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Perugia ─ Il senatore pugliese del Partito democratico Nicola Latorre, presidente della 4° Commissione permanente (Difesa) del Senato ha presentato un emendamento (il 18.0.1) all’articolo 18 del disegno di legge sulle missioni militari internazionali italiane ─ l’ambito è la conversione in legge (quadro) del decreto 99/2015 riguardo a disposizioni concernenti la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali, dove il contesto di urgenza del decreto era la partecipazione di personale militare italiano all’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale denominata “EUNAVFOR“, quella contro gli scafisti per intenderci.

Quello delle missioni internazionali all’estero, è un argomento che si trascina avanti da tre legislature, con il Parlamento impegnato in un’annosa discussione nel tentativo di definire una disciplina organica.

L’articolo 18 della legge in discussione riguarda le disposizioni in materia penale per il personale che partecipa alle missioni. Nell’emendamento Latorre si legge che «Il presidente del Consiglio dei ministri emana, sentito il Copasir (inciso proposto da M5S con emendamento 18.0.2 e accolto. Ndr), disposizioni per l’adozione di misure di intelligence di contrasto, anche in situazioni di crisi o di emergenza all’estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero, con la cooperazione altresì di assetti della difesa». (Nota: c’è già il via libera della Camera alla conversione in legge, e pure quello della Commissione Difesa, che ha approvato anche l’emendamento di Latorre).

Cosa significa? Significa che si garantisce a determinate forze speciali delle Forze Armate italiane copertura giuridica, operativa e diplomatica, per particolari missioni in cui queste compirebbero attività a cavallo tra le operazioni militari e quelle dei servizi segreti. E la decisioni di estendere questi poteri sarebbe a discrezione del premier (previa comunicazione al Copasir, si diceva).

La questione non è di poco conto: da cartina di tornasole fa la dichiarazione di Felice Casson, ex giudice istruttore di Venezia considerato un esperto di normative sui servizi segreti (indagò il caso “Gladio” e i servizi deviati) e compagno di partito di Latorre, che ha annunciato un attacco all’emendamento alla riunione del Copasir (che si ricorda è il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ossia l’entità con cui la politica controlla e gestisce i servizi segreti. Ndr), di cui Casson è segretario. Il senatore di Chioggia ha avvertito su Repubblica che il pericolo sarebbe «quello di creare un sistema di intelligence parallelo, non meglio individuato, e soprattutto con le coperture che, in via del tutto eccezionale, la legge del 2007 ha riconosciuto agli agenti dei servizi segreti. Parliamo delle garanzie funzionali, della clausola di non punibilità per gli eventuali reati commessi durante una missione, della possibilità di opporre il segreto di Stato alle indagini della magistratura». La legge del 2007 di cui parla Casson è  la cosiddetta “riforma dei servizi”, che tra le altre cose aveva messo i vecchi Sios, organi che rappresentavano il prolungamento dei servizi segreti all’interno di ciascuna delle forze armate italiane, in un limbo non ancora sanato e che aveva deciso che Dis, Aisi e Aise (il primo si occupa della direzione degli altri due, rispettivamente spionaggio interno ed esterno) venissero affidati incarichi che “non possono essere svolti da nessun altro ente, organismo o ufficio”.

Sempre da Rep, Latorre ha invece spiegato che «il caso non esiste, tant’è che hanno votato tutti a favore» (escluso M5S, in realtà, che si è astenuto) e argomenta che, semplicemente, «si consente l’utilizzo dei reparti speciali delle forze armate in operazioni di intelligence finalizzate a tutelare la sicurezza nazionale e quella di nostri connazionali in grave difficoltà». Praticamente, in situazioni estreme (attentati, rapimenti e condizione di grave pericolo per la sicurezza nazionale in Italia o all’estero) reparti speciali potrebbero eseguire missioni di intelligence, per poi rientrare nei ranghi alla fine delle operazioni. (Va detto, che si darebbe copertura normativa a situazioni che molto spesso si verificano già durante le operazioni. Ndr).

Il tema è caldo, se si pensa che il sequestro in Libia dei quattro tecnici italiani della società Bonatti spa potrebbe essere già uno dei teatri operativi per questo genere di missioni. E la questione si inquadra anche all’interno della possibilità (più complicata, di cui si era parlato già qui) che un gruppo di 30 incursori del 9° Reggimento d’assalto “Col Moschin” possano essere in partenza per Taqqadum, la nuova base americana tra Falluja e Ramadi, in Anbar, Iraq, al centro dei territori conquistati dallo Stato islamico. La missione delle forze speciali italiane potrebbe essere quella di affiancare gli omologhi americani in operazioni “fuori dalle basi”. Attività di human intelligence che dovrebbero mirare tra l’altro a sollevare i sunniti locali contro l’IS, proprio nell’area dove il Califfo aveva trovato più complicità tra i clan tribali (sunniti) come risposta contro l’oppressione del governo sciita di Baghdad.

Un teatro operativo possibile e pericoloso, in cui servono missioni a cavallo tra l’intelligence e le incursioni delle forze speciali ─ per capirci, per gli appassionati di serie Tv, un po’ come accadeva in “Strike Back”, la serie prodotta dalla British SKY Broadcasting, il cui titolo in Italia era stato tradotto con “Senza regole” e dove i protagonisti erano membri di un’unità sceltissima dell’esercito inglese che si muoveva nel grigio del segreto di stato contro una rete criminale globale tra contatti e doppi giochi, senza avere la necessità di rispondere di eventuali crimini commessi e sotto il diretto comando del premier (no, Latorre non era tra gli sceneggiatori in nessuna delle puntate).

@danemblog

 

 

Il governo italiano vuole trasformare le forze speciali in 007 (che significa?)

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