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In primo piano la crisi turco russa, che di riflesso investe anche Atene sia dal punto di vista della lotta all’Isis che da quello delle strategie energetiche. Non è un mistero infatti che lo stop russo al gasdotto Turkish Stream potrebbe far rientrare nei giochi proprio la Grecia, destinandola a diventare il nuovo hub mediterraneo energetico e bypassando in un solo colpo Ucraina e Turchia.

Pavlopulos si è detto disponibile a “proseguire con Ankara, anche dopo la crisi russa, i progetti energetici sul Tap e in generale sul gas, ma senza nessuna concessione territoriale o di confine”. Non va dimenticato infatti che la Grecia è da anni vittima diquotidiani sconfinamenti nell’Egeo da parte di F16 turchi, nel silenzio più totale da parte delle istituzioni internazionali. Tra l’altro i numerosissimi episodi nel corso degli anni hanno anche portato alla morte di piloti ellenici.

La Turchia come è noto mira al gas presente a largo di Creta e a Cipro, isola divisa che ha invaso nel ’74 e dove conserva ancora 50mila militari. Ma Nicosia nel 2013 ha concluso un accordo con Tel Aviv e Ankara minaccia ritorsioni proprio perché pretende di avere voce in quel fazzoletto di terra, nonostante non abbia le pezze legali. Atene, ammonisce Pavlopulos, “è disposta a supportare il percorso turco di adesione all’Ue ma solo se la Turchia si mostrerà rispettosa delle leggi internazionali”, cosa che non fa.

Altro elemento significativo quello relativo ai flussi migratori che hanno visto la Grecia praticamente da sola impegnata a fronteggiare questo vero e proprio esodo biblico. Il presidente greco dice chiaramente che l’Ue deve potenziare i controlli che la stessa Turchia in origine ha promesso ma che non ha poi fatto concretamente.

Quindi rivendica “il diritto sovrano al controllo delle frontiere” e dice no a pattuglie congiunte con la Turchia. In questa cornice avanza a Bruxelles la richiesta di un aiuto maggiore come ad esempio potrebbe essere la positiva mutazione genetica “dell’agenzia Frontex in una vera guardia costiera europea”. Tra l’altro il binomio “porosità dei confini turchi e promiscuità con l’Isis di Ankara” emerge anche da una serie di video diffusi nei mesi scorsi dalla Cnn. Per cui, è la traccia seguita dal Presidente nel suon ragionamento, “la fine della guerra in Siria è una questione esistenziale, vitale per l’Europa, anche se per altri paesi è una questione geopolitica”.

Chiude sul memorandum, siglato da Tsipras lo scorso agosto: sì a realizzare i compiti a casa prescritti dai creditori, ma si augura che la prossima tranches di prestiti (da 10 mld) si prefigga l’obiettivo di “rilanciare la domanda interna, altrimenti il paese non ce la farà”.

Mondogreco.net

 

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