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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presieduto giovedì 25 febbraio, al Palazzo del Quirinale, una riunione del Consiglio Supremo di Difesa. Il punto focale della riunione, stando al comunicato ufficiale, è stato la lotta allo Stato islamico, non citato ma implicito quando si parla di “recenti sviluppi del conflitto in Siria e Iraq” e si aggiunge: “È stata altresì attentamente valutata la situazione in Libia, con riferimento sia al travagliato percorso di formazione del Governo di Accordo Nazionale sia alle predisposizioni per una eventuale missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche”.

LA SITUAZIONE IN LIBIA

Il Consiglio ha così deciso che la linea in cui l’Italia si muoverà è quella ormai nota dell’attesa dell’invito da parte del nuovo governo di concordia nazionale in Libia. Il prossimo dei vari appuntamenti decisivi per il futuro esecutivo libico, tutti puntualmente saltati tra votazioni negative e rinvii, è fissato per lunedì 29 febbraio, quando il parlamento di Tobruk voterà la nuova lista dei ministri stilata due settimane fa dal premier designato Fajez Serraj. Per il momento pare che ci sia un consenso di oltre cento parlamentari, e dunque l’esecutivo avrebbe la maggioranza politica richiesta: tutt’altra questione è però l’entrata in operatività, anche perché ci sono diverse fazioni libiche che si sono opposte all’accordo di Shikrat da cui nasce l’idea di un governo di concordia e altre che chiedono maggiori garanzie per i propri interessi minando l’intesa (per esempio, quelle che fanno base sul generale Khalifa Haftar, attualmente capo delle forze armate di Tobruk).

LA LINEA ITALIANA

È la stessa posizione espressa dal ministro della Difesa Roberta Pinotti: «La Libia può essere stabilizzata solo con l’intervento delle forze locali. Un intervento militare di occupazione del paese sarebbe impensabile», ha dichiarato al programma “La telefonata” di Maurizio Belpietro su Canale 5. Pinotti ha sottolineato che un intervento in Libia è possibile solo sotto egida Onu e soprattutto solo se il futuro governo lo richiederà: la missione non sarà un’occupazione militare, ma avrà come obiettivo l’addestramento delle forze locali e la protezione del nuovo esecutivo appena insediato, per questo dovrà essere concordata con i libici, sostiene da tempo il governo italiano. Anche durante il question time alla Camera, che aveva come oggetto la concessione italiana dell’uso della base aerea di Sigonella a velivoli senza pilota armati americani, aveva unicamente “profili difensivi”: in quell’occasione la Ministro aveva ricordato che comunque ogni operazioni sarebbe stata autorizzata e discussa “di volta in volta” con Roma.

OPERAZIONI SPECIALI

Secondo quanto scritto da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, l’Italia si sta già preparando però a missioni speciali, azioni da commandos (dunque di carattere offensivo): “Operazioni riservate condotte grazie alla legge approvata lo scorso novembre dal Parlamento che consente ai gruppi d’élite di entrare in azione seguendo la catena di comando dei servizi segreti”.

Proprio in quest’ottica il presidente della Repubblica durante il vertice del CsD ha ribadito la necessità di approvare in fretta anche il cosiddetto “decreto Missioni”, ossia il quadro legislativo che annualmente finanzia e dà copertura giuridica alle missioni militari italiane all’estero. “Le norme già varate consentono infatti di evitare il voto delle Camere, prevedendo esclusivamente un’informativa del governo alle commissioni Esteri e Difesa”,aggiunge Sarzanini, che specifica: “Gli specialisti del Comsubin e del Col Moschin ma anche i parà della Folgore potranno agire grazie alle stesse «garanzie funzionali» degli 007 che la legge ha concesso loro con il provvedimento varato a larga maggioranza proprio in previsione di un possibile impegno in Libia”.

LO SCHIERAMENTO

Il Corriere della Sera ha informazioni anche sui numeri: “Sono circa 3.000 i soldati che potrebbero essere impiegati a protezione dei siti sensibili come gli impianti energetici, i giacimenti, gli oleodotti, ma pure le ambasciate, i palazzi istituzionali, gli ospedali”. L’interesse strategico principale dell’Italia si lega ovviamente ai campi energetici, soprattutto quello di Mellitah, hub Eni da cui parte anche la Greenstream pipeline, linea sottomarina che porta il gas naturale fino a Gela, in Sicilia (da qui le preoccupazioni del CsD sul quadro geopolitico energetico). Lo Stato islamico, nell’ambito dell’operazione militare che ha intitolato al defunto capo Abu Nabil, è avanzato da Sirte verso est colpendo diversi tank di petrolio nelle città di Sidra e Ras Lanuf. Esperti e analisti (come ha scritto il ricercatore Luca Longo su Formiche.net) pensano che sia proprio una strategia per indebolire la principale fonte di entrate economiche del paese, che peraltro legano la Libia agli interessi stranieri, visto che sul petrolio libico non può impostare i proficui commerci attivi in Siria (e in Iraq).

IL PRESSING DELLE ALTRE NAZIONI

Si susseguono ormai da settimane le notizie sulla presenza di unità speciali francesi, americane e inglesi in Libia, come ricorda anche il generale Carlo Jean in questa analisi per Formiche.net. Si tratta di reparti di élite schierati principalmente con l’obiettivo di raccogliere intelligence e informazioni sui movimenti dello Stato islamico e dei suoi leader.

La Francia ha portato la situazione su un livello superiore: secondo alcune fonti della difesa che hanno parlato con il Monde, infatti, Parigi avrebbe dato l’ok segreto per attività di attacco, schierando qualche unità di forze sull’area di Bengasi al fianco dei soldati di Haftar e conducendo anche alcuni attacchi aerei. Una circostanza che la ministro Pinotti non ha voluto commentare, ricordando però che “in passato accelerazioni unilaterali non hanno aiutato la Libia”: il riferimento va al 2011, quando i francesi avvisarono Roma di voler intervenire in Libia, “quando gli aerei erano già in volo”, come ha ricordato qualche tempo fa il generale Luciano Piacentini in una conversazione su Formiche.net.

Ecco le forze speciali italiane che andranno in Libia

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