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Il destino del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, rimane in bilico. Pier Carlo Padoan le ha ribadito la fiducia del Governo mentre Matteo Renzi – dal Sudamerica, dov’è in viaggio istituzionale – si è ben guardato dal nominarla pur avendo a lungo parlato di fisco.

IL DESTINO DI ORLANDI

Secondo Repubblica, il premier starebbe pensando ad una rimozione soft di Orlandi da attuare nei primi mesi del 2016 ma stamattina circolavano voci di un possibile e imminente addio da parte della dirigente. Ipotesi di cui si è parlato durante la conferenza stampa organizzata ieri da Dirpubblica, la Federazione del pubblico impiego che – con la sua attività e i suoi ricorsi – ha contribuito a rimettere in discussione tutto l’assetto dell’amministrazione finanziaria dello Stato.

L’IPOTESI COMMISSARIO

Chiedere le dimissioni del direttore dell’Agenzia delle Entrate è il minimo che il capo del Governo possa fare”, ha commentato il segretario generale di Dirpubblica, Giancarlo Barra. L’obiettivo principale della federazione però rimane il commissariamento dell’Agenzia, per ottenere il quale a inizio ottobre i suoi vertici hanno scritto direttamente a Palazzo Chigi.

LA SENTENZA DELLA CONSULTA

La questione si è aperta lo scorso marzo quando la Corte Costituzionale – sulla base di un’azione giurisdizionale partita da Dirpubblica nel 2011 – ha affermato il principio per il quale – anche nelle agenzie fiscali, come in tutte le altre pubbliche amministrazioni – gli incarichi dirigenziali debbano essere assegnati mediante concorso. Una pronuncia che ha fatto perdere la qualifica di dirigente a 1200 dipendenti tornati ad essere “semplici” funzionari.

LA REAZIONE DI ORLANDI

Nell’Agenzia delle Entrate – la più importante per funzioni e numero di dipendenti – sono stati 767 i dirigenti retrocessi in virtù della decisione della Consulta, ben i due terzi del totale. Nei mesi successivi, Orlandi si è battuta per una sanatoria, però sempre stoppata dal Governo. Qui si è innescata la rottura, culminata nell’ormai celebre frase con cui il direttore dell’Agenzia delle Entrate – a un congresso della Cgil – ha dichiarato: “Le agenzie fiscali rischiano di morire, rimangono in piedi solo per la dignità delle persone che ci lavorano”.

GLI ALTRI ELEMENTI DI ROTTURA

A determinare la spaccatura degli ultimi giorni hanno però contribuito anche altri elementi tra cui, in particolare, le opinioni divergenti su alcune delle principali misure fiscali del Governo. Il contrasto è stato ammesso dall’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco – il padre della riforma con cui sono state create le agenzie fiscali, considerato molto vicino a Orlandi – che sul Corriere della Sera di ieri ha detto apertamente di non condividere il taglio della Tasi e l’aumento del tetto per i contanti. Misure su cui anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate avrebbe espresso forti perplessità.

LA RICHIESTA DI DIMISSIONI

Divergenze che sono esplose definitivamente con la richiesta di dimissioni formulata dal sottosegretario all’Economia e segretario di Scelta Civica, Enrico Zanetti, ieri su Repubblica. Sul punto – anche dopo la nota di Padoan a sostegno di Orlandi – Zanetti ha chiarito di non voler fare marcia indietro e ha chiesto una verifica di maggioranza. “Francamente, non ci stiamo a stare in un Governo che accetta di farsi dire in pubblico che si stanno lasciando morire le Agenzie fiscali non da un oppositore politico ma da chi ha il compito di dirigerle” ha ribadito anche oggi in un’intervista al Sole 24 Ore.

LA PARZIALE RETROMARCIA

Dai microfoni di Rai News 24 è poi arrivata la parziale retromarcia del sottosegretario che però lascia immutati i problemi di fondo. “Io non ho mai chiesto le dimissioni di Orlandi. Io ho detto che se un direttore dell’Agenzia delle entrate continuasse in modo reiterato a dire che si sta lasciando morire l’Agenzia, sarebbe opportuno che si dimettesse. Mi pare di capire dalla nota del Mef che smetterà di andare in giro a dirlo”.

LE RICHIESTE DI DIRPUBBLICA

Una situazione sempre più complicata che – come sottolineato in precedenza – secondo Dirpubblica non può che essere risolta attraverso la nomina di un commissario straordinario. “Lo prevede lo Statuto dell’Agenzia delle Entrate” ha sottolineato il segretario generale Barra. Nella lettera inviata a Palazzo Chigi lo scorso 9 ottobre, ha chiesto un intervento in tal senso da parte del Governo. Se non dovesse arrivare entro 60 giorni – ha assicurato ieri a Formiche.net – “saremmo pronti a portare di fronte al Tar anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri per omissioni di atti, per il mancato commissariamento dell’Agenzia”.

QUALE FUTURO PER LE AGENZIE?

In realtà in ballo c’è qualcosa di più rilevante di uno scontro personale o dello scarso gradimento di questo o quell’esponente del Governo nei confronti di un dirigente di vertice. La vera partita sembra riguardare, più in generale, l’assetto dell’amministrazione fiscale del Paese, il futuro delle agenzie, la possibilità di riportarne le funzioni direttamente allo Stato, addirittura in un risorto Ministero delle Finanze. Una delle ipotesi di cui si parla con più insistenza, prevede che quantomeno Equitalia torni sotto il controllo e la responsabilità diretta del Governo, andandosi in questo modo a sancire la divisione tra strutture di accertamento (le Agenzie) e strutture di riscossione (Equitalia).

Agenzia delle Entrate, perché i dirigenti sbuffano

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