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Tanto rumore per nulla, si direbbe. Anzi no. Tanto rumore per molto peggio.

Il Manifesto oggi titola a tutta pagina in prima: “C’è ripresa”. Come dire: evviva, le proteste sindacali ci sono, il Paese dunque riparte. Così la vedono al quotidiano comunista. Peraltro, è lo stesso Maurizio Landini ad affermarlo, leader dei metalmeccanici della Cgil. Ed è la seconda volta che lo fa.

La prima è stata la settimana scorsa, durante la trattativa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici: quando Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica, faceva un quadro a tinte fosche sull’economia nazionale, Landini gli replicava con le cifre positive esposte dall’esecutivo Renzi.

Ma il tanto rumore che la Fiom sta facendo a Genova su Ilva cozza con alcuni dati di fatto:

1) si contesta un accordo di programma che dura da 20 anni e che dà ai lavoratori un’integrazione ai contratti di solidarietà che non dispone alcun lavoratore dell’Ilva;

2) lo si fa quando il Senato ha convertito in legge il cosiddetto decreto Ilva e nonostante il governo abbia garantito il rifinanziamento della suddetta integrazione, convocando un’apposita riunione al ministero dello Sviluppo economico (in cui il provvedimento sarà ufficializzato) il prossimo 4 febbraio;

3) che con il comportamento dei metalmeccanici cigiellini degli adepti di Maurizio Landini si potrebbero far perdere commesse di alto di gamma, clienti e investimenti; non è un’ipotesi, è la previsione della stessa azienda: l’Ilva stima perdite per 2 milioni di euro al giorno a causa delle manifestazioni in corso a Genova. Sono a rischio, aggiunge Ilva, gli investimenti sulla linea 4 di zincatura se la fabbrica di Genova non riprenderà a funzionare regolarmente;

4) che il perdurare delle agitazioni ha fatto correre il rischio di un mancato finanziamento dell’integrazione in questione da parte del governo, e che permane il rischio (se lo cose continuano così) della fermata del sito di Novi Ligure;

5) che solitamente a protestare sono da 150 dipendenti a 400 (quest’ultimo è il numero che oggi ha bloccato le vie principali della città) provocando anche il rischio di scontri con le forze dell’ordine, incidenti per fortuna evitati all’ultimo momento; è bene ricordare che il totale degli addetti Ilva nel capoluogo ligure è di 1250 unità, una comunità di lavoratori che è spesso oggetto di intimidazioni da parte di una minoranza che punta ad interrompere il lavoro;

6) che gli esponenti di questa minoranza sono per lo più aderenti all’area di Lotta Comunista, una parte che non ha risposto ai tentativi di ricomporre la tensione rivolti dalla stessa segreteria nazionale della Fiom, rappresentati da inviti del segretario generale Maurizio Landini e di quello nazionale Rosario Rappa; insomma neppure Landini riesce a contenere più il landinismo…

7) che hanno bloccato la città con l’obiettivo di avere il ministro dello Sviluppo economico al tavolo tecnico del 4 febbraio nonostante il testo della convocazione prevedesse la presenza di un sottosegretario di Stato. E un sottosegretario di Stato dovrebbe esserci all’incontro programmato a febbraio, come da rassicurazioni dell’esecutivo ricevute dalla stessa Susanna Camusso che è dovuta andare a Genova per ascoltare le ragioni dei dimostranti;

8) il tutto è successo nonostante il segretario della Fiom, Landini, insieme con gli omologhi Marco Bentivogli della Fim-Cisl e Rocco Palombella della Uilm, avesse incontrato il ministro Federica Guidi lo scorso 20 gennaio. Il 10 febbraio scadrà il bando per presentare manifestazioni di interesse per rilevare Ilva.

Un sindacalista, dopo i fatti di Genova, ha ammesso che se fosse un imprenditore, se ne starebbe ben lontano dal capoluogo ligure ed investirebbe altrove.

Complimenti al masochismo sindacale della Fiom di Genova che Landini & Company non controllano più.

Quando per anni si lancia un treno in una folle corsa, alcuni vagoni, purtroppo, non si fermano più.

Tutte le follie della Fiom a Genova su Ilva

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