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E così, alla fine, è andata com’era peraltro prevedibile già da mesi: Corrado Passera si ritira dalla corsa per le comunali di Milano e porta sul carro del candidato sindaco del centrodestra, Stefano Parisi, il suo tot % di voti (lo 0,9%?; l’1,3%?; o forse il 2,1%, volendo proprio scialare?). Una cosa è palesemente certa: quel pur omeopatico tot % dell’ex numero uno di Intesa San Paolo, nonché ex ministro di Mario Monti, sarà molto utile a Parisi in quella che si profila come una corsa sul filo di lana, all’ultimo voto, contro il candidato del centrosinistra Giuseppe Sala. Le condizioni dell’accordo non sono note, ma è presumibile che anche quel tot % abbia il suo prezzo. Politico, ci mancherebbe.

Comunque andrà a finire, pare evidente che il 5 giugno, con una scelta gastronomica fuori stagione, il centrodestra metterà insomma in tavola un fumante minestrone dove ribollirà un po’ di tutto. Perché un’altra cosa è certa. O meglio, a essere paradossalmente certo è un legittimo dubbio: che cosa ci azzecca Passera in coalizione con Salvini? A maggior ragione in una coalizione in cui il leader della Lega ha sì un peso politico molto rilevante, da convitato di pietra, ma allo stesso tempo viene fatto vedere in giro con estrema parsimonia, specialmente nelle vie del centro, relegandolo nelle periferie per non spaventare troppo, con suoi rauchi sfoghi, gli abbronzati, moderati e sempre griffati bourgeoises ambrosiani. Che si possono turbare anche soltanto per via dell’abbigliamento. Paure da aperitivo al Gin Rosa o al Bar Basso, di fronte a due bicchieri di “Sbagliato”: “Uela Carlotta, t’è vist come l’era vestito il Salvini?“. “Davvevo impvesentabile, Giangi; ma dove tvova la voba, quello lì, all’Opeva Don Gnocchi?“.

Il dubbio vale ovviamente anche in senso opposto, ovvero dal punto di osservazione del “verde-felpato” e dei suoi più tradizionali elettori, che si troveranno imbarcati sulla stessa navicella insieme con un ex banchiere (loro che i banchieri li detestano – legittimamente – più degli extracomunitari) che perdipiù fu ministro proprio in quel governo Monti che con la legge Fornero ha depredato tanti italiani della loro legittima pensione.

Leghisti e Salvini che potrebbero magari avere qualcosa da ridire in merito a quanto dichiarato dall’ex banchiere: “Milano non si può permettere il gemellaggio con il fascismo leghista lepenista imposto a Stefano Parisi: votandolo, la città verrebbe consegnata al dipendente di una coalizione ormai in frantumi, sotto costante ricatto e totalmente in balìa della becera politica retriva e populista della Lega di Salvini, che va sotto braccio al partito nazional fascista di Le Pen che auspica la fine dell’accordo di Shengen”.

Riassumendo e sottolineando frasi e parole più pregnanti e significative: “Fascismo leghista lepenista”; “dipendente (il riferimento è a Parisi, ndr) di una coalizione ormai in frantumi (quella dove ora si imbarca lui, ndr)”; “costante ricatto”; “becera politica retriva e populista”. Frasi e parole che non sono state pronunciate da Passera in un’altra vita: correva il 17 marzo di quest’anno. Insomma, tre settimane fa.

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