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L’operazione militare avviata dagli Usa in Libia ha come primo effetto quello di legittimare il governo di Al-Serraj e al contempo di eliminare fisicamente il primo “strato” di milizie del Califfato nel Paese. Al fine, però, di evitare errori del passato e soprattutto di comporre il medesimo (e deleterio) schema che sta andando in scena in Siria, sarebbe utile pianificare anche una strategia politica vera e articolata, che affianchi (a magari guidi) l’intervento di droni e caccia.

Al primo punto il tentativo di dialogare con Tobruk e Bengasi, nella consapevolezza che Tripoli per raggiungere l’obiettivo ambizioso della normalizzazione istituzionale non può tagliare fuori l’interlocuzione con il generale Haftar. La premessa rappresentata dai 30 giorni di strike è certamente imprescindibile. In molti convergono sul fatto che in assenza di un primo segno, fermo e deciso, sarebbe stato più arduo procedere al cosiddetto “secondo tempo” libico. Non va trascurato, a questo punto, il rischio che le contrapposizioni tra Tripoli e Tobruk possano sfociare in quello che era visto, almeno sino a pochi mesi fa, come lo scenario da evitare a tutti i costi. Uno spacchettamento in stile muro di Berlino della Libia, con tre zone di influenza, contrapposte e frazionate. Sarebbe quello il momento in cui l’Isis vedrebbe riconosciuto il proprio effetto destabilizzante nell’intera macro area.

Detto dei soldati Usa che a breve utilizzeranno (se non lo stanno già facendo) le basi italiane in Sicilia, ci sono i francesi ben presenti in zona da almeno tre mesi oltre agli inglesi, su cui però non sono mai giunte conferme.

Il secondo punto, forse ancora più dirimente, è l’orizzonte di queste bombe. Chiaramente sono il primo passo verso una fase da movimentare e non da subire, forse la mossa più prossima e più facilmente alla portata. Ma occorre, già da oggi, immaginare analiticamente lo scacchiere che tra 29 giorni sarà palese in tutta la Libia.

Ovvero cosa fare delle macerie (soprattutto sociali) e in quanto tempo. Contrariamente si lascerà spazio a chi tifa per il modello Siria, dove il mancato accordo tra Washington e Mosca sta aggiungendo confusione elevata al cubo al caos e alla tragica distruzione già in atto.

RETE LIBIA

Ma dopo gli strike in Libia, serve evitare il "rischio Siria"

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