Skip to main content

I Movimenti No Triv, tra i promotori assieme ad alcune Regioni del referendum del 17 aprile con cui gli italiani saranno chiamati a scegliere se non prorogare, una volta terminate, le concessioni per la coltivazione di idrocarburi in mare entro le 12 miglia marine, si felicitano dell’ennesimo investimento che vola via dall’Italia. Dopo Petroceltic e Shell Italia, un’altra multinazionale degli idrocarburi, la britannica Transunion Petroleum, rinuncia a due istanze di ricerca di gas e petrolio in mare, tra l’esultanza degli attivisti anti trivelle.

LA NOTA DEI NO TRIV

Il Coordinamento Nazionale No Triv gioisce della notizia: “Transunion Petroleum – annunciano i movimenti antagonisti in una nota – rinuncia a due istanze di ricerca di gas e petrolio in mare, dimostrazione che la campagna contro le trivellazioni sta sortendo l’effetto sperato, anche se i comitati pro-Triv vogliono farci credere che la decisione non sia collegata al referendum del 17 aprile (con cui gli italiani saranno chiamati a scegliere se non prorogare, una volta terminate, le concessioni per la coltivazione di idrocarburi in mare entro le 12 miglia marine, ndr). Ma la vittoria è a portata di mano! Andiamo avanti, più forti di prima”.
Per i No Triv, dietro la scelta di Transunion di abbandonare i suoi progetti ci sarebbe la riperimetrazione delle zone marine interessate dalle istanze – che, afferma nel comunicato Domenico Sampietro, del Coordinamento Nazionale No Triv – “decretata nel gennaio scorso dal Ministero dello Sviluppo economico”, sarebbe stata “la conseguenza dell’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016 in cui il Governo era stato costretto, sotto la minaccia del referendum, a inserire una norma per il ripristino del divieto di nuove attività petrolifere nelle zone marine poste a meno di 12 miglia marine dalle linee di costa e dalla aree naturali protette»”. “È giunto – conclude la nota – il momento di stracciare la SEN (Strategia energetica nazionale, ndr) e di farne una completamente nuova”.

IL CASO SHELL

Se ciò fosse vero, quali sarebbero le ripercussioni sugli investimenti nel settore degli idrocarburi in Italia? Quello della società inglese non è il primo caso di questo tipo. Si tratta infatti, spiega Il Fatto Quotidiano, della terza multinazionale a tirarsi indietro dopo Petroceltic e Shell Italia. “Shell Italia – ricorda il giornale diretto nella sua versione online da Peter Gomez – “rinuncia alla ricerca di gas e petrolio nel golfo di Taranto”, seguendo “la stessa strategia della Petroceltic, che nelle scorse settimane ha abbandonato i progetti al largo delle Tremiti“. La multinazionale, si legge, “in una lettera inviata al ministero dello Sviluppo economico… ha annunciato il dietrofront rispetto a due istanze presentate nel 2009 e quasi in dirittura d’arrivo. Il calo del prezzo del greggio è sicuramente tra i fattori che ha portato a questo epilogo, ma non l’unico”. Dietro la scelta ci sarebbero infatti, spiega al quotidiano Rossella Cerra del Coordinamento nazionale No Triv, “i cambiamenti normativi subentrati dal 2009 ad oggi… che hanno portato anche a cambiamenti sostanziali rispetto ai progetti presentati. Poi c’è la questione del referendum, un altro punto interrogativo per le multinazionali”, che non trovano nel Paese la stabilità necessaria a condurre investimenti a medio e lungo termine.

IL COMITATO CONTRO IL REFERENDUM

A credere nell’effetto nefasto che un sì al referendum avrebbe sull’economia italiana è un folto numero di cittadini tra cui intellettuali, giornalisti, politici riuniti nel Comitato Ottimisti e Razionali, presieduto dall’ex parlamentare di Pci e Pds Gianfranco Borghini (qui una sua intervista con Formiche.net). “Non si tratta – ha detto – di un referendum sulle trivelle. Questo è ciò che fanno credere i No Triv. In verità il quesito è mal posto e chiede in sostanza se, nel momento in cui le concessioni marine esistenti scadranno, i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa debbano fermarsi anche se sotto ci sono ancora risorse da sfruttare. Non parliamo, dunque, di trivellare, ma di non disperdere una risorsa che già si sta sfruttando. Ovviamente, se il referendum passasse, chi oggi investe o ha intenzione di farlo scapperebbe a gambe levate. E qualcuno lo ha già fatto in via preventiva.

LE PAROLE DI DESCALZI

Contro la consultazione del 17 aprile si è schierata anche Eni. Il referendum, ha detto il 5 marzo in un’intervista al Messaggero l’amministratore del Cane a Sei zampe, Claudio Descalzi, “chiede di dire no a qualcosa che non si sta facendo”.
Per il numero uno del colosso italiano degli idrocarburi, “per capire la questione bisogna comprendere le ragioni che sono dietro il referendum. Perché non si vogliono i pozzi? Il primo punto riguarda il rischio inquinamento. Ma i dati statistici ci dicono che sui pozzi a gas negli ultimi 50 anni non si è verificato nessun incidente, sono sicuri. Seconda motivazione portata contro i pozzi: mettono a rischio il turismo. Una delle aree costiere dove si è sviluppato maggiormente il turismo di massa e’ il ravennate, dove da decenni è presente l’80% delle piattaforme. Quindi anche questa ragione non regge. La terza cosa che farei notare è che in Adriatico non si fanno pozzi dal 2009. In Puglia l’ultimo è del 1997, quasi 20 anni fa”.

