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Nella corsa globale all’Intelligenza Artificiale, l’Europa rischia di arrivare in ritardo. Oggi, circa l’80% delle infrastrutture computazionali – dai chip ai data center – proviene da Paesi extra-Ue, lasciando il Vecchio Continente in una posizione di vulnerabilità. Per colmare il divario con Stati Uniti e Cina, Bruxelles ha scelto di puntare sulla “sovranità digitale”: produrre in Europa il 20% dei chip mondiali e costruire una rete di “AI factories” capaci di sviluppare modelli avanzati di IA interamente europei. L’iniziativa “Apply AI”, pubblicata lo scorso 8 ottobre, va in questa direzione, con l’obiettivo dichiarato di accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale nei settori più strategici dell’economia.

Noi crediamo che concentrarsi sulla costruzione di infrastrutture computazionali e modelli “made in Europe” possa far perdere di vista la vera sfida in cui l’Europa ha reali possibilità di competere: le applicazioni industriali dell’IA. Le nostre considerazioni sono basate su osservazioni del mercato globale dell’IA. In primo luogo, la corsa agli investimenti per l’infrastruttura computazionale, che vede coinvolti giganti del settore come OpenAI e Nvidia, nonché i principali fornitori di servizi cloud quali Amazon, Microsoft e Google, ha raggiunto i 455 miliardi di dollari nel 2024 e, secondo alcune stime, crescerà di un ulteriore 30% nel 2025. In secondo luogo, e come effetto del primo trend, il costo dell’infrastruttura computazionale sta diminuendo e l’accessibilità dei modelli sta aumentando. Negli ultimi anni, i costi dell’hardware sono diminuiti del 30% e l’efficienza energetica è migliorata del 40% ogni anno. Nel frattempo, il costo dell’inferenza, come nel caso di GPT-3.5 di OpenAI, è diminuito drasticamente. Ciò rappresenta un’opportunità: man mano che l’infrastruttura diventa più accessibile, il valore aggiunto si sposterà sempre di più verso le applicazioni industriali.

La priorità dell’Europa dovrebbe quindi essere quella di incentivare l’utilizzo dell’IA per generare innovazione e, di conseguenza, migliorare la competitività europea. Attualmente, solo il 13,5% delle imprese e il 12,6% delle Pmi utilizzano l’IA. Senza una domanda interna solida, sarà difficile giustificare gli investimenti pubblici e privati in infrastrutture “made in Europe”. Tanto più che anche altri Paesi stanno investendo in chip e modelli sovrani, riducendo le potenziali opportunità di export per l’industria europea.

Occorre quindi stimolare la domanda. Una via concreta sarebbe l’introduzione di crediti d’imposta mirati per le imprese che adottano tecnologie di IA, coprendo sia l’acquisto di beni tangibili (hardware) sia intangibili (software). Analogamente, incentivi fiscali per l’assunzione di personale qualificato nella digitalizzazione potrebbero attrarre talenti e accelerare la trasformazione. Alcuni segnali incoraggianti arrivano già dal settore privato: l’investimento da 1,3 miliardi di euro di Asml in Mistral, la start-up francese di modelli di IA, dimostra come l’intelligenza artificiale possa diventare leva di competitività anche per l’industria dei semiconduttori. La difesa rappresenta un altro ambito ad alto potenziale. L’adozione di soluzioni IA – dai digital twin nella produzione dei caccia europei di sesta generazione (come il Global Combat Air Programme) alla fusione dei dati nei sistemi di difesa aerea – può rafforzare la capacità industriale e tecnologica del continente.

Parallelamente, l’Europa dovrebbe adottare un approccio più pragmatico alla gestione dell’infrastruttura computazionale. Il nodo non è necessariamente produrre tutto in Europa, ma garantire la portabilità e la protezione dei dati europei tra infrastrutture diverse. La frammentazione dei dataset rappresenta oggi un ostacolo strutturale. Progetti come Manufacturing-X in Germania mostrano come sia possibile aggregare dati industriali anonimizzati per addestrare modelli di IA settoriali: un modello da estendere su scala continentale. Lo stesso approccio potrebbe essere replicato nel settore sanitario, sfruttando la forza dei sistemi pubblici europei per creare dataset di cartelle cliniche e dati genomici anonimi a supporto della ricerca e dell’innovazione farmaceutica.

Dobbiamo ripensare l’approccio europeo all’IA adottando un atteggiamento più pragmatico riguardo all’infrastruttura computazionale e, al contempo, più ambizioso e lungimirante riguardo alle applicazioni industriali. È lì che si giocherà la partita decisiva, ed è lì che l’Europa ha la possibilità di competere.

L’Europa nell’era dell’IA rischia di sbagliare priorità. Calcara e Bosticco spiegano perché

Di Antonio Calcara e Riccardo Bosticco

L’Europa investe miliardi per costruire chip e data center “sovrani”, ma rischia di inseguire Stati Uniti e Cina sul terreno sbagliato. Il vero vantaggio competitivo del continente sta nelle applicazioni industriali dell’intelligenza artificiale – dalla manifattura alla difesa – dove la capacità di innovare conta più della potenza computazionale. Il ragionamento di Antonio Calcara, responsabile del programma di geopolitica e tecnologia presso il Centro per la Sicurezza, Diplomazia e Strategia e professore presso la Vrije Universiteit Brussel, e di Riccardo Bosticco, dottorando presso il Centro per la Sicurezza, Diplomazia e Strategia presso la Vrije Universiteit Brussel

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