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E’ stato solo un rapido accenno, quello del cardinale Angelo Bagnasco, al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. Nessuna indicazione esplicita di voto è intuibile dal passaggio contenuto nella Prolusione letta dinanzi al Consiglio permanente della Cei riunito per la sessione autunnale. “Come sempre, quando i cittadini sono chiamati ad esprimersi esercitando la propria sovranità – ha detto il cardinale – il nostro invito è di informarsi personalmente, al fine di avere chiari tutti gli elementi di giudizio circa la posta in gioco e le sue durature conseguenze”. Non una parola di più, tanto che le interpretazioni più disparate si sono diffuse con grande rapidità.

LE RAGIONI DELLA CAUTELA DI BAGNASCO

Ma perché Bagnasco è stato così sibillino? Massimo Franco, sul Corriere della Sera della scorsa settimana, aveva scritto che all’interno della Conferenza episcopale italiana è presente una spaccatura tra i presuli favorevoli alla riforma e quelli decisamente contrari. Sta spuntando un ‘fronte del No’ ecclesiastico, convinto di poter guadagnare terreno rispetto a un Sì che sembrava predominante”, notava Franco, che aggiungeva: “A pesare non è la freddezza verso Matteo Renzi e il Pd per le scelte in materia di politica familiare e in economia, anche se una scia di incomprensione e di diffidenza è rimasta. Sono i contenuti dei quesiti referendari ad accentuare l’ostilità di alcuni settori dell’episcopato e del mondo cattolico”. Un mondo da sempre conservatore e per questo solitamente poco propenso a grandi stravolgimenti della Carta fondamentale su cui s’erge la Repubblica.

IL NO DEL POPOLO DEL FAMILY DAY

Ma vi è anche, molto più banalmente, la volontà di non mostrarsi ingerenti con questioni politiche, prendendo in mano la bandiera dell’uno o dell’altro fronte in campo. Confermando una posizione “esterna” che si era già vista, in modo assai più forte, quando s’era trattato di dare o negare il pubblico appoggio al Family Day contro il ddl Cirinnà sulle unioni civili. Non a caso, anche stavolta, la realtà che si riconosce in Massimo Gandolfini ha già fatto conoscere la sua netta opposizione al referendum. Non è una vendetta contro il governo per quanto accaduto lo scorso inverno, sostengono dal Family Day, benché il no sia stato ufficializzato di fatto a ridosso del grande raduno al Circo Massimo del gennaio scorso. Mentre gli esponenti politici vicini a Comunione e Liberazione hanno una posizione frastagliata.

IL SÌ DELLA CIVILTÀ CATTOLICA

La chiesa, però, non è un monolite, e se la Cei evita di esprimersi, c’è chi una posizione (seppur sibillina) l’ha già presa e da tempo. In un articolo pubblicato sulla Civiltà Cattolica – la rivista dei gesuiti che va in stampa solo dopo aver ottenuto il placet della Segreteria di stato vaticana – dello scorso maggio, padre Francesco Occhetta analizzava i pro e i contro della riforma. Nessuna indicazione di voto, ma solo dei paletti capaci di guidare l’elettore verso il quesito. Un cammino di discernimento che però si chiudeva con l’auspicio del successo della consultazione referendaria.

“AUSPICABILE SUCCESSO DEL REFERENDUM”

Ci sono punti oscuri nel testo, e Occhetta li ha sottolineati: l’assenza delle regioni a statuto speciale, l’iter previsto per l’elezione del presidente della Repubblica, solo per fare due esempi. Tuttavia, scriveva il gesuita, “rispetto a tali punti di perplessità, va segnalato che una moderna cultura della ‘manutenzione costituzionale’, senza banalizzare l’importante scelta della revisione, non sacralizza tutte le soluzioni adottate e può comunque consentire, in caso di auspicabile successo del referendum, successive modifiche migliorative che tengano conto delle critiche più motivate”.

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