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Tensioni ai vertici. Offensiva del nuovo socio Xavier Niel. Vivendi scalpitante per contare anche nel cda. Fondi di investimento sbuffanti per le richieste di Bollorè. E sullo sfondo sono ancora da definire le partite sul progetto banda larga in cantiere nel governo, sulla partecipazione ai piani di Metroweb e soprattutto quelli annunciati ufficialmente da Enel, con il beneplacito del governo Renzi (per innervosire l’arrembante Bollorè?). Lavori in corso, dunque, in casa di Telecom Italia. Ecco tutti i maggiori dossier del gruppo presieduto da Giuseppe Recchi e guidato dall’ad Marco Patuano (che potrebbe presto essere sostituito, si mormora in un indiscreto di Mf/Milano Finanza di ieri) scrutati da istituzioni, analisti e operatori del settore.

LE VERE RAGIONI DEL CONCAMBIO

Secondo quanto riportato nei documenti ufficiali depositati da Telecom, la conversione delle azioni di risparmio varata dal consiglio di amministrazione di inizio novembre, che il 15 dicembre sarà all’attenzione dei soci ordinari, consentirebbe, innanzitutto, “di semplificare la struttura del capitale sociale, ridurre gli adempimenti societari e i costi connessi all’esistenza di differenti categorie di azioni e realizzare un’esigenza di semplificazione che è particolarmente avvertita anche in ragione del progressivo venir meno dell’interesse del mercato per le azioni di risparmio”.  Inoltre, “l’operazione consentirebbe di ampliare il flottante complessivo delle azioni ordinarie, creando i presupposti per una maggiore liquidità del titolo e, dunque, per un maggiore interesse da parte del mercato e degli investitori istituzionali”. Oltre a ciò “la società potrebbe conseguire un rafforzamento della propria struttura patrimoniale e il relativo incasso contribuirebbe alla copertura del piano di investimenti innovativi, sia su rete fissa che su rete mobile”.

La proposta di conversione potrebbe però essere interpretata anche come un atto di difesa dell’italianità contro l’avanzare dei soci francesi. Tra le motivazioni meno ufficiali riportate in un articolo di Federico Fornero su Formiche.net vi sarebbe infatti il fatto che “la conversione delle azioni, aumentando i titoli ordinari in circolazione, di fatto diluisce gli attuali soci, ridimensionandone il potere”. E questa sorte toccherà a entrambi gli azionisti francesi di rilievo, Vincent Bollorè e Xavier Niel.

LA MOSSA DI ENEL E IL POSSIBILE ARROCCO

La discesa in campo di Enel pone Recchi e Patuano di fronte ad un’altra scelta importante legata all’esistenza della rete in rame. Enel ha annunciato la costituzione di una newco per la posa della fibra ottica con l’apertura del capitale a tutti gli operatori. Per la posa della fibra ottica e la vendita della connettività ad essa collegata la società di Starace ha già elaborato un business plan. Con o senza Telecom. Se il maggiore operatore telefonico italiano decidesse infatti di restare fuori dalla partita, “si andrà avanti lo stesso”, ha dichiarato ieri l’ad di Enel aggiungendo che “sarebbe difficile, però, per Telecom non utilizzare questa rete e decidere di realizzarne una più costosa”.

(GRIECO E STARACE LANCIANO L’ENEL NELLA BANDA LARGA. LE FOTO)

Che alternative ha dunque Telecom? “Suicidarsi da sola condividendo gli investimenti con i concorrenti o di essere fatta fuori da chi – se le stime sono corrette – è in grado di essere più competitivo sul lato dei costi. Così, è possibile, che alla fine la scelta dell’incumbent delle tlc sia quella di cercare di trasformare la rete in rame in un Highlander immortale, o quasi, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie (che infatti sta sperimentando). Proprio il contrario, insomma, di quello che si vorrebbe”, ha scritto Antonella Olivieri sul Sole 24 Ore in un articolo dal titolo “Per Telecom rischio «arrocco» sulla rete in rame”. Ma la mossa dell’Enel, secondo Italia Oggi, come ha scritto oggi Tino Oldani, è stata avallata da Palazzo Chigi anche come segnale certo non amichevole verso le arrembanti mire del francese Vincent Bollorè con la sua Vivendi.

