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Fusione ed unione di Comuni, “piccolo non è (a volte) bello” recita l’ultimo dei punti del Manifesto delle buone relazioni tra territori ed imprese di I-Com. Cosa ne pensa?

Innanzitutto mi lasci dire che nel 2015 come Anci siamo riusciti a trovare una posizione unitaria su questo tema. È un processo importante ma ha bisogno di vedere rafforzati i comuni per poter essere completo. Non si possono solamente svuotare le province ma al tempo stesso è necessario rafforzare i comuni per gestire meglio i territori. Insieme al Governo stiamo scrivendo una proposta di legge. Abbiamo proposto, come Anci, un meccanismo di aggregazione dei comuni che non segua il criterio demografico ma quello per bacino omogeneo. Infatti in ogni territorio e regione ci sono dei bacini omogenei di varia natura per motivi socio economici o morfologici. Questi bacini omogenei devono diventare unioni dei comuni. All’interno delle unioni dei comuni occorre una legislazione ancora più spinta per incentivare e semplificare le fusioni dei comuni. L’attuale sistema composto da oltre 8 mila comuni così come li abbiamo conosciuti non regge più. Un ruolo molto importante per la determinazione dei bacini omogenei sarà in capo ai sindaci. Saranno loro a decidere nel loro territorio provinciale quali sono i bacini omogenei. Solamente l’unione e la fusione dei comuni in tutta Italia darà finalmente la spinta ai comuni a lavorare insieme e al tempo stesso incentivare coloro che volontariamente vorranno fondersi per avere comuni anche più grandi e più forti in futuro.

Una fusione di comuni che la tocca da vicino è quella tra il Comune di Pesaro e quello di Mombaroccio. A gennaio ha dichiarato che si riparte più convinti che mai. Sarà la volta buona?

Stiamo aspettando dalla Regione la nuova normativa da seguire. Purtroppo c’è stato un ricorso al Tar che ha sospeso il referendum in attesa che la Regione adeguasse la propria legge regionale alla legge Delrio. Penso che sia una cosa abbastanza assurda. Tuttavia sono fiducioso e se la Regione confermerà quanto ci è stato detto, la fusione dovrebbe essere a marzo, prima di Pasqua.

Macroregioni: sarà un processo di riforma inevitabile?

Assolutamente si, lo penso personalmente da anni e anche come Anci lo stiamo affermando da alcuni mesi. Dobbiamo tener presente che quando negli anni settanta sono nate le regioni italiane non c’era la globalizzazione che conosciamo, né l’Europa che conosciamo. La dimensione della regione è insufficiente in molti casi. Avere regioni più grandi significa non solo risparmiare ma avere regioni più competitive.

Quali saranno i prossimi passi?

Il cronoprogramma che stiamo seguendo è che da qui all’estate sarà necessaria una nuova legge sui comuni, successivamente il referendum sulla riforma costituzionale. Dopo il referendum vogliamo aprire un tavolo con governo e regioni sulla riforma delle regioni.

A proposito di riforma costituzionale il dibattito tra favorevoli e contrari al ddl boschi si è incentrato principalmente sul ruolo del futuro Senato e sulla fine del bicameralismo perfetto. Tuttavia il ddl contiene anche alcune rilevanti modifiche nella ripartizione delle competenze tra Stato e regioni. Cosa cambia veramente con il ddl Boschi?

Dopo anni di chiacchiere questo Paese si riforma sul serio. Non avremo più il ping pong delle leggi tra la Camera ed il Senato se non per alcune materie specifiche. Inoltre la fiducia e la Legge di stabilità verranno approvate direttamente dalla Camera. Il Senato sarà in rappresentanza delle autonomie locali e non sarà pagato quindi avremo meno parlamentari riuscendo così al tempo stesso ad intervenire sui costi della politica. Penso che il Senato possa essere davvero una sfida per le regioni e per i territori. L’unico punto debole a mio avviso riguarda la rappresentanza del Senato: personalmente avrei preferito molti più Sindaci e meno rappresentanti delle Regioni. Questo era proprio la proposta originaria del Presidente del Consiglio, tuttavia anche questa nuova conformazione ha dei benefici notevoli. Inoltre abbiamo l’abolizione delle province e del CNEL. Sono tutti segnali che vanno nella direzione di uno Stato più snello e virtuoso.

Perché la riforma delle regioni è inevitabile. Parla Ricci (Anci)

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