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Il vertice informale dell’Opec tenutosi in questi giorni ad Algeri si chiude con un accordo raggiunto in extremis, cercando di impostare per il futuro un difficile e complicato compromesso per il mercato del greggio tra i due principali player del cartello: l’Iran e l’Arabia Saudita.

Quando le speranze erano ormai ridotte al lumicino, ieri il primo a dare la notizia di un possibile accordo era stato il delegato libico, Mossa Elkony, dopo una giornata caratterizzata dalle chiusure della Repubblica Islamica, particolarmente restia a lanciare un ramoscello d’ulivo all’acerrimo nemico saudita. Ed è per questo che la prima bozza di documento finale stilato dall’Algeria parlava timidamente di una riduzione di soli 10 milioni di barili al giorno. Un risultato al ribasso.

L’INTESA IN SINTESI

Al contrario, seppur manca l’ufficialità e la ratifica a livello politico, i negoziati algerini si sarebbero chiusi con un patto che potrebbe fare la differenza. Dopo 8 lunghi di inazione, infatti, l’Opec avrebbe deciso di far scendere il tetto della produzione dai 33,2 milioni di barili del mese scorso a 32,5 milioni di barili. Non è molto, ma si tratta di un segnale più politico di mercato, soprattutto a quegli attori come gli Usa o la Russia che vorrebbero vedere l’Opec azzoppato.

LA NUOVA MAPPA DOPO L’ACCORDO

A pagare il conto più salato, secondo la proposta presentata dall’Algeria, dovrebbe essere il colosso saudita, principale fautore della politica di prezzi bassi di questi anni, che vedrà la produzione scendere di circa 400 mila barili, seguito da Emirati Arabi (circa 150mila barili in meno) e Iraq (circa 130mila in meno). Libia e Nigeria conserverebbero le quote attuali, mentre l’Iran, il più resistente all’idea di congelare la produzione con l’obiettivo di tornare ai livelli pre-embargo, verrebbe in sostanza accontentato con un piccolo incremento, pari a circa 50mila barili al giorno.

COSA SUCCEDE IN ARABIA SAUDITA

La riduzione della produzione saudita in realtà coincide con una fase storica che vede il Regno ingaggiato in una sfida per la diversificazione dell’economia. Il Principe ‘riformista’ Salman si è infatti da mesi imbarcato in una difficile stagione di cambiamenti economici che, partendo dalla privatizzazione di un gigante del petrolio, la compagnia energetica nazionale SaudiAramco, dovrebbe arrivare a rendere Riad meno dipendente dal petrolio. Questo anche per contrastare le mire di egemonia regionale di Teheran. Gli ayatollah sono arrivati ad Algeri facendo la voce grossa, strappando alla fine un risultato che comunque gli consente di aumentare i piani di espansione industriale e tecnologica dell’industria estrattiva, il vero tallone d’achille dell’economia iraniana. Soprattutto grazie ai nuovi contratti petroliferi, dovrebbero presto arrivare nella Repubblica una serie di investimenti delle compagnie petrolifere internazionali.

LE PROSSIME SFIDE PER L’OPEC

Ora però per dell’Opec resta la sfida più difficile, quella che potrebbe farlo nuovamente piombare in una fase di stallo: la ripartizione delle quote tra i vari membri. La decisione è stata saggiamente spostata al prossimo vertice che si terrà a Vienna a novembre. Ma è chiaro che sarà a quel tavolo che si giocherà la contesa per il predominio del mercato del cartello.

Chi esulta e chi no dopo l'accordo Opec sul petrolio

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