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Le ultime settimane potrebbero rappresentare un punto di svolta per le aspettative degli investitori sulle prospettive economiche degli Stati Uniti. Dopo i timori causati dal peggioramento delle condizioni creditizie in Usa e dalla debolezza dell’economia a stelle e strisce nella prima parte dell’anno, il dibattito si sta rapidamente spostando sul ritmo e sulle tempistiche del rialzo dei tassi della Fed. Sebbene continuiamo a ritenere che tale rialzo sia maggiormente probabile a settembre, le minute della riunione di aprile hanno aumentato la probabilità di un rialzo dei tassi a giugno. Per lo meno, il Fomc sta preparando gli investitori al ritorno di un ciclo di rialzo dei tassi in Usa.

Ancora una volta la situazione presenta numerosi punti in comune con il 1999, quando il consensus sull’economia Usa si rivelò eccessivamente pessimista sulla scia debolezza di inizio anno. Gli indicatori economici statunitensi hanno registrato una ripresa all’inizio del secondo trimestre. Anche se l’andamento dei consumi fornisce un’informazione retro-prospettica, le vendite al dettaglio di aprile sono migliorate significativamente dopo il brutto dato del primo trimestre. Abbiamo anche assistito ad un miglioramento dei dati relativi alla costruzione di case ed alla produzione industriale, con la produzione manifatturiera in aumento rispetto al mese precedente per la prima volta da gennaio. Complessivamente, il nowcast della Fed di Atlanta stima attualmente un rialzo del Pil per il secondo trimestre nell’ordine del 2,5 per cento, in moderata ripresa rispetto allo 0,5 per cento del 1° trimestre (anche se i dati del Q1 saranno probabilmente rivisti al rialzo).

Il rimbalzo dei consumi del secondo trimestre è quindi simile a quello avvenuto in Usa nel 1999, anno in cui la spesa delle famiglie accelerò bruscamente nel Q2. Quest’andamento rispecchia anche la ripresa fatta registrare dall’ISM Manufacturing nel corso di quell’anno. Il nostro scenario sugli Stati Uniti per quest’anno appare per questi motivi sempre più simile al 1999, con un miglioramento sia della situazione manifatturiera che dei consumi nel corso del Q2/Q3 come avvenne nel rimbalzo (post crisi asiatica) del 1999.

Tutto sommato, la lezione che si può trarre dal 1999 è che anche se l’economia americana si trova alla fine del ciclo, un significativo easing delle condizioni finanziarie può permette un miglioramento maggiore delle attese della situazione economica. Potremmo dire che questo miglioramento a breve termine sarà il canto del cigno per l’economia degli Stati Uniti: alla fine del 2000 l’economia statunitense entrò in recessione. Ciò in realtà rappresenta il nostro scenario per la fine del 2017. Ma per quest’anno, la ripresa del mercato obbligazionario ed un atteggiamento maggiormente dovish da parte della Fed hanno finora portato ad un tale miglioramento delle condizioni finanziarie che nel corso dei prossimi due trimestri sarà maggiormente probabile assistere ad un miglioramento della situazione economica degli Stati Uniti che ad un peggioramento.

Come abbiamo sottolineato nel corso del nostro update, è probabile che il dollaro possa apprezzarsi ulteriormente in quanto il decoupling fra le politiche monetarie è tornato alla ribalta. Molti ritengono che un dollaro più forte rappresenti una cattiva notizia per il prezzo del petrolio. È interessante notare come nel 1999 la correlazione tra il dollaro ed il prezzo del petrolio fu positiva in quanto l’economia americana veniva considerata il motore dell’economia mondiale, attirando liquidità a livello globale con sorprese positive sulla domanda di petrolio. Il consensus potrebbe esser sorpreso in maniera positiva sia da un apprezzamento del dollaro che da un ulteriore aumento del prezzo del petrolio se l’economia americana sarà in grado di attrarre nuovamente la liquidità globale e se la produzione di shale oil continuerà a diminuire. Come già accaduto nel 1999, i rendimenti sovrani dovrebbero aumentare nel brevissimo termine in quanto si inizierà a scontare una politica maggiormente hawkish da parte della Fed.

Per quanto riguarda l’altra faccia della medaglia, la prospettiva di ulteriori rialzi dei tassi da parte della Fed rappresenta una minaccia per le condizioni finanziarie dei paesi emergenti, con un elevato rischio di assistere nuovamente a significativi outflows dopo gli importanti flussi in entrata dei mesi scorsi. Infine, il rimbalzo dell’economia degli Stati Uniti rappresenta una notizia relativamente positiva per l’Europa, dove però l’attenzione è ancora incentrata sull’incertezza politica che caratterizzerà il mese di giugno, con il referendum nel Regno Unito, le elezioni spagnole e l’esito dei negoziati in corso con la Grecia.

Che cosa si aspettano i mercati dalla Fed

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