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Il discorso a Cleveland di Melania, la “dama in bianco”, echeggia quello fatto, a Denver, nel 2008, da Michelle che stava per diventare la prima first lady nera. E scoppia la polemica mediatica che, vista dall’Italia, dove tutti copiano tutti e nessuno cita la fonte, appare speciosa ed evanescente, ma che negli Stati Uniti, dove il plagio è colpa grave, dalle scuole alla politica, può lasciare il segno.

La tempesta sulla moglie, protagonista della prima giornata della convention repubblicana, manda su tutte le furie – dice chi gli è vicino in queste ore – Donald Trump e fa passare in secondo piano tutto quello che ha segnato l’apertura della kermesse: la fallita rivolta dei delegati dissidenti dentro la “Quicker Loans Arena” e le manifestazioni pacifiche fuori, pro e contro il magnate; l’intervento nel segno di “Legge e Ordine” dell’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani; e i discorsi bellicosi di alcune star non proprio di primissima grandezza dello showbiz televisivo americano.

Tutti a prendersela con Hillary dal palco, in attesa che qualcuno scopra che il discorso di Michelle del 2008 assomigliava a quello della Clinton nel 1992 e che, cioè, il discorso di Melania l’ha scritto l’arci-rivale del marito. Perché, in fondo, le aspiranti “first ladies” alle convention finiscono sempre con il ripetersi: l’elogio del marito, quant’è bravo come compagno e come padre e come migliorerà l’America.

Le somiglianze tra i discorsi sono inequivocabili, ma la campagna del magnate liquida come “assurde” le accuse di plagio. Nessuno, nell’Arena di Cleveland, s’è accorto di nulla e gli applausi sono scrosciati spontanei: lei, Melania, ci ha messo di suo l’emozione, l’eleganza e la bellezza, tutte cose che non guastano.

Il passaggio più controverso è quello per descrivere i valori insegnatile dai suoi genitori. Le parole di Melania quasi si sovrappongono a quelle di Michelle: “Si deve lavorare duro per ciò che si vuole nella vita, le promesse vanno mantenute, si deve fare ciò che si dice e si deve trattare la gente con rispetto”; nonché l’importanza di trasmettere tali valori “alle future generazioni perché vogliamo che i nostri figli sappiano che il limite per i nostri traguardi è rappresentato dalla forza dei nostri sogni e dalla volontà di realizzarli”. Nulla di veramente originale, in fondo, neanche in bocca a Michelle.

Alla vigilia, Melania aveva dichiarato di avere scritto di proprio pugno il suo discorso durato circa 15’. Adesso, si apprende che “Melania e il suo team hanno preso spunti dalle fonti di ispirazione della sua vita”. Trump su twitter difende la moglie: “Il suo discorso e il suo atteggiamento sono stati formidabili”. Ma il capo del partito gli suggerisce di licenziare gli autori di Melania. E lo showman deve pure parare un altro attacco: i Queen contestano il suo uso del loro “We are the champions”.

Fallita la rivolta degli irriducibili delegati anti-Trump, nella giornata inaugurale hanno parlato star di Hollywood, come Willie Robertson di “Duck Dynasty” e Scott Baio, di “Happy Days”, entrambi molto critici nei confronti di Hillary. L’esperienza della Clinton, ha poi rincarato la dose l’ex sindaco di New York Giuliani, “è il motivo per cui non deve diventare presidente degli Stati Uniti”. L’ultima a intervenire è stata la senatrice Joni Ernst dell’Iowa, dopo le 23.00, in un’Arena quasi vuota: “Non possiamo permetterci altre quattro anni delle stesse fallimentari politiche”, e’ stata la chiosa.

Più della ex modella slovena, e più di Giuliani, che sarà forse il segretario alla Giustizia di Trump, un’altra donna ha scosso la convention: Patricia Smith, madre di uno dei quattro americani uccisi nell’attentato di Bengasi, in Libia, nel settembre del 2012. Sempre sul punto di piangere ha ricordato l’ultima conversazione con il figlio, il giorno prima della sua morte. “Nessuno ci ascolta, a nessuno sembra importare. Il giorno successivo venne assassinato da terroristi dell’Islam radicale. Considero Hillary Clinton personalmente responsabile per la morte di mio figlio, personalmente”.

Il tema della seconda giornata è l’economia, “Rimettere l’America al lavoro”: fra i protagonisti, ci sono ex rivali divenuti alleati, come il governatore del New Jersey Chris Christie e Ben Carson, oltre a due Trump – ce ne sono sempre sul palco, qui a Cleveland – .

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

Che cosa ha combinato Melania Trump a Cleveland

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