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Con la riforma elettorale del 1882 di Agostino De Pretis gli aventi diritto al voto passarono dal 2 al 7% della popolazione. Situazione che durò, praticamente, sino alla legge approvata dal quarto governo Giolitti nel 1912, quella che – sostituendo la legge del 1982 modificata nel 1891 – allargò il suffragio a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni o che, pur minori di 30 anni, avessero un reddito di almeno 19,20 lire, o la licenza elementare, oppure avessero prestato il servizio militare.

In tal modo il corpo elettorale passò dal 7% al 23,2% della popolazione. Fu mantenuto il sistema maggioritario in vigore dal 1891. La legge fu impiegata per una sola legislatura: nel 1919, infatti, essa fu sostituita da una nuova legge che decretò un’ulteriore estensione del diritto di voto e il ripristino del sistema proporzionale.

È in tale contesto istituzionale, caratterizzato da una netta separazione tra l’Italia reale e l’Italia ufficiale rappresentata nel Parlamento nazionale, che si diffuse con la sinistra storica al potere il fenomeno del trasformismo. Il popolo non aveva voce né diritti, e la rappresentanza politica era collegata al censo, dominata dai proprietari terrieri e dagli industriali rampanti.

Un fenomeno, quello del trasformismo, che permise a De Pretis prima e a Giolitti poi, seppur da versanti contrapposti, di mantenere saldo il potere a livello del governo, sino all’avvento della proporzionale con la riforma del 1919: una riforma grazie alla quale, finalmente, i grandi partiti – programma nel frattempo organizzatisi, dal PSI al PPI – seppero travolgere il sistema del vecchio Stato liberale, seppur per una brevissima parentesi, prima dell’avvento del fascismo. Il trasformismo permise la convergenza verso il centro delle varie rappresentanze borghesi nella forma dell’assorbimento di parti della Destra nella Sinistra. Tale fenomeno accentuò l’orientamento moderato della Sinistra, oltre ad alimentare il clientelismo e l’affarismo.

Diversa e per certi aspetti ancor più sconcertante la situazione odierna che, a più riprese, ho tentato di descrivere nelle sue connessioni tra realtà sociale e realtà istituzionale, sulla base della teoria euristica dei quattro Stati: la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo e il quarto non Stato. Quattro stati che, nei confronti della partecipazione attiva nell’esercizio della sovranità popolare stanno assumendo comportamenti molto diversi, correlati alle differenti condizioni sociali ed esistenziali vissute da ciascun ceto.

Assistiamo oggi alla situazione schizofrenica di un Paese la cui Costituzione attribuisce al popolo la sovranità (art.1), che, di fatto, non viene più da questi esercitata, dato che quasi il 50% degli elettori da tempo diserta le urne, lasciando ai componenti e rappresentanti della casta (dai 500 mila al milione di soggetti) e a quelli dei più benestanti tra i diversamente tutelati, il compito di definire nelle aule parlamentari il diverso equilibrio di potere nel governo del Paese.

Il tutto viziato non solo dai condizionamenti che l’ircocervo dell’Unione Europea impone, dal livello economico e finanziario a quello istituzionale, anche attraverso regolamenti nulli e illegittimi come quello sul fiscal compact (denuncia rigorosa svolta con estrema lucidità dal prof. Giuseppe Guarino, profeta disarmato), ma anche da un’assemblea di eletti, che continuo a definire “farlocca”, dato che è costituita da “nominati” eletti con una legge elettorale, “ il porcellum”, dichiarata incostituzionale dalla suprema Corte. Ora il popolo detiene formalmente la “sovranità” ma, di fatto, ha deciso di non esercitarla, lasciando che gli equilibri di potere si esprimano attraverso “ i nominati” eletti illegittimamente nel Parlamento dei “transumanti”.

È in questo quadro di sostanziale scollamento tra Paese reale e Paese legale (o illegale, poiché illegittimo?!) che nel Parlamento si assiste a un indegno trasferimento politico di parlamentari svincolati da ogni impegno morale, prima ancora che politico –istituzionale. Un trasferimento grazie anche al quale “ il giovin signore fiorentino”, catapultato alla guida del governo, può permettersi di fare il buono e il cattivo tempo. Anche quello di tentare di riformare l’assetto costituzionale come quello del Senato col combinato disposto della legge super truffa dell’Italicum.

Se nel passaggio dal governo Letta al governo Renzi ci sono stati 185 parlamentari che hanno cambiato casacca, dalle politiche del 2013 a oggi sono ben 235 i parlamentari, tra Camera e Senato, che si sono trasferiti da un gruppo parlamentare a un altro. Ed è in tale situazione che, in assenza di partiti espressione di autentiche e consolidate culture politiche, ma sommatorie di “particulari” egoistici e indistinti, il dibattito rischia di ridursi al dilemma: con o contro Renzi?

Occupato, attraverso l’uso di un regolamento delle primarie degno di un trattato di psichiatria politica, il controllo del suo partito, il PD, Matteo Renzi ne ha totalmente rovesciato i fondamentali dando avvio a un trasformismo politico partitico senza cultura di riferimento, semplice corrispondenza ai desiderata dei più influenti danti causa interni e internazionali, oggetto di attrazione per i transumanti guidati da capi e capetti in cerca di salire italicamente “sul carro del vincitore”.

Scelta la collocazione europea nel PSE che lo porta inevitabilmente in un luogo politico alternativo a quello proprio della cultura europea del PPE, Renzi offre la più sfrontata applicazione della teoria dei due forni: ricerca dell’alleanza con i residui popolari e DC per le riforme economico finanziarie; spregiudicata unità con le estreme della sinistra di SEL e del M5S per quanto attiene ai diritti civili, alle unioni omosessuali, e all’azione disgregatrice dei “valori non negoziabili” per i cattolici. D’altronde, per molti di questi ultimi che sostengono il governo, la fedeltà all’occupazione delle sedie sembra assai più forte di quella della coerenza con i propri valori e dei loro ormai ridottissimi elettori.

Da parte nostra non ci facciamo incantare dalle sirene renziane e restiamo, con gli amici che hanno sottoscritto il documento appello dei Popolari a Rovereto, impegnati nella costruzione della seconda gamba alternativa al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.

Ettore Bonalberti
www.alefpopolaritaliani.eu
www.insiemweb.net
www.don-chisciotte.net

Corsi e ricorsi del trasformismo italico

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