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Nei giorni scorsi, Formiche.net ha raccontato da vari punti di vista come la grande crisi del Dragone affondi le sue radici nella depressione dei consumi: i cinesi non spendono e non comprano come dovrebbero e questo, oltre a produrre il fenomeno della sovraccapacità che sta mettendo a soqquadro l’economia globale, inibisce ogni slancio di ripresa.

Al governo e al partito importa poco, visto che nella logica comunista è meglio un cinese parsimonioso e poco spendaccione. Peccato però che per le banche non valga tale filosofia: se i consumi non ripartono, allora c’è meno necessità di chiedere un prestito in banca e se l’economia rimane impantanata, aumentano anche le sofferenze, ovvero il tasso dei prestiti che gli istituti non riescono più a farsi rimborsare.

Non può dunque stupire il fatto che le quattro maggiori banche cinesi, quelle a controllo statale tanto per intendersi, conteranno probabilmente sul fondo di assicurazione dei depositi per far fronte a un deficit di miliardi di dollari nel capitale. Deficit dovuto essenzialmente alle ragioni poc’anzi menzionate. I quattro istituti, ovvero Agricultural Bank of China, China Construction Bank, Bank of China e Industrial and Commercial Bank of China, non hanno infatti raggiunto i loro obiettivi sulla capacità totale di assorbimento delle perdite. Ebbene, secondo Standard&Poor’s, le menzionate banche avranno bisogno di circa 100 miliardi di dollari (738 miliardi di yuan) per raggiungere l’obiettivo. Tradotto, gli istituti dovranno accumulare capitale pari al 20% delle loro attività ponderate per il rischio, entro il 1° gennaio 2025.

A tutto questo bisogna aggiungere, e qui i calcoli sono di Reuters, che ad oggi le banche cinesi siedono su 3,3 trilioni di yuan, circa 460 miliardi di dollari, di crediti deteriorati, ovvero sofferenze. Uno stock a cui vanno sommati altri 670 miliardi di dollari di prestiti “meno problematici ma ancora-pesky, ovvero nell’anticamera della sofferenza e che includono il credito concesso alle società del mattone, le quali come ben risaputo, navigano quasi tutte in pessime acque. Un problema nel problema.

Forse, allora, è arrivato il momento di aprire quel paracadute che, sei mesi fa, Pechino ha predisposto. Ovvero il fondo che raccoglierà denaro principalmente dalle aziende del settore finanziario, comprese banche e servizi di pagamento, finalizzato al salvataggio delle stesse banche: in caso di emergenza, la Banca del popolo cinese sarà in grado di espandere il fondo fornendo prestiti a basso interesse.

Perdite e sofferenze, doppia mina per le banche cinesi

I quattro grandi istituti del Dragone devono accantonare subito decine di miliardi per colmare un deficit di 100 miliardi, che ad oggi è impossibile assorbire. Mentre i prestiti in sofferenza toccano quota 3,3 milioni di yuan

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