L’ASCESA DI BOLLORÉ

Nel comunicato di Vivendi su Telecom sollecitato dalla Consob la scorsa settimana emerge che il gruppo presieduto da Vincent Bolloré, azionista di riferimento della società italiana, ha aumentato in sole tre settimane la propria quota, che è passata dal 20,03% denunciato il 23 ottobre al 20,116%. I francesi di Vivendi si sono recentemente mossi anche per occupare nuove poltrone in Telecom. La richiesta fatta pervenire al board della società telefonica è stata quella di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea convocata il 15 dicembre per la conversione delle azioni di risparmio in ordinarie, proponendo la nomina di quattro amministratori francesi e alzando così il numero dei consiglieri da 13 a 17.

Nello specifico la società ha proposto di approvare la nomina del Ceo del gruppo Arnaud Roy de Puyfontaine, quella di Stéphane Roussel, chief operating officer e membro del comitato di gestione di Vivendi, del direttore finanziario Hervé Philippe e della consulente Fèlicité Herzog. Per eleggere i nuovi amministratori basterà la maggioranza semplice del 51% dei presenti. “Secondo stime di mercato attendibili, gli investitori istituzionali che parteciperanno all’adunanza non dovrebbero superare il 15%-18%: se anche tutti votassero contro (cosa altamente improbabile), Vivendi avrebbe comunque i numeri per fare eleggere i suoi candidati”, ha scritto Antonella Olivieri su Il Sole 24 Ore.

LA PREOCCUPAZIONE DEI FONDI

Con una lettera inviata dal Comitato dei gestori dei fondi azionisti al presidente Giuseppe Recchi, gli investitori hanno espresso la loro preoccupazione per “la mancanza di una chiara informativa circa le intenzioni e gli obiettivi sottesi all’iniziativa di Vivendi”. “Pur ribadendo l’assoluta legittimità della richiesta dell’azionista Vivendi e la conseguente necessaria integrazione dell’ordine del giorno da parte di codesto consiglio, poniamo all’attenzione e chiediamo l’espressione della Vostra valutazione”, si legge nella lettera. Tre punti chiave: “l’effettiva necessità di una integrazione del consiglio di amministrazione che porti il numero dei componenti dello stesso a ben 17”; “l’opportunità che siedano nel board tre rappresentanti operativi di un socio qualificato di ‘influenza notevole’ che sarà così in grado di esercitare una influenza ancora maggiore rispetto a quella derivante dalla percentuale del capitale sociale di Telecom Italia in suo possesso, senza aver lanciato un’offerta pubblica d’acquisto” e “l’opportunità di svincolare dal divieto di concorrenza i tre candidati che svolgono le funzioni di Ceo, Cfo e direttore operativo in Vivendi, la quale opera nello stesso settore di Telecom Italia”.

(COME SI PUNZECCHIANO RENZI E PATUANO. LE FOTO)

COSA È ACCADUTO FRA RECCHI E PATUANO

Il più recente momento di tensione tra il presidente Giuseppe Recchi e l’amministratore delegato Marco Patuano si è registrato durante l’ultimo Cda del gruppo, con l’Ad ignaro dell’iniziativa della conversione dei titoli risparmio, ideata e portata sul tavolo del board dal presidente nell’ambito del generico punto all’ordine del giorno su “operazioni straordinarie”. A questo si è aggiunto il ruolo dei consiglieri indipendenti e la discussione sull’accesso alla Rete. Con in mezzo Metroweb e la Cassa depositi e prestiti.

LE CRITICHE DI PATUANO

Patuano avrebbero criticato soprattutto la modalità con cui Recchi ha deciso di procedere per un’operazione così complessa. “In una pausa del cda Recchi e Patuano hanno anche avuto un incontro faccia a faccia in una saletta a porte chiuse in cui si sono accusati a vicenda”, ha raccontato Giovanni Pons su RepubblicaMa appena spuntato uno studio di Equita, l’advisor dei consiglieri indipendenti, che consigliava di sfruttare al volo la finestra di prezzi favorevole per la conversione, è arrivato il voto all’unanimità. Patuano non avrebbe adesso nessuna intenzione di dimettersi. Ha votato a favore del provvedimento, e poi parlato di “finestra imperdibile” per la conversione e voto “unanime” senza “discussioni” in cda.

