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Non è ancora il classico stato confusionale. Ma il passo è breve. Rimborsare 130.000 risparmiatori che in 24 ore hanno visto incenerirsi azioni e obbligazioni subordinate sottoscritte con le quattro banche appena “salvate” dal governo (Etruria, Carife, Carichieti e Banca Marche), non sarà facile. Lo sa bene tanto il ministero dell’Economia quanto i risparmiatori stessi, che senza risposte chiare da parte di Palazzo Chigi potrebbero decidere di intraprendere azioni legali di massa. La strada che porta al ristoro delle perdite subite è lunga, stretta e pure in salita. Per diverse ragioni, del tipo: chi ci mette i soldi? E se l’Europa si mette (ancora) di traverso, come già accaduto con il Fondo interbancario?

IL GOVERNO PRENDE TEMPO

Il primo, pessimo segno è arrivato ieri mattina dalla commissione Bilancio della Camera, dove si sta discutendo il decreto salva banche sotto forma di emendamento alla manovra, con annessa la proposta del governo per garantire un rimborso minimo (circa il 30% del totale perso) ai risparmiatori. L’idea ventilata dal governo sarebbe quella di costituire un fondo da 100-120 milioni, da alimentare all’80% con un contributo extra delle banche mentre il restante 20% ce lo metterebbe lo Stato. La commissione però ha deciso di accantonare per il momento tutte le proposte di modifica al decreto, comprese quelle relative alla salvaguardia dei risparmiatori. Il perché lo hanno spiegato dalla stessa commissione, ovvero aspettare lumi dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che a giorni interverrà in commissione per dire se la strada del fondo da 100 milioni è finanziariamente percorribile o meno.

LE PROPOSTE IN CAMPO

Le proposte per rimborsare piccoli azionisti e obbligazionisti non mancano. Come quella del M5S che prevede di destinare parte dei dividendi che la Banca d’Italia gira ogni anno ai soci ai risparmiatori. “Con le risorse che se ne ricaverebbero, circa 200 milioni, si potrebbe dare un primo sollievo agli obbligazionisti ingannati”, hanno fatto sapere i grillini. Altra proposta, sempre targata 5 Stelle, quella di trasformare le obbligazioni ormai azzerate, in azioni della bad bank chiamata a raccogliere le parti malate delle 4 banche salvate. Anche la Lega però ha fatto sentire la sua voce, chiamando in causa la Cassa depositi e prestiti e proponendo l’istituzione di un Fondo di ristoro, con dotazione annuale di 500 milioni di euro per rimborsare gli azionisti e gli obbligazionisti, per i quali si dimostri, di non aver ricevuto le corrette informazioni circa la reale consistenza rischiosa delle azioni e delle obbligazioni sottoscritte con frode e tutti i correntisti che perdano i propri capitali detenuti o investiti presso le banche sottoposte a procedure di risoluzione”. Quanto al Pd, oltre alla proposta-madre, c’è anche quella di rimborsare gli azionisti con i risarcimenti che potranno arrivare dai procedimenti giudiziari in corso contro alcuni ex amministratori delle banche.

L’OMBRA DI UN FITD-BIS

Ma qualunque scelta del governo dovrà necessariamente passare per il vaglio dell’Unione europea che dovrà verificare eventuali intoppi con le regole europee. E allora, visto che al Fondo contribuirà, seppur in misura minoritaria rispetto ai privati, potrebbe essere facile sentire ancora puzza di aiuti di Stato, stroncando la misura come pare sia già avvenuto con il Fondo interbancario di tutela dei depositi, in occasione del primo piano per il salvataggio delle 4 banche. Un’ipotesi tutt’altro che scontata, come appreso da Formiche.net da ambianti vicini alla commissione Ue. Lo stesso viceministro dell’Economia, Enrico Morando, ha messo le mani avanti. parlando di precisi “confini e limiti” al provvedimento di rimborso. L’Ue per ora attende di conoscere quale strada percorrerà il governo, pronta a far scattare la ghigliottina.

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