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La campagna elettorale di Usa 2016 offre materiale a umoristi e comici, ogni giorno: curiosità, gaffes, battute più o meno volontarie e più o meno spontanee. Spesso ne è protagonista Donald Trump, che gode di un’attenzione dei media speciale, ma gli altri candidati non ne sono immuni. E i media sono talora spettatori e talora protagonisti, come quando Rupert Murdoch prima attacca il presidente Obama (“Non è un vero presidente nero”), poi si scusa. Ma pure Obama può andarci giù pesante: di Trump, che Julio Iglesias definisce senza perifrasi “un pagliaccio”, dice alla Cbs che “è un tipo da reality”, “sa come ottenere l’attenzione della gente, ma non sarà presidente”.

Le gaffes e le battute di Trump non si contano e cominciano persino a non fare più notizia: donne e ‘latinos’, giornalisti, nazisti e dittatori, sono le sue vittime o i suoi paradigmi. Come quando sostiene che il Mondo sarebbe un posto migliore se dittatori come Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi fossero ancora al potere. Lo showman annuncia un incontro con Putin, smentito dal Cremlino, e critica Papa Francesco su profughi e migranti, “si sbaglia”. Chi fruga nel suo passato, lo trova non immacolato dal punto di vista repubblicano: nel 1979 appoggiava Jimmy Carter, non Ronald Reagan. Lui usa come testimonial moglie e figlia, ma il mondo della musica continua a contrastarlo: Tyler degli Aerosmitth è l’ultimo, in ordine di tempo, a diffidarlo dall’usare le sue canzoni nei suoi eventi.

Ma anche lato Hillary le curiosità – e le contraddizioni – non mancano. L’ex fist lady ha recentemente ricevuto endorsement eccellenti, dal regista nero Spike Lee e dal sindaco di New York Bill De Blasio, che ha appena lanciato la campagna per la sua rielezione. La candidata liberal, che su Twitter ha più followers di tutti i suoi rivali e che s’impegna a cercare di limitare la vendita di armi, non progetta, però, di abolire la pena di morte, contrariamente al suo sfidante indipendente e socialista Bernie Sanders, senatore del Vermont: Hillary pensa che sia usata troppo spesso, ma non vuole abolirla “perché vi sono casi in cui bisogna ancora prenderla in considerazione”.

Fra le donne in passato legate a suo marito Bill Clinton, Gennifer Flowers l’avversa e Monika Lewinski, la stagista del sexgate che quasi costò l’impeachment all’allora presidente, la sostiene. Esce un libro che ne denuncia i problemi di salute e lei improvvisa un ballo a un comizio nel New Hampshire. Fa l’ecologista, avversando, come Obama, l’oleodotto Keystone; dice a Trump di piantarla “con ‘sta storia di Obama musulmano”; e scherza su Bill suo vice (“Ci ho pensato”). Hollywood e la moda sono con lei, mentre lei accentua tra spot e sortite il volto umano, da nonna, con immagini della nipotina Charlotte. “Diventare nonna mi ha fatto riflettere a fondo sulla responsabilità che tutti condividiamo per il mondo che ereditiamo e che un giorno consegneremo”, scrive nelle sue memorie. “Piuttosto che farmi rallentare, mi ha spronato ad accelerare”.

Però, poi le scoppia un petardo fra le mani Usa, quando il New York Post svela il suo comportamento con gli stagisti. “Caffé gratuito, una vista spettacolare e la possibilità di fare la storia”: questo è il tweet con cui la Clinton cerca stagisti per il suo staff, al quartier generale della campagna a Brooklyn. Ma c’è un dettaglio che anche molti suoi sostenitori trovano indigesto: lo stage è totalmente gratuito, i giovani si devono pagare vitto e alloggio a New York. Per partecipare alla selezione, sul sito della campagna, bisogna caricare il proprio curriculum e due lettere di presentazione – com’è prassi negli Stati Uniti – e indicare il settore di interesse. Il giornale ha denunciato l’ipocrisia dell’ex first lady, citando un discorso del 2013, in cui puntava il dito contro le aziende che facevano profitto con gli stagisti non pagati.

A fronte dei fuochi d’artificio di Trump e della Clinton, Jeb Bush non sa offrire di meglio che una gag da Anni 90: imita Trump al Late Show e ammette “ho fumato marijuana 40 anni fa”, come Clinton, che, però, “non inalava”. Jeb riesce pure a compromettere i rapporti con i migranti, che dovrebbero essere per lui un serbatoio di voti: prima usa un’espressione ritenuta denigratoria per definire i bimbi fatti nascere negli Usa da immigrati illegali perché venga loro riconosciuta la cittadinanza; poi se la prende con gli asiatici, parlando di “frodi commesse da organizzazioni criminali che riguardano più gli asiatici, che abusano del nobile concetto del diritto di cittadinanza per nascita”.

Chi, invece, fa concorrenza a Trump nella rozzezza contro gli immigrati è Chris Christie, governatore del New Jersey, che vuole “tracciarli” come pacchi FedEx: Christie, conosciuto come moderato, annuncia l’intenzione di chiedere alla FedEx di mettere a punto un sistema per tracciare gli immigrati come fa con le migliaia di pacchi che trasporta ogni giorno: “In ogni momento – spiega Christie -, FedEx può dirvi dov’è il vostro pacco, su un camion o alla stazione o su un aereo”. La sua idea è di fare lo stesso con chi entra regolarmente negli Usa: “Lasciamo che persone entrino con un visto e dopo un minuto ne perdiamo le tracce per sempre. Abbiamo bisogno di un sistema di ‘tracciamento’ che li segua, così che, quando il loro visto scade, saremo in grado di battere loro sulla spalla e dire ‘scusate, grazie per essere venuti, ma ora è tempo di andare’”.

Clinton e Trump, una gara a colpi di gaffe, battute e spropositi

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