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“Eni fornisce il 100% del gas per generazione elettrica e il 50% per le utenze domestiche. Mai pensato di lasciare, neanche nei momenti più critici. Garantiamo l’energia a tutte le parti in causa, ma soprattutto a tutta la popolazione. Se lasciassimo, faremmo un danno al Paese”. E’ quanto ha detto oggi l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, in una intervista al quotidiano Avvenire.

IL PESO DEL PETROLIO IN LIBIA

L’Eni è uno degli attori principali dell’energia in Libia, in un momento in cui soprattutto il petrolio è entrato al centro delle questioni che riguardano la crisi del paese. Dieci giorni fa, il governo della Cirenaica (costituito da un esecutivo ormai illegittimo, un capo popolo politico che fa anche da presidente del morente parlamento e un generale freelance collegato con l’Egitto, sponsor esterno della scissione dell’est) ha provato a vendere greggio indipendente. I giacimenti di petrolio (e di gas naturale) in Libia sono quasi l’unica  fonte di ricchezza e per questo il loro controllo è un proxy per le ambizioni politiche tripoline e cirenaiche; ora il proto-esecutivo spinto dall’Onu (Gna) e insediatosi a Tripoli sotto Fayez Serraj, sa che senza averne controllo esclusivo ed unitario non potrà andare avanti nel suo tentativo di riunire e governare il paese.

Non bastassero le ambizioni da Tobruk sulla creazione di un Noc (la società petrolifera nazionale che sta dalla parte di Serraj) indipendente, qualche giorno fa un altro ostacolo s’è messo di traverso per il compimento del difficilissimo progetto di concordia del Gna. Il capo della milizia che controlla la gran parte dei pozzi petroliferi, la Pfg (Petroleum Facilities Guards) Ibrahim Jadhran ha cambiato casacca: dopo aver sostenuto, anche per le pressioni delle multinazionali occidentali che hanno in gestione i pozzi, ha deciso di aprire la strada di Ras Lanuf (luogo petrolifero) dove si trova il suo quartier generale al passaggio del convoglio dei miliziani cirenaici che Haftar vorrebbe lanciare contro lo Stato islamico per conquistarsi favori e legittimazione internazionale. Per il momento i soldati di Tobruk non entreranno nei campi, ha specificato il portavoce della Pfg,  e dunque la decisone pare un tentativo di Jadhran di alzare il prezzo del suo appoggio, perché se quello dell’Est dovessero vedersi aperto quell’accesso, il piano di vendita della Cirenaica potrebbe compirsi.

SERVE UN COMPAGNO DI STRADA

Nell’intervista ad Avvenire Descalzi ha spiegato che è interesse dell’Eni perseguire una politica di contenimento delle emissioni, utilizzando un “paradigma Africa” di cui la Libia e le sue risorse sono un tassello fondamentale. È l’eredità di Mattei: Africa e tecnologia. Gas naturale, altro materiale su cui gli occhi dei poteri in Libia si sono posati da tempo, e investimenti in tecnologie per le rinnovabili: “Siamo stati la prima oil company a investire in Africa nella generazione elettrica, usando il gas associato che in precedenza veniva disperso, con 4 centrali in Congo e Nigeria, dove viene ormai prodotto rispettivamente il 60 e il 20% dell’elettricità. E ci sono nuovi progetti in Angola e Mozambico”.  “Nelle rinnovabili ci crediamo— ha aggiunto il capo azienda del gruppo — E investiamo. Siamo però consapevoli che da sole non bastano. Hanno bisogno, soprattutto in questa fase di transizione, di un compagno di strada”. Oltre al gas, e ad aliquote di petrolio, l’altro compagno di strada è la stabilità politica.

Claudio Descalzi

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