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La deflagrazione del campo largo, gli strappi ormai pressoché insanabili tra i leader di Pd e Movimento 5 Stelle, Elly Schlein e Giuseppe Conte non fanno bene all’ipotesi di una costruzione di possibile alternativa all’attuale maggioranza di governo. Le elezioni europee si avvicinano e l’immagine del blocco progressista è piuttosto compromessa agli occhi degli elettori. L’esito probabilmente non cambierà le cose nel profondo, ma la vera incognita sono le elezioni americane. L’ipotetica vittoria di Trump potrebbe “accelerare la riflessione, che è appena cominciata, sulla necessità per l’Unione di procedere più speditamente verso una politica estera e di sicurezza comuni”, dice nella sua intervista a Formiche.net Roberto D’Alimonte, politologo e fondatore del Luiss – Cise Centro Italiano di Studi Elettorali, editorialista de Il Sole 24 Ore.

Professor D’Alimonte, più si avvicinano le Europee più il quadro politico – in particolare a sinistra – si complica. Non crede che queste liti che dalla Puglia sono deflagrate possano indebolire l’immagine dei dem agli occhi degli elettori?

Non c’è dubbio. La gestione del “caso pugliese” è stata un disastro a tutti livelli. È un vero peccato che ci sia andato di mezzo un sindaco popolare come Antonio De Caro.

Tanti sostengono che le Europee saranno il vero banco di prova per la tenuta della segreteria di Elly Schlein. È così?

Se il Pd andasse male e contemporaneamente il M5S andasse benino è molto probabile che la segretaria verrebbe messa in discussione.

Salario minimo, sostegno al sistema sanitario nazionale ma anche un’Europa più solidale nell’approccio alla questione migratoria. Sono alcuni cardini de L’Europa che vogliamo il programma del Pd per le Europee. Argomenti che faranno breccia?

No. Naturalmente sono tutti temi importanti ma il voto ai partiti non dipenderà da queste cose. Parliamo di elezioni europee ma in realtà si tratta di una consultazione elettorale nazionale in cui peseranno umori e sensibilità locali.  Sarebbe diverso se ci fossero partiti importanti schierati apertamente contro l’Unione, ma non mi pare che sia questo il caso. Ci sono partiti più critici, come la Lega e il M5S, ma che non offrono una vera alternativa.

Il Ppe, composto da diverse sensibilità, lavorerà per una nuova maggioranza Ursula o costruirà le basi per un accordo con i conservatori, magari allargato ai liberali?

Tutto dipenderà dall’esito del voto. Io non credo però che una coalizione tra Ppe,  Liberali di Renew Europe e Conservatori avrà la maggioranza. In altre parole non credo che i Conservatori possano sostituire i Socialisti. Non ci sono i numeri.  Secondo me l’attuale maggioranza fatta da Ppe, Re e S&D sarà confermata dal voto anche se non sarà così ampia come quella uscita dalle urne nel 2019. Resta da vedere se il Ppe cercherà l’appoggio dei Conservatori pur non avendone bisogno sul piano numerico. Ma i Conservatori sarebbero interessati a entrare in una maggioranza in cui non sono indispensabili? E cosa direbbero Liberali e Socialisti di fronte a una ipotesi del genere? Tutto sommato, continuo a credere che dopo il voto di giugno le cose non cambieranno sostanzialmente.

Nel contesto geopolitico di profonda instabilità in cui ci troviamo a vivere, le elezioni americane rappresentano uno snodo fondamentale. Trump ieri per la prima volta nella storia degli Usa era seduto al banco degli imputati. Uno spettacolo che gli costerà caro in termini di credibilità o che paradossalmente potrà essere usato a suo favore come “arma” da campagna elettorale?

Come ho scritto recentemente su IlSole24Ore Trump ha concrete possibilità di vincere, nonostante quello che è successo il 6 gennaio del 2021 e tutti i suoi guai giudiziari. È vero che una cosa sono le incriminazioni e altra cosa una eventuale condanna. Finora le incriminazioni non hanno inciso sulla sua popolarità. Non sappiamo cosa succederà con una condanna. Con i dati di oggi l’esito probabile del voto a Novembre è altamente incerto, come è stato nel 2016 e nel 2020. Nel primo caso Trump vinse per 77.000 voti, nel secondo caso ha perso per 43.000. In una America spaccata a metà le elezioni presidenziali sono diventate una roulette.

Come inciderà l’esito del voto americano in un senso o nell’altro sugli equilibri europei?

Se vincesse Biden poco. Se vincesse Trump sarebbe una altra storia. È nota la posizione di Trump sulla Nato e la sua critica agli europei che non spendono abbastanza per la difesa. Ma forse non tutto il male vien per nuocere. La sua vittoria potrebbe forse accelerare la riflessione, che è appena cominciata, sulla necessità per l’Unione di procedere più speditamente verso una politica estera e di sicurezza comuni che ci renda meno dipendenti dalle decisioni di poche migliaia di elettori americani in Michigan o Wisconsin.

In Ue cambierà poco. Ma Schlein rischia molto. Cosa c’è in ballo (anche con gli Usa) secondo D’Alimonte

Il caso Bari, il rischio per Schlein se il Pd non dovesse andare bene alle Europee e la variabile Trump sugli equilibri di difesa e politica comunitari. Conversazione con Roberto D’Alimonte, politologo e fondatore del Luiss-Cise, Centro italiano di studi elettorali

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