momento c’è molto spin, che arriva dalla Libia e passa dalle cancellerie occidentali, le quali evidentemente vogliono far sapere che diversi paesi sono già impegnati sul terreno, e stanno stringendo il controllo. Da tempo si dice che queste missioni segrete, che poi tanto segrete non sembrano, sono il modo con cui i governi occidentali studiano il campo per un successivo intervento più corposo. Domenica il premier designato Fayez Serraj ha richiesto ufficialmente aiuto alla Comunità internazionale per l’addestramento di Guardia costiera, Marina e reparti di intelligence. L’Europa ha accettato e promesso che amplierà la missione “Sophia” già in corso nelle acque mediterranee. Non si tratta dell’intervento in grande stile, che avrebbe dovuto essere a guida italiana, ma di un’attività per il momento più leggera, di cui non si conoscono ancora i dettagli. Serraj tre settimane fa ha creato anche un nuovo corpo militare, la Guardia presidenziale, che tutti Europa, Stati Uniti e Nazioni Unite riconoscono come legittimo. Il governo insediatosi a Tripoli ha apparecchiato il tavolo per l’intervento occidentale, uno dei ruoli che avrebbe dovuto svolgere, una delle funzioni per cui è stato creato. L’Occidente fa sapere di essere già pronto.

libia

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