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Urbano Cairo vince, anzi stravince, la battaglia per il controllo di Rcs, il gruppo del Corriere della Sera e della Gazzetta dello sport. Stando ai risultati provvisori diffusi ieri sera da Borsa Italiana, l’editore de La7, con la sua offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas), ha raccolto il 48,8% delle azioni Rcs, mentre la cordata concorrente formata da Andrea Bonomi con Diego Della Valle, Mediobanca, Unipolsai e Pirelli, si è fermata al 37,7 per cento. Questi ultimi, con la loro offerta pubblica di acquisto (Opa), avevano messo sul piatto 1 euro in contanti per ogni azione del gruppo editoriale, mentre Cairo proponeva 0,18 titoli della sua Cairo Communication più 25 centesimi cash.

GLI EFFETTI INDIRETTI

Gli effetti indiretti dell’esito della contesa non sono pochi: dalla vittoria di Intesa Sanpaolo che ha appoggiato Cairo (con tanto di dichiarazioni pubbliche anche di Giovanni Bazoli), al colpo forse definitivo ai salotti buoni (vista la sconfitta dalla cordata architettata in particolare da Mediobanca capeggiata da Alberto Nagel), fino allo scenario più editoriale e politico per il Corriere della Sera che ora avrà come editore un imprenditore che con la tv La 7 ha dato voce senza remore a voci dell’opposizione come in particolare il Movimento 5 stelle.

IL PASSO INDIETRO

La vittoria del pubblicitario ed editore de La7, nato in provincia di Alessandria 59 anni fa è dunque stata schiacciante, al punto che i concorrenti, e in particolar modo il finanziere Bonomi, appaiono intenzionati a fare un passo indietro. “Purtroppo i numeri di oggi dicono che l’offerta concorrente è risultata essere prevalente – ha dichiarato Bonomi – e a Cairo faccio i miei migliori auguri. E’ tempo ora di pensare al bene dell’azienda che sono certo, con il supporto di tutti i suoi azionisti, saprà raggiungere buoni risultati”. Una dichiarazione da cui non emerge certo la volontà di finire in tribunale a litigare con Cairo per tutte le questioni emerse già nei giorni scorsi. Sembra quindi plausibile che la cordata dell’Opa, sebbene abbia superato la soglia minima che aveva fissato al 30%, decida di lasciare il campo libero al concorrente, restituendo verosimilmente agli azionisti i titoli ricevuti nell’ambito dell’offerta e tornando alla situazione di partenza, in cui Della Valle, Mediobanca, Unipolsai e Pirelli assemblavano un 22,6% di Rcs, senza contare quel 2,17% acquistato sul mercato dalla cordata (e dunque anche dall’Investindustrial di Bonomi) mercoledì.

LA CONTESA SULL’OFFERTA PREVALENTE

In questo modo, passerebbe in secondo piano la controversa questione dell’offerta prevalente e soccombente, che tanto aveva agitato gli animi dei contendenti nei giorni scorsi. Oggetto della contesa la possibilità che l’offerta perdente (col senno di poi quella di Bonomi) potesse mantenere o meno le azioni raccolte rappresentando in questo modo una minoranza di blocco, con possibili ripercussioni sulla governabilità del gruppo editoriale. I legali di Bonomi ritenevano di sì e quelli di Cairo di no, motivo per cui è stata chiamata in causa Consob per sciogliere la matassa. A questo punto, però, con il probabile passo indietro la cordata soccombente, la questione perde di importanza.

IL LITIGIO SUL DEBITO E SULLA PUBBLICITA’

Ma quello dell’offerta prevalente non è certo stato l’unico terreno di scontro tra le due fazioni in lotta per il gruppo del Corriere della Sera. Il primo acceso confronto si è consumato intorno al debito. Cairo, infatti, con l’ultimo rilancio, ha aggiunto una componente cash all’offerta, per un esborso massimo stimato in 130 milioni. Ebbene, Bonomi ha messo in evidenza che la decisione avrebbe portato a un incremento dell’indebitamento di pari importo, ossia 130 milioni, che avrebbe depresso le quotazioni della Cairo Communication, con annessa riduzione di quanto offerto dall’editore de La7 (trattandosi di un’Opas, se si abbassa il prezzo di Borsa della Cairo Comunication, si abbassa anche la valutazione implicita di Rcs). Un’interpretazione subito respinta da Cairo, che ha sottolineato che l’aumento del debito, inferiore a 130 milioni poiché la Cairo Communication ha poco più di 90 milioni di cassa, è a fronte dell’acquisto del controllo del gruppo del Corriere della Sera e non è a sé stante.

Poi c’è stata la diatriba del messaggio pubblicitario di Bonomi e soci, contestato da Cairo poiché veniva paragonato il prezzo offerto oggi dalla cordata con quello, ben più basso, messo sul piatto dall’editore de La7 a inizio aprile, quando la battaglia è cominciata, prima cioè dei rilanci. Mentre Bonomi e soci hanno chiesto più trasparenza sui fondi e gli investitori istituzionali che, secondo indiscrezioni di metà settimana, avrebbero aderito all’offerta di Cairo (effettivamente l’Opas ha incontrato una elevata adesione di investitori istituzionali, ma hanno risposto in maniera positiva anche i retail).

COSA HANNO OTTENUTO I SOCI STORICI

La vittoria di Cairo, come detto, è stata schiacciante. Ma la battaglia tra le due fazioni ha senz’altro contribuito a ottenere un risultato di cui hanno potuto beneficiare tutti i soci di Rcs. Per capire di cosa si tratti basta leggere attentamente il comunicato diffuso ieri sera dalla cordata (separato da quello contenente la dichiarazione di Bonomi di cui sopra): “Prendiamo atto dei risultati dell’offerta. Facciamo le nostre congratulazioni a Cairo e auguriamo un prospero futuro a Rcs. Si è trattata di un’operazione di mercato che, grazie al nostro interesse, ha consentito di far realizzare valori più adeguati a favore di tutti gli azionisti della società”. Il riferimento è all’innalzamento del prezzo di Borsa della Rizzoli, conseguente alla battaglia combattuta tra i contendenti a colpi di rilanci: Rcs a Piazza Affari il 7 aprile valeva 0,4 euro mentre alla chiusura di venerdì era balzata a 0,94, dopo avere sfiorato 0,99 euro il 13 luglio. Di certo, i soci storici, ossia Mediobanca, Della Valle, Unipol e Pirelli, hanno ottenuto un prezzo delle azioni Rcs più che raddoppiato nel giro di nemmeno quattro mesi. Non è una consolazione da poco.

Urbano Cairo

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