LE TENSIONI AL VERTICE

La convivenza ai vertici di Telecom non è mai stata facile. Ma “tutto ciò ovviamente ha accresciuto le tensioni tra presidente e ad che covano sottotraccia fin dalla nomina di questo consiglio avvenuta nell’aprile 2014, con l’attribuzione a Recchi di alcune deleghe. Ora si tratta anche di capire se l’accelerazione alla conversione delle rnc, visto che non è stata sollecitata dalla struttura interna della direzione finanziaria, sia stata un’idea del presidente, di altri consiglieri o se è stata in qualche modo suggerita dall’esterno”, ha commentato Pons.

(RENZI E PATUANO VISTI DA PIZZI. SFOGLIA LA GALLERY)

IL RUOLO DEI CONSIGLIERI INDIPENDENTI

Ma chi comanda veramente in Telecom, e da che parte stanno i consiglieri indipendenti? “La governance da public company di Telecom, tanto sbandierata dal lead indipendent director Lucia Calvosa, ne esce fortemente ammaccata. Di conversione delle rnc si sarebbe parlato nella riunione del Comitato per il controllo e i rischi presieduto da Calvosa e partecipato dai consiglieri indipendenti Cioli, Cornelli, Gallo, Valerio, svolta la sera prima del cda. Ma Calvosa non ha ritenuto di condividere con l’ad e il cfo i risultati di questa riunione in cui si era discusso delle risultanze di uno studio di Equita.”, si legge su Repubblica, dove Pons ha posto un interrogativo: Calvosa sapeva che tra i punti all’ordine del giorno del cda vi sarebbe stata anche la voce “operazioni straordinarie”?

PATUANO E L’ACCESSO ALLA RETE

La partita gioca a vantaggio di Recchi dunque? Antonella Olivieri sul Sole 24 ore negli scorsi giorni ha spostato, seppur lievemente, l’asticella: “Per contro, Patuano ha strappato l’assenso a procedere al riassetto di OpenAccess, la rete d’accesso che passerà dalla divisione operations diretta da Roberto Opilio alla divisione wholesale guidata da Stefano Ciurli. L’obiettivo è mettere in assoluta parità d’accesso gli operatori alternativi e Telecom per chiudere la stagione dei contenziosi e delle multe”, si legge sul Sole dove si specifica che “il riassetto della rete d’accesso andrà a regime entro 24 mesi con un investimento previsto di oltre 120 milioni”. Perché questa operazione da parte di Patuano? “Si dice – prosegue Olivieri – che Opilio fosse poco convinto dell’opportunità di collaborare con Metroweb per lo sviluppo della Banda larga”. Nelle ultime settimane Patuano ha riportato all’attenzione il dossier Metroweb in base alle nuove indicazioni ricevute da Cdp. “Un’operazione – ha scritto Repubblica – che non piace alla gran parte dei consiglieri che ritengono non opportuno fare affari con una controparte pubblica”.

E METROWEB?

Ma a che punto è la trattiva con Metroweb per lo sviluppo della banda ultralarga? Secondo gli ultimi aggiornamenti del Sole 24 ore il piano è ancora in via di confezionamento. La società della fibra milanese starebbe lavorando “per arrivare a fine anno ad avere i due piani industriali, quello con Vodafone e Wind da una parte e quello con Telecom dall’altra, da sottoporre ai suoi azionisti, a prescindere da Enel che sarà una scelta conseguente successiva”. Mentre con gli operatori alternativi Metroweb ha deciso di concentrarsi sulle prime dieci città italiane, che rappresentano il 15% della popolazione, con Telecom punterebbe a 250 città.

Telecom Italia, ecco sbuffi e travagli di Recchi e Patuano

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