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L’Assemblea Federale Svizzera ha deciso il 19 giugno 2015 di permettere al popolo e ai Cantoni di decidere in merito all’introduzione di una modifica nella Costituzione Svizzera in cui si afferma:

“Il matrimonio consiste nella durevole convivenza, disciplinata dalla legge, di un uomo e di una donna. Dal punto di vista fiscale, il matrimonio costituisce una comunione economica. Non deve essere svantaggiato rispetto ad altri modi di vita, segnatamente sotto il profilo fiscale e delle assicurazioni sociali” (qui il testo in Italiano).

L’emendamento è stato proposto da una iniziativa popolare “Per Matrimonio e famiglia – No agli svantaggi per le coppie sposate”, che è stato avviato dalla PPD, Partito popolare democratico svizzero. Hanno raccolto 120.000 firme fino al novembre 2012. Secondo la Costituzione federale, l’iniziativa popolare deve raccogliere almeno 100.000 firme valide in 18 mesi. Lo scopo per l’introduzione di questo emendamento è il problema che le coppie sposate in Svizzera devono pagare le tasse più alte rispetto alle coppie non sposate o conviventi.

Per essere approvato un referendum costituzionale deve ottenere due risultati: la maggioranza del 50% dei votanti (per passare i cittadini votanti devono essere circa 3milioni e 800mila e con almeno la metà di voti favorevoli) e il 50% dei 26 cantoni devono votare “per l’introduzione della modifica”. Il voto dei Cantoni voto “per” o “contro” viene stabilito a seconda del voto a maggioranza “per” o “contro” degli elettori del cantone stesso. 6 di  26 cantoni hanno un “mezzo-voto” sul referendum per ragioni storiche, in modo che il numero totale di votanti di Cantone è di 23.

L’Assemblea Federale, come nella maggioranza dei casi, ha invitato il ‘popolo e i Cantoni’ a votare contro la proposta di referendum.

Il referendum deve essere tenuto entro 16 mesi dopo la decisione dell’Assemblea federale di 19 giugno 2015.

Di questo semplice fatto, al di là dell’esito che avrà il Refendum, i mass media italiani non hanno parlato, né temo che lo faranno in seguito. Tuttavia, mi preme segnalare due elementi importanti.

Il primo, a conferma della civiltà svizzera e delle sua lunga tradizione, il Paese mette nelle mani del popolo la decisione su modifiche così importanti, a differenza di altri Paesi che in Europa non hanno consentito il giudizio del popolo su un tema cruciale come quello della famiglia. Solo negli ultmi anni sia la Francia, sia il Regno Unito hanno approvato modifiche importanti sulla definizione di famiglia e hanno scientificamente vietato la celebrazione di consultazioni popolari. La Slovenia ha celebrato il referendum e, visto l’esito negativo verso l’introduzione delle unioni/coppie omosex, il Governo non ne ha tenuto alcuna considerazione, costringendo i movimenti referendari a riproporre un nuovo referendum nei prossimi mesi.

Secondo, nella situazione politica europea e italiana, si deve tener presente che sempre più  cittadini e una significativa parte di essi, organizzati o meno in associazioni di scopo, sentono di non essere rappresentati nei Parlamenti e stanno riflettendo con serietà e impegno sulla creazione di nuovi soggetti politici di partito in vista delle elezioni parlamentari.

Questi due semplici elementi dovrebbero, spero aprire una riflessione che andasse un poco oltre le mode e i sentimenti momentanei provocati dalle prime pagine. Un popolo esiste e non è rappresentato o non si sente rappresentato dalla politica in moltissimi paesi europei. Non esiste la questione dei ‘professionisti’ o ‘nuovi’, questa  polemica è già finita e ha già già sfiancato molte società europee, il punto cruciale di oggi è tutto focalizzato sulla coerenza e sulla serietà di saper e voler parlare di valori pieni e non ‘vuoti, reali e non ‘morali’: la famiglia innanzitutto.

In Italia arriverà prima o poi questo sussulto di serietà? La Svizzera, come altri Paesi, ci dice che è possibile una politica per il popolo, per quella parte di popolo che da Piazza San Giovanni cerca un volto credibile e un impegno serio.

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