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Durante il fine settimana il Comandante in Capo delle Forze Armate Ucraine Oleksandr Syrs’ky, che da pochi giorni ha sostituito il suo predecessore Valerii Zaluzhni in questo ruolo, ha ordinato l’abbandono delle ultime posizioni mantenute dall’esercito di Kyiv all’interno della cittadina di Avdiivka. Il ripiegamento segna la fine dell’epopea della cittadina, simbolo della resistenza ucraina sin dal 2014, che in seguito alla fine della controffensiva d’estate di Kyiv era divenuta il centro degli scontri con la ripresa dell’iniziativa da parte delle truppe di Mosca. L’assalto russo su Avdiivka è durato mesi, ed ha esatto un costo rilevante all’apparato militare del Cremlino: il conteggio delle perdite dal 10 ottobre 2023 al 17 febbraio scorso, secondo le forze armate ucraine, ammonterebbe a più di quarantasettemila soldati uccisi, trecentosessantaquattro Main Battle Tanks e settecentoquarantotto veicoli corazzati distrutti; duecentoquarantotto pezzi d’artiglieria e cinque jet da combattimento. Ma la presa del centro cittadino sito nell’Oblast di Donetsk potrebbe rivelarsi un risultato importante per le forze russe sia sul piano operativo che su quello morale.

Controllando Avdiivka, le forze di Kyiv potevano proteggere le proprie posizioni locate più a ovest, e allo stesso tempo minacciare la vicina città di Donetsk controllata dai russi. Prendendo il controllo della piccola cittadina di trentamila abitanti, le truppe del Cremlino non si limiterebbero soltanto a far venir meno la minaccia rappresentata dagli ucraini, ma potrebbero anche spingersi verso obiettivi cruciali come il centro abitato di Pokrovosk, utilizzato dall’esercito di Kyiv come centro logistico per le operazioni nell’area. L’occupazione di Pokrovosk renderebbe molto più facile per Mosca prendere il controllo dell’intero Oblast di Donetsk, un risultato che peserebbe all’interno di un eventuale negoziato.

La caduta di Avdiivka ha però anche un significato propagandistico: essa è il più grande successo militare (in termini di avanzata territoriale) conseguito dalla Russia dopo che nel maggio scorso era stata conquistata, con scontri altrettanto sanguinosi, la città di Bakhmut. Per il Presidente russo Vladimir Putin, che tra un mese prenderà parte alle elezioni presidenziali con l’obiettivo di farsi confermare un quinto mandato, il trionfo registrato può essere facilmente impiegato per incrementare i suoi consensi. Non a caso, alcuni propagandisti vicini al Cremlino hanno già iniziato a dipingere questa vittoria militare come la più importante dell’intera guerra.

A pesare sul ripiegamento delle forze di Kyiv, che secondo quanto affermato da Syrs’ky è avvenuto “per evitare l’accerchiamento e preservare la vita e la salute dei soldati”, c’è la forte carenza di munizioni che l’Ucraina sta vivendo in questo momento. Sabato scorso, dal palco della Conferenza della Sicurezza di Monaco, il leader ucraino Volodymyr Zelensky ha esortato gli alleati a sopperire a questa carenza di armi, definendo gli aiuti statunitensi in fase di stallo al Congresso come indispensabili. Dopo aver elogiato le sue truppe per aver “sfiancato” le forze russe ad Avdiivka, ha suggerito che il ritiro è stato in parte causato dalla mancanza di armi. “Ora le forze armate si riforniranno, aspetteranno le armi necessarie, che semplicemente non erano sufficienti. La Russia ha armi a lungo raggio, mentre noi non ne abbiamo abbastanza”, ha detto Zelensky.

Poche ore prima di arrivare a Monaco, Zelensky aveva fatto tappa a Parigi e Berlino per firmare con i suoi corrispettivi Emmanuel Macron e Olaf Scholz degli accordi di sicurezza bilaterali, volti sia a rifornire Kyiv con il materiale militare necessario a portare avanti lo sforzo bellico, sia a fornirgli garanzie di sicurezza in scenari successivi alla risoluzione (almeno temporanea) del conflitto.

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