Skip to main content

Leggere che il Paese non è libero di decidere se deve o meno salvare le proprie banche per evitare che il sistema dei pagamenti e i risparmi – e, di riflesso, l’economia reale e l’occupazione – subiscano gravi lesioni, è come vivere un incubo notturno, quando le vacche sono tutte nere. I due livelli di rinuncia di uno Stato-nazione a esercitare il dovere costituzionale di tutelare i propri cittadini hanno precisi presupposti: il vincolo esterno dovrebbe indurre comportamenti migliori di quelli che si sarebbero affermati in sua assenza; la cessione di sovranità dovrebbe implicare che essa fosse gestita meglio di quella direttamente esercitata.

Il vincolo esterno ha operato bene nel dopoguerra per il combinato effetto della leadership americana e delle influenze positive esercitate dal mercato aperto, ma ha cessato di operare quando esso è passato sotto il controllo della burocrazia europea e del mercato globale, le cui merci dei paesi poveri e a rete sociale quasi nulla hanno invaso i paesi sviluppati. La scelta italiana di cedere la sovranità monetaria e poi bancaria e quella di regolare il mercato aveva entrambi i presupposti, almeno negli intenti delle élite più raziocinanti; le altre erano invece trascinate emotivamente da sogni irrealizzabili, date le condizioni oggettive europee. Senza una lunga preparazione culturale lasciata alla cura di una scuola europea di ogni ordine e grado (non a caso l’Erasmus viene considerata l’iniziativa più brillante di coesione europea), l’unificazione politica doveva essere considerata irrealizzabile; essa, invece, si allontana sempre più a causa della struttura istituzionale imperfetta accolta nei Trattati, che non si intende riformare.

Fin dalla firma del Trattato di Maastricht solo in pochi avevano obiettato che le attese implicite nei presupposti non si sarebbero realizzate. In particolare la gestione della sovranità ceduta sarebbe stata oggetto di condizionamenti dovuti a interessi di poteri esterni da noi non influenzabili. Sull’insieme di questi fattori irrealizzabili hanno fatto carriera persone omogenee al disegno del ”tutto subito, anche se malfatto, perché altrimenti saremo restati fuori”, isolando chi comprendeva e poteva meglio rappresentare gli interessi del Paese. Dopo un quarto di secolo è emerso che le valutazioni negative dei pochi si sono via via palesate fondate in modo sempre più chiaro. Il vincolo esterno non ha mostrato capacità di cambiare i comportamenti: i privilegi interni sono aumentati e, con essi, peggiorata la distribuzione del reddito, il vincolo delle burocrazie si è accresciuto aggiungendosi a quello europeo, i servizi pubblici sono peggiorati, gli investimenti infrastrutturali locali e statali sono stati ridotti; la sovranità ceduta è stata gestita dall’Unione Europea peggio di quanto noi non avessimo dimostrato di saper fare.

La lista dei motivi di insoddisfazione sarebbe lunga, ma in questa sede ci limitiamo a considerare la crisi bancaria in atto; non si può negare che in passato la soluzione veniva efficacemente e dinamicamente affrontata dalla Banca d’Italia, di cui Governo e Parlamento si fidavano totalmente. Oggi la Banca d’Italia tenta di conciliare inesistenti interessi europei che mascherano interessi nazionali a noi estranei con reali interessi italiani che restano insoddisfatti; essa si considera un’istituzione europea che sostiene scelte anche sbagliate per il Paese se lo vuole Bruxelles e Francoforte; solo con discrezione ed ex-post le critica, ma non adduce argomenti scientificamente inoppugnabili. Per farlo dovrebbe allevare giovani capaci di divenire leader culturali internazionali nelle diverse materie oppure stare a sentire studiosi preparati e indipendenti, cosa che non fa, anzi ostacola.

Ho già scritto che la condizione in cui si è posta la nostra banca centrale è componente di rilievo della crisi italiana. Quando è stata approvata la delega della vigilanza bancaria senza adeguati poteri di intervento della Bce e poi la direttiva pasticciata del bail-in, le conseguenze negative sulle banche italiane e sui risparmiatori erano già chiarissime. Il bail-in è di fatto il trasferimento delle conseguenze degli errori di politica fiscale, monetaria e bancaria, anche fatti dalla Banca d’Italia per la sua passività, sui clienti delle banche. Solo la mala fede può giustificare la posizione dei gruppi dirigenti del Paese favorevoli a mantenere gli accordi europei come essi sono stati creati, perché l’ignoranza non è ormai più giustificabile. Evidentemente le élite al potere considerano che hanno da guadagnare nel mantenere lo status quo europeo, ma hanno una visione miope, che va aprendo la strada a forze demagogiche e nazionaliste impreparate. Basta leggere cosa pensano di noi all’estero.

Occorre prendere atto che i principali paesi europei non vogliono né l’unificazione politica presupposto della legittimazione istituzionale dell’euro, né modificare lo Statuto della Bce, almeno per rendere la sua azione efficace secondo le linee seguite dalle altre banche centrali del mondo. Essa va dotata di strumenti di intervento capaci di affrontare seriamente le crisi bancarie e finanziarie. La tutela del risparmio è materia continuamente sbandierata, ma poco praticata e, more solito, si sostanzia nel compilare documenti astrusi e inutili. Quando il Chairman della Bce Draghi dice che bisogna risolvere rapidamente il problema delle sofferenze bancarie e ricapitalizzare le banche in crisi anche facendo intervenire lo Stato in casi eccezionali, ma poi aggiunge che ciò deve avvenire secondo le regole europee e sotto il controllo della Commissione nega la validità delle sue affermazioni, ponendosi su un fronte di dichiarazioni di facciata, al limite della demagogia. Il consenso espresso dal Presidente dell’Abi e dei dirigenti delle primarie banche italiane alle “aperture-chiusure” di Draghi sono del tutto inopportune, se essi per primi non denunciano chiaramente che la vena giugulare del circuito bancario è ostruita. Anche a voler ignorare che, come privati, non è dignitoso attendere l’intervento dello Stato per affrontare i problemi ai quali, essi per primi, dovrebbero dare una soluzione.

