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“Nella nottata odierna, in Dorio, presso una struttura ricettiva della zona, personale della Questura cittadina procedeva all’arresto di Khosravi Mehdi, nato il 15.06.1979 a Darab (Iran), poiché colpito da provvedimento di cattura internazionale emesso dal Tribunale di Teheran (Iran) per il reato di corruzione ai fini dell’estradizione”. Questo l’annuncio pubblicato, il sette agosto, sulla pagina web della Questura di Lecco.

A essere stato arrestato è Mehdi Khosravi, in arte Yashar Parsa, blogger e “attivista dei diritti umani e per la democrazia che risiede nel Regno Unito come rifugiato politico”, scrive il Corriere della Sera.

L’ARRESTO

Giunto sul Lago di Como per trascorrere qualche giorno di vacanza, è stata la reception dell’albergo presso cui avrebbe dovuto alloggiare a inoltrare i suoi dati anagrafici alla Questura di Lecco, seguendo la prassi prevista per via dell’allarme terrorismo. A quel punto, dal database dell’Interpol è emerso che Khosravi era ricercato. Sulla sua testa, infatti, pendeva un mandato di cattura internazionale emesso nel 2009 dalla Repubblica islamica dell’Iran, Paese d’origine del blogger. L’accusa è di corruzione.

“In questi Uffici l’arrestato dichiarava di essere colto da malore, ragione per la quale veniva trasportato da personale del 118 presso il locale ospedale ”A. Manzoni” per accertamenti sanitari, dove tuttora si trova vigilato, a disposizione della competente Autorità Giudiziaria, per essere successivamente tradotto presso la Casa Circondariale di Lecco”, prosegue il sito ufficiale della Questura. Khosravi è stato dimesso e al momento si trova in carcere, sebbene “il gip del tribunale di Lecco non abbia ancora convalidato il fermo”, precisa il Corriere della Sera. Gli uomini della squadra mobile, infatti, d’accordo con la Procura, si sono limitati a depositare gli atti dell’eseguito mandato di cattura internazionale alla Corte d’appello di Milano.

REZA CIRO PAHLAVI INVOCA L’INTERVENTO DI RENZI

La questione è più complicata del previsto. Mentre Teheran fa pressione perché l’uomo sia estradato, Reza Ciro Pahlavi, figlio dello Scià costretto ad abdicare per via dell’avvento della rivoluzione khomeinista, e della terza moglie Farah Pahlavi, ne chiede la liberazione, rivolgendosi direttamente al primo ministro Renzi.

“Sua eccellenza, vorrei rivolgesse la sua attenzione a un’urgente questione che riguarda il rifugiato e richiedente asilo, il Signor Mehdi Khosravi, che è stato arrestato dalle autorità italiane nella notte del 6 agosto 2016 […] Chiediamo con urgenza il suo intervento, in favore del Signor Khosravi […] Il Signor Khosravi è un attivista per la democrazia e la tutela dei diritti umani, nato in Iran, ma residente nel regno Unito in qualità di rifugiato politico, perché costretto ad abbandonare l’Iran dopo le dimostrazioni del 2009. Inoltre, il Signor Khosravi è stato negli ultimi tre anni Amministratore esecutivo del Consiglio nazionale iraniano per le libere elezioni”.

Reza Pahlavi si sarebbe rivolto anche al Ministro degli Affari esteri Boris Jhonson, riporta il Corriere della Sera.

IL MOVIMENTO VERDE

Le proteste cui si riferisce Reza Pahlavi, nella lettera indirizzata al Premier Renzi, sono quelle che diedero vita al cosiddetto Movimento verde, nato in seguito alle elezioni presidenziali del 2009 che consacrarono, di nuovo, la vittoria del presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad. Il Movimento verde chiedeva le dimissioni del presidente e denunciava l’irregolarità del voto mediante cui era stato eletto. Motto del Movimento diventerà, infatti, lo slogan “dove è il mio voto?”, atto a denunciare i presunti brogli elettorali.

LA PENA DI MORTE IN IRAN

L’appello accorato del figlio del defunto Scià nasce dalla consapevolezza che, molto probabilmente, se estradato in Iran, l’attivista “sarà incarcerato, torturato e condannato a morte, in qualità di oppositore del regime”, scrive Reza Pahlavi nella sua lettera. “Una situazione umanitaria così critica richiede il suo indispensabile intervento, così che il Signor Khosravi possa fare ritorno nel Regno Unito”, termina l’erede al trono in esilio.

Non stupisce che, se estradato, possa essere davvero questa la sorte che attende l’attivista e blogger iraniano. “Il consorzio di giornalisti investigativi ICIJ ha denunciato che l’Iran abusa dell’Interpol per dare la caccia a oppositori politici: nel 2006 l’attivista Rasoul Mazrae, fuggito attraverso la Siria, fu riconsegnato a Teheran malgrado l’Onu lo riconoscesse come rifugiato; fu torturato e condannato a morte”, commenta il Corriere della Sera.

Secondo il report annuale redatto da Iran Human Rights, nel 2015 969 persone sono state giustiziate. Stando ai dati raccolti l’anno scorso, nel Paese si è verificato un aumento di condanne a morte del 29 per cento rispetto al 2014. Non solo, proprio il 2015, l’anno in cui l’accordo sul nucleare sembrava aver inaugurato una nuova fase della storia iraniana, improntata alla distensione, è stato quello in cui si è verificato il maggior numero di esecuzioni dal 1990. Da quando Iran Rights Watch stila il suo rapporto annuale (2008) il numero di esecuzioni è cresciuto del 300 per cento.

IL BLOG DI MEHDI KHOSRAVI

Mehdi Khosravi, noto in rete come Yashar Parsa, è autore di un blog. Sulla sua pagina Facebook l’ultimo post risale al 4 agosto, mentre sul suo blog, l’ultimo pezzo dovrebbe essere datato 20 luglio.

Nel post di Facebook, si denunciano le atrocità commesse dall’Isis, mentre su quello del blog si criticano le cattive scelte del governo iraniano, accusato di aver distrutto l’economia nazionale e di aver ridotto il popolo in uno stato di povertà.

Sempre sul blog, in un post precedente, invece, Khosravi elogia il tentativo messo in atto dall’esercito turco, ultimo baluardo di una Turchia che fa fatica a essere secolare, come Ataturk l’aveva valuta, per rovesciare il governo di Erdogan.

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