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A voler sintetizzare il pensiero di Alberto Forchielli, dinnanzi alla visita in Cina di Giorgia Meloni, si potrebbe più o meno scrivere così: no Ucraina, no business. Perché sì, il Dragone, seppur con i suoi atavici problemi, sarà anche la seconda economia globale e un partner potenzialmente strategico per ogni manifattura avanzata degna di questo nome. Ma, e qui entra in gioco il punto di vista dell’imprenditore, saggista e gran conoscitore di cose cinesi, Pechino è pur sempre alleata della Russia, avversa alla democrazia e incline alle scorribande industriali e alla concorrenza sleale. Tanto basterebbe, dice Forchielli in questo colloquio con Formiche.net, a mettere sotto una luce diversa i rapporti tra occidente e Cina. Italia inclusa.

Il punto di partenza sono la raffica di intese siglate in queste ore da Italia e Cina, dall’agricoltura alle auto elettriche, passando per la formazione. “Accordi che valgono poco o nulla, senza portata finanziaria, senza flussi, inconsistenti. Ogni visita ufficiale porta in dote una serie di intese, ma è poco più di un protocollo per riempire i tavoli. Alla fine, manca sempre profondità e spessore a questi accordi, che sono più una prassi che altro”, premette subito Forchielli. “Naturalmente tutto questo non può compensare in alcun modo l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta. Oggi i rapporti tra Cina e Italia sono relativamente buoni, l’addio alla Belt&Road non ha lasciato strascichi di sorta. Il vero problema è però un altro. Ed è è un problema che riguarda tutto l’Occidente o parte di esso, mica solo l’Italia”.

E qui Forchielli arriva al cuore della questione. “La Cina è un Paese nemico e va trattato come tale. Sostiene la Russia e per questo non bisognerebbe andare a casa dei nemici a firmare accordi, anche si tratta di intese banali e irrisorie. Non dobbiamo andare lì con il cappello in mano, dopo tutto quello che sta succedendo in Ucraina. Dovremmo aspettare noi che sia la Cina a venire a cercarci. E attenzione, il mio ragionamento non vale solo per l’Italia, ma anche per la Germania e la Francia. Anche Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno sbagliato a recarsi a Pechino a stringere accordi. L’unico motivo che avrebbe giustificato un viaggio in Cina sarebbe stato l’Ucraina. Parlare di Ucraina, ottenere lo sganciamento cinese dal sostegno russo e poi sì che avrebbe avuto senso parlare di business. Ma senza questa condizione, allora assolutamente no”.

Dall’Italia all’Ungheria, il passo è poi breve. A chi ricorda a Forchielli di come Budapest, nei giorni scorsi, si sia indebitata con le banche cinesi, chiedendo un prestito da un miliardo, l’economista risponde così: “I soldi cinesi sono carissimi, non capisco perché gli ungheresi abbiano chiesto denaro a Pechino, che non è mai un buon mercato, visto che fa pagare i prestiti molto ma molto cari. Purtroppo il concetto è lo stesso, bussare alla porta del nemico. E questo l’Occidente deve capirlo, o si mettono sul tavolo questioni vere, reali, come l’Ucraina o tanto vale non avere rapporti consistenti con il Dragone”. Ma allora, una domanda sorge spontanea: quanto l’Italia ha davvero bisogno della Cina?

“La Cina per noi non è così vitale, ne potremmo fare a meno. Le nostre esportazioni verso il Paese non crescono mica tanto sa? Diciamo che sono al pari della Svizzera. Sì, c’è un po’ di made in Italy, ma alla fine è poca roba. Io dico che con i nemici, e la Cina lo è, bisogna comportarsi non da amici. Per questo il governo italiano non avrebbe dovuto portarsi dietro una delegazione economica. Ritorno al punto di partenza, se vogliamo dialogare con Pechino, se davvero vogliamo farlo, dobbiamo mettere sul tavolo il suo sostegno alla Russia, magari con un mandato europeo. Questo è il vero problema ed è questo che l’Occidente deve capire. L’unico modo per convincere i cinesi a mollare la Russia è subordinare i rapporti commerciali alla sospensione del supporto cinese a Mosca”.

Dialogare con la Cina è possibile, ma solo a una condizione. La versione di Forchielli

Non si può sempre e solo tendere la mano a chi continua a sostenere e finanziare la Russia e la sua guerra contro l’Ucraina. Se i cinesi vogliono fare affari con l’Europa devono essere loro a fare la prima mossa. Per questo stringere accordi con Pechino non ha senso se prima non si mette in discussione il suo rapporto con Mosca. Colloquio con l’economista, saggista e imprenditore

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