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Già da tempo diffidente, a dir poco, nei riguardi di Matteo Renzi, troppo sbrigativo e decisionista persino per i suoi gusti, Giampaolo Pansa nel suo ultimo Bestiario, su Libero, ha dato del “poeta ermetico” al presidente del Consiglio per avere detto che “non è più tempo di sciacalli, ma neppure di colombe” dopo la strage del terrorismo islamista a Bruxelles.

Che cosa significa – ha chiesto Pansa – che non è più tempo di colombe, simboli di pace e dialogo? Significa che bisogna fare davvero la guerra, già dichiarata d’altronde a parole contro il fantomatico Stato Islamico, o Daesh, come preferiscono chiamarlo i sempre pudichi diplomatici per riguardo verso l’Islam, ma condotta nei fatti troppo poco o troppo male, vista la perdurante pericolosità delle milizie clandestine del Califfato nero? O che Renzi, pur cautissimo quando si parla di un intervento militare a guida italiana in Libia, dove il Califfato è diventato un dirimpettaio del nostro Paese, si è messo in testa di “fare tutto da solo”? Come se davvero ci fosse qualcuno in grado non di fare, ma solo di pensare di fare da solo una guerra del genere, o come altro la vogliamo chiamare. Un qualcuno anche più armato del nostro Paese e del suo giovane e aitante presidente del Consiglio, che cammina abitualmente al passo di una parata, se non dell’oca forse immaginata o temuta da Pansa.

E’ proprio questa fantasia ipercritica o istintiva di persone come Pansa, che pure non si può proprio considerare un pavido nel panorama italiano della cultura e del giornalismo, a far crescere di statura politica Renzi. Che quando parla o pensa alle colombe non riesce probabilmente, e giustamente, visto anche quel che di orribile è appena accaduto in Pakistan, a togliersi dalla testa la scena di quelle due colombe, appunto, sollevate festosamente in volo il 26 gennaio 2014 da Papa Francesco, dopo l’Angelus domenicale, e aggredite davanti agli occhi della folla radunata in Piazza San Pietro da un gabbiano e da un corvo a caccia di prede.

Anche la vita e il mestiere delle colombe si sono fatti difficili. Ha decisamente ragione Renzi, a costo di fare forse paura più ai suoi avversari interni che ai nemici esterni.

 

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Gli avversari interni del presidente del Consiglio lo avvertono troppo tentato in Italia dal progetto, che propongono un giorno sì e l’altro pure i manager di Mediaset e le viscere ora renziane del Foglio ex tendenza Veronica, di riesumare il cosiddetto Patto del Nazareno del 2014 con Silvio Berlusconi, anche a costo di lasciare senza spazio politico e lavoro al povero Denis Verdini, altro vecchio amico e sodale del giornale fondato da Giuliano Ferrara.

Una nuova edizione del Patto del Nazareno, rispolverando disegnini e quant’altro di due anni fa, fornirebbe all’ex cavaliere l’occasione di vendicarsi dei troppi dispetti e problemi del “Matteo di Milano”, come la ciliegina rossa del Foglio chiama il segretario della Lega Salvini. E al “Matteo di Firenze” darebbe la possibilità di rompere il fronte del no su cui scommette la minoranza del Pd per far perdere al segretario del partito il referendum d’autunno sulla riforma costituzionale. Un fronte molto eterogeneo, dove convivono uomini come Gustavo Zagrebelsky, Renato Brunetta, Stefano Rodotà e Gaetano Quagliariello, ma forse troppo imprudentemente favorito da Renzi con l’impegno delle dimissioni e del ritiro in caso di bocciatura referendaria.

 

Se Berlusconi, con una mossa a sorpresa delle sue, si sganciasse da questo fronte, continuando magari a criticare la riforma abbandonata per strada in Parlamento dopo lo “sgarbo” dell’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, ma lasciando in qualche modo liberi i suoi elettori di dare una mano al presidente del Consiglio, per quest’ultimo la strada diventerebbe in discesa, o meno in salita. E Berlusconi si guadagnerebbe i tempi residui della legislatura, equivalenti a un anno e mezzo, per tentare di rimescolare davvero le carte in ciò che è rimasto del suo vecchio centrodestra, anche se questo problema continua francamente ad assomigliare alla quadratura notoriamente impossibile del cerchio. Ma una telefonata, come si sa nel mondo della pubblicità caro a Berlusconi, può allungare la vita.

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All’esterno del teatro o teatrino della politica interna, critici ed avversari di Renzi ne temono le frequentazioni d’alto livello internazionale. In particolare, quelle con Barak Obama, che incontrerà venerdì in America, e con Vladimir Putin, cui Renzi ogni tanto somiglia per certi versi. Per una certa insofferenza, ad esempio, verso i giornali non allineati. Una insofferenza arrivata a Mosca al punto che un istituto statale di ricerca compila la graduatoria dei giornali stranieri più ostili al Cremlino, come Renzi cercò di fare una volta nel suo raduno annuale alla Leopolda con i titoli dedicati dai giornali italiani al suo governo. Un esercizio peraltro che, alla lunga, non ha mai portato grande fortuna a chi lo ha praticato.

Che cosa succede davvero fra Berlusconi e Renzi?

Già da tempo diffidente, a dir poco, nei riguardi di Matteo Renzi, troppo sbrigativo e decisionista persino per i suoi gusti, Giampaolo Pansa nel suo ultimo Bestiario, su Libero, ha dato del "poeta ermetico" al presidente del Consiglio per avere detto che "non è più tempo di sciacalli, ma neppure di colombe" dopo la strage del terrorismo islamista a Bruxelles.…

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