(Pubblicato su Mf, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

savona

Vi spiego la malafede delle élite in Europa su banche e bail-in

Leggere che il Paese non è libero di decidere se deve o meno salvare le proprie banche per evitare che il sistema dei pagamenti e i risparmi – e, di riflesso, l’economia reale e l’occupazione – subiscano gravi lesioni, è come vivere un incubo notturno, quando le vacche sono tutte nere. I due livelli di rinuncia di uno Stato-nazione a…

Tutti i numeri delle insolvenze per l'industria tedesca. Report Deutsche Bank

I casi di insolvenza per l’industria tedesca - che erano enormemente aumentati nel 2009 a seguito dello scoppio della crisi - sono in netto miglioramento: tanto che nel 2015 sono meno che nel 2008 e il trend sembra proseguire. Lo affermano Eric Heymann e Anina Katharina Thiel, analisti di Deutsche Bank Research, in un recente report che porta la firma…

Perché non siamo d'accordo con Federmeccanica

Dobbiamo fare il contratto e dobbiamo chiedere a imprese e governo di incentivare gli investimenti privati e pubblici a favore dell’industria e dei settori digitale e manifatturiero, in particolare. E’ quanto ho sostenuto al convegno “Il lavoro e la rivoluzione digitale”, un importante momento di dibattito organizzato da una giovane deputata, Elisa Simoni, e a cui hanno preso parte, tra…

Come contrastare jihadismo e Isis. Parla Kim Cragin

Il terrorismo in Europa sta acquisendo forme e dimensioni preoccupanti. I recenti avvenimenti di Nizza, l’attentato di Asbach e l’uccisione del prete in Normandia danno conto di un’escalation e una diversificazione di cui dobbiamo tenere conto per affrontare la minaccia e cercare di prevenire ulteriori stragi. La Francia è nel mirino delle bandiere nere di Isis, ma nessun Paese occidentale…

Luca Antonini

Chi sbuffa nei comuni per la riforma costituzionale

Come Bracalone, lo sceriffo di Nottingham che scorrazzava per la campagna inglese per riscuotere le tasse dai cittadini della contee, anche oggi, "se passa la riforma costituzionale, i Sindaci d'Italia saranno costretti a chiedere i soldi senza poterne usufruire". Parola di Guido Castelli, sindaco di Ascoli, che ha appena pubblicato il libro, "No, caro Matteo" (Edizioni dEste), presentato oggi, mercoledì 27 luglio, all’Istituto…

stato isalmico

Isis, Rouen e il primo martire cristiano in Europa

La Francia è diventata ormai la vera frontiera di guerra del terrorismo. Quasi non fa neanche più notizia un nuovo attentato perché tutto il mondo civile vive in uno stato di choc permanente. L'Isis attacca ovunque, ma soprattutto uccide utilizzando chiunque sia in uno stato di disperazione tale da poter essere rapidamente arruolato per passare dall'emarginazione più buia alla milizia…

Ma la tratta di migranti dalla Libia si ferma avendo (almeno) un governo (vero)

Gli 87 corpi ritrovati sulla spiaggia e al largo di Sabrata sono la plastica raffigurazione dell’arrendevolezza della comunità internazionale sul caso libico. Prima di lanciare strali contro le organizzazioni criminali, che minacciano di far transitare dalla Libia sino alle coste italiane almeno 500 mila migranti, è imprescindibile lavorare per la stabilizzazione istituzionale del Paese, propedeutica a qualsiasi altra attività. In…

Chi era padre Jacques Hamel, ucciso in Francia dai terroristi Isis

Aveva 86 anni, viveva in canonica e aveva festeggiato il giubileo d'oro nel 2008: quasi 60 anni spesi nel sacerdozio con discrezione. Questo il profilo di Jacques Hamel, il prete sgozzato in una chiesa a Saint-Étienne-du-Rouvray, un comune francese dell’Alta Normandia, la mattina del 26 luglio. IL RICORDO DEI PARROCCHIANI Auguste Moanda-Phuati, il parroco della chiesa, ha parlato di padre Hamel su…

Jihadisti: "Dopo la Francia toccherà a Roma"

Dopo la rivendicazione arrivano anche le minacce: l'attentato alla chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, non sarebbe altro che il preludio di un analogo attacco a Roma. E' l'ennesima minaccia che arriva attraverso il web con un messaggio postato su "Telegram", piattaforma social molto usato dai jihadisti. Un account che porta il nome "Nashir Political Service" pubblica una fotomontaggio della Torre Eiffel in…

Papa Francesco

Cosa ha detto Papa Francesco della strage Isis alla chiesa in Normandia

Papa Francesco ha chiesto "al Signore di ispirare in tutti pensieri di riconciliazione e di fraternità dopo questo nuovo evento". Papa Francesco ha espresso così, in un telegramma inviato all'Arcivescovo di Rouen, mons. Dominique Lebrun, il suo dolore dopo l'attacco alla Chiesa in Normandia. Francesco ha, quindi, espresso "vicinanza spirituale" e si è unito "in preghiera con la sofferenza delle…

×

Iscriviti alla newsletter