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Dialogo, raccordo e stretta collaborazione con le forze che lavorano alla normalizzazione istituzionale in Libia. Sono i tre auspici rivolti al neo ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, al lavoro per la prossima riapertura della nostra sede diplomatica.

Nel paese si sta di fatto aprendo una fase due dopo la premessa rappresentata dai 30 giorni di attacchi da parte di Usa e forze europee che è certamente imprescindibile, dal momento che in questo modo si gettano le basi per una possibile soluzione del caso libico, che passi da una normalizzazione istituzionale. Ma come sostengo ormai da tempo sulle colonne di Rete Libia e alla luce del prestigioso seminario promosso da Rete Libia in Senato lo scorso 19 aprile (in cui, per la prima volta assieme, si sono confrontati i due rappresentanti di Tripoli e Tobruk a Roma con la regia della Camera di Commercio Italolibica) l’operazione militare avviata dagli Usa in Libia ha come primo effetto quello di legittimare il governo di Al-Serraj ma al contempo dovrebbe puntare a evitare errori del passato e soprattutto di comporre il medesimo (e deleterio) schema che sta andando in scena in Siria.

Un danno veder proiettate su suolo libico le frizioni internazionali di Stati e le derive legate alla geopolitica, mentre al primo posto va messo l’interesse locale con un occhio di riguardo ai nodi che concernono anche l’Italia: quello sul caso migranti e quello relativo ai crediti maturati dalle imprese italiane.

E’la ragione per cui il contributo italiano in virtù della nuova presenza in loco potrebbe essere strategico non solo al fine di abbozzare una forma di dialogo con Tobruk e Bengasi, ma anche in merito ai crediti maturati dalle imprese italiane in Libia e che, nonostante il Trattato di amicizia italolibico del 2008, non sono stati restituiti alle aziende del nostro Paese. A seguito di quel passaggio burocratico il Governo italiano avrebbe dovuto accantonare 225 milioni di euro all’anno e invece ancora oggi quelle imprese attendono ancora il dovuto. L’augurio è che la riapertura della nostra sede diplomatica possa rappresentare l’occasione anche per dare risposte su questa vicenda.

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