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C’è l’Africa in cima all’agenda della politica estera del nostro Paese. “L’Italia ha deciso di scommettere in modo strategico sul futuro” del continente nero, spiega il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Rispetto al passato, però – e soprattutto alla prassi ancora in uso da parte di altri Paesi europei – l’appoccio proposto è diverso, “di parità di interlocuzione“, lo definisce Gentiloni, per il quale è necessario cooperare con gli Stati africani “per dare risposte comuni alle esigenze globali“.

APPUNTAMENTO ALLA FARNESINA

Non a caso, ieri, alla Farnesina si è svolta la prima Conferenza Italia – Africa cui hanno partecipato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Matteo Renzi, alcuni dei principali ministri del suo esecutivo e i rappresentanti di 52 governi del continente nero. Un appuntamento che il governo punta a ripetere una volta ogni due anni “per gettare le basi per una partnership paritaria, permanente e di lungo periodo tra l’Italia e l’intero continente africano, i singoli Paesi e le organizzazioni regionali“.

IL POTENZIALE INESPRESSO

Nell’indicare le priorità da seguire, Gentiloni – durante il suo intervento al summit – ha citato Nelson Mandela, che presentava l’Africa “come una regione dal potenziale vasto e ancora intatto”. Un’impostazione che il governo italiano sta cercando di fare sua nella convinzione che l’Africa sia “una terra di opportunità che vivrà da protagonista il XXI secolo proprio in virtù del suo potenziale inespresso: sul piano umano, politico, economico e culturale“.

LA SFIDA DELLA DEMOGRAFIA

L’Africa riuscirà a cogliere questo potenziale – e i partner europei saranno in grado di valorizzarlo – solo se saranno affrontate e vinte “le sfide per uno sviluppo davvero sostenibile” che “restano molte“. La principale è rappresentata dalla crescita demografica, considerato che da qui al 2050 “la popolazione africana raddoppierà, raggiungendo i due miliardi e mezzo di persone”.  Una crescita esponenziale che sarà possibile governare solo con la creazione di “opportunità economiche per le nuove generazioni. Con il lavoro, la diffusione dell’istruzione e della cultura, e con la crescita del ruolo delle donne nella società, si combattono i rischi di instabilità sociale e di radicalizzazione“.

L’AFRICA AL BIVIO 

L’Africa, dunque, come continente al bivio, nel quale le prospettive di crescita e i rischi si rincorrono. Un bivio – evidenzia il ministro degli Esteri italiano – che ci riguarda “oggi come non mai. Senza una stretta cooperazione non è più possibile affrontare efficacemente questioni globali come terrorismo, flussi migratori, sicurezza energetica, traffici illeciti e cambiamenti climatici“. Coerentemente con questa impostazione, sono tre le macroaree alle quali devono essere prioritariamente indirizzati gli sforzi dell’Europa e dell’Italia in particolare: “la sostenibilità della sicurezza e della pace“, “la sostenibilità economica” e “la sostenibilità dei flussi migratori“.

L’IMPEGNO PER LA PACE

Sotto il primo profilo, è da evidenziare come negli ultimi anni il numero dei conflitti sia diminuito, grazie anche all’attività di stabilizzazione svolta dall’Unione Africana e dalle altre organizzazioni subregionali. “Tuttavia il terrorismo fondamentalista rappresenta una minaccia sempre più insidiosa“, osserva Gentiloni. Sono due le organizzazioni terroristiche oggi più forti e preoccupanti: Boko Haram in Nigeria e gli Shabaab in Somalia: “L’Italia è in prima fila nella lotta contro il terrorismo, per la stabilizzazione della Libia, della Somalia e del Corno d’Africa“. Gentiloni dipinge una strategia di contrasto che fa perno sulla creazione di un fronte comune formato dalle Nazioni Unite, dall’Europa e dall’Unione Africana: “Per garantire la sicurezza abbiamo bisogno di fermare il circolo vizioso tra fragilità economico-sociali, fallimento degli Stati e affermazione degli estremisti jihadisti“.

I RAPPORTI ECONOMICI

Un capitolo fondamentale è poi quello economico, per sua natura direttamente collegato al tema della sicurezza e delle migrazioni. Aspetto sul quale l’Italia può dare il suo importante contributo, visto che il nostro Paese è al sesto, settimo posto tra i partner commerciali dell’Africa, con un interscambio annuale che ammonta a 38 miliardi di euro, destinato però a crescere nei prossimi anni ad un tasso medio del 5%. La strategia da questo punto di vista è fatta: “avviare riforme strutturali utili a modernizzare l’agricoltura, gestire i processi di urbanizzazione, diversificare il sistema produttivo, acquisire tecnologie e incrementare il commercio intra-africano“.

LA GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI

C’è poi la questione delle migrazioni, che può essere considerata la sfida delle sfide. Un fenomeno non solo africano ma mondiale: basti pensare che nel solo 2015 in tutto il mondo 60 milioni di persone sono state costrette a spostarsi. In un quinquennio – tra il 2010 e il 2015 – due milioni e mezzo di migranti provenienti dall’Afria sono arrivati in Europa. Eppure il vecchio continente ha faticato – e fatica ancora – nel cogliere la portata di questo sommovimento epocale e nell’elaborare una soluzione comune. Gentiloni lo lascia chiaramente intendere quando ricorda che “in Europa l’Italia è stato il Paese che per primo, e inizialmente da solo, ha posto la questione nei suoi termini reali: e cioè non come un’emergenza apsseggera, ma come una sfida globale e di lungo periodo, che pertanto necessitava di una risposta comune, lungimirante e all’altezza dei nostri valori“.

IL “MIGRATION COMPACT”

Quella risposta – secondo Matteo Renzi – è rappresentata dal cosiddetto Migration compact, la proposta italiana per contenere i flussi migratori attraverso una politica di cooperazione con i Paesi d’origine e i Paesi di transito, che comprende anche un rilevante sostegno di carattere economico-finanziario agli Stati africani. “Siamo impegnati affinchè questa iniziativa si traduca presto in atti concreti”, evidenzia Gentiloni. Se ne discuterà a giugno nel corso del prossimo Consiglio europeo, dal quale l’Italia si attende che “esca un piano operativo e ad ampio raggio sull’Africa, con la possibilità di far partire in tempi brevi i primi progetti pilota“.

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