Ecco come i No Triv esultano per le aziende che lasciano l'Italia

I Movimenti No Triv, tra i promotori assieme ad alcune Regioni del referendum del 17 aprile con cui gli italiani saranno chiamati a scegliere se non prorogare, una volta terminate, le concessioni per la coltivazione di idrocarburi in mare entro le 12 miglia marine, si felicitano dell'ennesimo investimento che vola via dall'Italia. Dopo Petroceltic e Shell Italia, un'altra multinazionale degli idrocarburi,…

ANGELA MERKEL MATTEO RENZI

Ecco come in Germania si sta gonfiando una bolla immobiliare

Nonostante la cautela usata dalla Bce, che ha fatto divieto alle banche di utilizzare i fondi erogati con le T-Ltro per finanziare mutui immobiliari, in Germania c’è il rischio di una bolla immobiliare: è un effetto travaso, visto lo scarso rendimento degli altri asset. E’ stato il recente rapporto trimestrale della Bri a lanciare questo allarme sui sintomi di stress…

Tutte le leggende metropolitane sulle pensioni

Tra i tanti meriti da riconoscere al Rapporto 2016 di Itinerari previdenziali, di cui è animatore e patron Alberto Brambilla, uno dei più importanti e significativi è senz’altro quello di sfatare – dati inconfutabili alla mano – le tante leggende metropolitane che inquinano il dibattito sulla previdenza. Basterebbe citare, infatti, il titolo di un paragrafo ("Un Paese ad alta evasione…

migranti confini

Come gestire il problema dei migranti

In tutti i Paesi europei si discute in maniera più o meno accesa di immigrazione e più in specifico di profughi. Ci sono una problematica esterna all'Unione europea ed una interna ad essa. La problematica esterna la si vuole risolvere finanziando la Turchia, eterna candidata ad entrare nell'Unione e principale Paese di passaggio dei profughi siriani. Inoltre si vogliono rafforzare (militarmente)…

Primarie, ecco le ultime vittorie di Clinton e Trump

Hillary Clinton vince facile nel Mississippi, confermandosi imbattibile al Sud, ma perde, sia pure d’un soffio, nel popoloso e post industriale Michigan, dove il senatore del Vermont Bernie Sanders la batte al termine d’uno scrutinio incertissimo (50% a 48%). In campo repubblicano, invece, Donald Trump si impone in entrambi gli Stati, oltre che alle Hawaii, mentre Ted Cruz vince in…

Chi ci sarà a Firenze per la prima tappa dell'Osservatorio di I-Com

Capacità di attrarre investimenti, grado di innovazione dell’industria, stato delle infrastrutture, trasparenza e partecipazione di cittadini e imprese. Sono questi gli elementi alla base dello studio di I-Com, Istituto per la Competitività presieduto da Stefano da Empoli, che verrà presentato domani 10 marzo, in occasione del primo evento pubblico dell’Osservatorio sulle relazioni territorio-impresa (ORTI – www.osservatoriorti.com), un incubatore itinerante di…

erdogan

Cosa si dice sulla stampa mediorientale delle cose turche nel quotidiano Zaman

Venerdì 4 marzo un tribunale di Istanbul ha deciso di porre sotto amministrazione controllata il gruppo editoriale Feza Gazetecilik, uno dei principali del Paese, al quale fanno capo il quotidiano Zaman Kitap, la versione in lingua inglese Today’s Zaman, il settimanale Aksiyon, il canale TV Samanyolu e l’Agenzia di stampa Cihan. Alla decisione del tribunale è seguita la mobilitazione, fuori…

Maastricht, popolari

Come procede la cooperazione bancaria tra Italia e Russia

Ha origini lontane il rapporto che lega il credito popolare italiano a quello russo. Un rapporto che dura da centoventi anni, da quando, cioè, in Russia nacquero le prime banche popolari e, in Italia, l’Associazione fra le Banche Popolari festeggiava i venti anni dalla propria fondazione. La nascita del sistema delle banche popolari in Russia è stato un fenomeno pienamente…

Primarie, tutti i delegati raccolti da Clinton e Trump

Mentre si vota in Michigan e in Mississippi per entrambi i partiti e ci sono i caucus repubblicani in Idaho e alle Hawaii, aggiorniamo la situazione dei delegati dopo il Super Sabato: Hillary Clinton ha quasi il 50% dei delegati necessari ad assicurarsi matematicamente la nomination democratica, mentre Donald Trump non ne ha neppure un terzo dei necessari per la…

×

Iscriviti alla newsletter