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MondoDem ha promosso per oggi a Milano un interessante evento su “Identità europea e difesa comune”, introdotto dal professor Vittorio Parsi. Il tema è cruciale: l’attuale situazione in Ucraina mette in luce in luce alcuni profili critici rispetto alle modalità con cui l’Unione europea ha sinora risposto all’aggressione militare voluta dal presidente Vladimir Putin e alla conseguente e gravissima violazione del diritto internazionale perpetrata dal Cremlino.

L’aspetto negativo è la distanza tra le altisonanti dichiarazioni di solidarietà politica dei leader europei e la realtà drammatica che dal 24 febbraio 2022 che il popolo ucraino vive tutti i giorni sul terreno. I cittadini ucraini non si sono dimenticati le immagini dei viaggi in treno a Kyiv di Giorgia Meloni, Mario Draghi, Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron, Olaf Scholz solo per citare i più famosi.

I leader politici europei hanno fatto benissimo a portare la loro solidarietà e a dimostrare al mondo la loro determinazione politica unitaria. Tuttavia, a più di due anni di distanza non tutte le promesse sono state mantenute, soprattutto in tema di difesa aerea. I bombardamenti russi continuano a colpire le città ucraine, uccidere migliaia di civili e distruggere le infrastrutture idriche ed energetiche.

Nel fornire all’Ucraina i più moderni sistemi di difesa aerea non c’è proprio niente di bellicista. C’è la volontà di salvare vite ovvero il dotare l’Ucraina della capacità di distruggere missili, droni e bombe telecomandate prima che arrivando a destinazione uccidano donne, bambini e civili inermi. La difesa aerea tecnologicamente più avanzata non produce escalation, serve a difendere le persone, le città, i villaggi, gli acquedotti, le scuole, gli ospedali dell’Ucraina.

Su questo piano l’Unione europea non ha fatto ancora abbastanza e che occorre colmare al più presto colmare i ritardi delle forniture tecnologiche prima di tutto per ragioni umanitarie, ma anche per sostenere l’Ucraina in vista di eventuali negoziati di cui per ora la Russia non vuol sentir parlare. Il generale Carmine Masiello, capo di stato maggiore dell’Esercito, ha sottolineato qualche giorno fa al Corriere della Sera l’esigenza di disporre di nuove tecnologie. Ma ciò non ci esime d chiederci: con le attuali disponibilità l’Italia, la Francia, la Germania, gli altri Paesi europei non potevano (e non possono) fare di più per rafforzare la difesa area dell’Ucraina? È possibile accelerare?

Il recentissimo allarme lanciato dall’Atlantic Council su Kharkiv, nella tenaglia russa, è impressionante. Una domanda sorge spontanea: è stato fatto tutto il possibile in sede nazionale ed europea per ridurre gli effetti devastanti dei bombardamenti russi sulla popolazione civile ucraina?

Uno dei temi dell’incontro milanese riguarda i valori del modello europeo attraverso i quali riaccendere il dibattito sulla difesa comune europea. La riposta è piuttosto semplice: ciò che oggi manca all’Europa rispetto alle altre potenze mondiali sono gli strumenti istituzionali in grado di assicurare i valori della coerenza e della affidabilità, ovvero i mezzi per tradurre le altisonanti promesse politiche in coerenti e consistenti riposte operative. Questa, a partire dalla attuale emergenza ucraina, è la sfida politica più importante nell’imminenza delle elezioni europee.

Kharkiv nel mirino di Putin. L’Ue ha fatto abbastanza? Scrive Mayer

All’Europa oggi mancano gli strumenti istituzionali in grado di assicurare i valori della coerenza e della affidabilità, ovvero i mezzi per tradurre le altisonanti promesse politiche in coerenti e consistenti riposte operative

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