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Bella domenica, sia pure quaresimale, per Matteo Renzi. Che si è finalmente guadagnata un’omelia di sostegno da Eugenio Scalfari, sceso una volta tanto dall’alto delle sue riflessioni filosofiche e del dialogo con l’Altissimo attraverso l’amico comune Francesco, felicemente regnante sul trono di San Pietro, per occuparsi esclusivamente del giovane segretario del Pd e presidente del Consiglio.

“Non poteva far meglio”, ha scritto l’esigentissimo fondatore della Repubblica di carta commentando contenuto e procedure della vittoria dell’amore, come Renzi ha definito l’approvazione della legge sulle unioni civili al Senato, depurata della parte troppo controversa sulle adozioni, cioè sulle aspirazioni genitoriali delle coppie omosessuali.

La mitizzazione e difesa ad oltranza della famiglia tradizionale contrastano, secondo Scalfari, con la stessa storia della famiglia, chiamandosi così sia la “gens” romana, comprensiva di schiavi e quant’altro, sia quella mafiosa di conio siciliano, ma anche calabrese, campano, pugliese e appendici geografiche dove opera e cresce la malavita organizzata.

D’altronde, “odiava la famiglia” perfino Gesù, si è convinto Scalfari chiamando a testimoniare “due dei vangeli sinottici” che evidentemente lui ha studiato bene.

Infine, sempre a proposito della legge sulle unioni civili firmata dalla senatrice piddina Monica Cirinnà anche nella parte riscritta dal governo, Scalfari ha liquidato come “scandalo inesistente” e “discussione oziosa” il trambusto dei critici e avversari di Renzi per la fiducia votata anche da Denis Verdini e amici. Che sono stati lodevolmente “perfino più ragionevoli di Alfano” nella difesa dei diritti civili. E andrebbero comunque incoraggiati come costruttori di “una nuova destra, non populista e non berlusconiana”, sulla falsariga addirittura di ciò che Aldo Moro cercò di fare a suo tempo a sinistra. Il paragone, in verità, non mi ha convinto, ma non fa niente.

Piuttosto che prendersela con i voti di Verdini, e relative pendenze giudiziarie, la sinistra dovrebbe preoccuparsi di costruire o ritrovare la sua identità, secondo Scalfari, sulla strada della costruzione di un’Europa finalmente e davvero federale. Una strada sulla quale il fondatore di Repubblica ha riconosciuto a Renzi il merito di essersi fatto contaminare, diciamo così, dall’aria di Ventotene. Dove il presidente del Consiglio, reduce da un attesissimo incontro conviviale con la cancelliera tedesca a Berlino, si è recentemente recato per onorare l’europeista Altiero Spinelli nel trentesimo anniversario della morte.

La contaminazione avrebbe prodotto il “repentino ripensamento” di Renzi sulla necessità o priorità, per un po’ contestata, di un superministro europeo, cioè unico, delle Finanze o del Tesoro, o di entrambi. Scalfari ne ha trovato tracce in un documento di 9 pagine, fatte di 3 punti e una conclusione, appena mandato dal governo italiano alle “autorità europee”. Un documento a leggere il quale egli ha confessato di essersi “stropicciato gli occhi”, ritrovandosi finalmente in sintonia con le scommesse fatte su Renzi sia dal suo editore, Carlo De Benedetti, sia dal nuovo direttore di Repubblica, Mario Calabresi. L’annuncio della cui nomina, come si ricorderà, infastidì pubblicamente il fondatore, con tanto di visite di scuse o di chiarimento dell’uno e dell’altro a casa sua, secondo il racconto fattone dallo stesso Scalfari nei salotti televisivi dove accetta ogni tanto di essere invitato.

Bene. Buona domenica a Renzi, e famiglia, ma anche a De Benedetti e a Calabresi.

Notiziona: Eugenio Scalfari è diventato renziano

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