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Con la morte delle ideologie, per capire la politica, occorre far ricorso alle scienze della psiche umana. Mancando il velo pietoso delle idee e la modalità corale delle procedure congressuali, della partecipazione degli iscritti, della dialettica intra-partitica, non si può far altro che ricorrere alla psicologia – qualche volta anche alla psichiatria – per comprendere che cosa passa per la testa ai leader. Che sono, poi, quelli che decidono per tutti.

Ciò premesso, le cronache di queste ore si ritingono di Berlusconi. Junior, di nome PierSilvio. Che non è un leader politico, certo. Non ancora. Tuttavia se il linguaggio del corpo, ma anche il detto e l’omesso hanno un senso, sarà difficile per l’Ad di Mediaset resistere alla fortissima tentazione di “scendere in campo” anche lui. Come il suo celebrato padre. Certo tutti conosciamo la narrazione ufficiale fatta circolare dalla famiglia, a cominciare da Marina e dai familiari acquisti per cooptazione paterna come Confalonieri: nessun altro Berlusconi in politica, l’azienda first. Ma sarebbe difficile soffocare una vocazione e un desiderio di risalita dei sentieri luminosi del padre, quasi un ineluttabile inciampo di ogni figlio di padre realizzato nella sua proiezione pubblica.

Il ricordo della performance di Piersilvio, delegato dalla famiglia ad accogliere autorità e amici al funerale del Padre, giugno 2023, la sua compostezza appena velata dal necessario dolore della perdita, i suoi diplomatici abbracci dosati in base al grado d’intraneità nel cerchio magico o nel cerchio dei poteri, il suo ringraziamento finale al colto e all’inclito, insomma la piena presenza a sé stesso e al ruolo impersonato, lasciavano un retrogusto paragonabile a quello che ogni osservatore provò quando re Carlo V si recava, ancor principe e parecchio attempato, alle lunghe esequie della reale madre.

Insomma: ora tocca a me. Con queste premesse l’esternazione “politica” fuoriuscita in occasione della presentazione dei palinsesti Mediaset ha un’importanza che non va sottovalutata. Anche perché l’oggetto centrale delle considerazioni a caldo di Piersilvio è stato il partito di famiglia, Forza Italia, che nell’ultimo giro elettorale europeo ha mostrato una vitalità insospettabile, raccogliendo il 9,70 %.

C’è un ragionamento di Berlusconi jr. che vale la pena di prendere in considerazione e riguarda l’incitamento al partito di famiglia ad allargare il campo dei moderati. Prima di seguire l’ingiusto destino della banalizzazione lessicale che ormai ci domina, il lemma “moderato” aveva un significato preciso, che descrive una modalità e un’esperienza nella storia nazionale più remota. L’etimologia è chiara: deriva dal latino “modus” che significa misura, limite. Chi è moderato, dunque, sa collocare le sue azioni e i suoi ragionamenti entro un certo limite, accogliendo la “giusta misura”.

E così, però, restiamo nel “modo”, il contenuto ancora non c’è. Nondimeno c’è, a ben vedere, un trascorso storico: i Moderati furono, senza essere partito, personalità politiche risorgimentali, come Cesare Balbo e Massimo d’Azeglio che, intorno alla metà dell’800, aderirono al movimento legalitario, riformista e liberale omonimo alternativo ai mazziniani. Più avanti vi avrebbe aderito anche Cavour. A quali “moderati” intende dunque riferirsi Piersilvio Berlusconi? Superata la definizione “modale” e scartata quella banalizzata dall’uso improprio, resterebbe quella di contenuto storico che guarda a queste origini risorgimentali, intrise di liberalismo e di riformismo, aggiornate al tempo odierno.

Sarà così? Per il momento non lo sappiamo. Ciò che sappiamo, però, è che il giovane Berlusconi tutta questa voglia di rinunciare alla politica non sembra averla. Il riferimento risorgimentale sarebbe un bell’atout. Del resto un Confalonieri nel giro di famiglia già ci sta.

Phisikk du role - Piersilvio, la politica e i moderati

Di Pino Pisicchio

Le cronache di queste ore si ritingono di Berlusconi. Junior, si intende. L’incitamento al partito di famiglia ad allargare il campo dei moderati suggerisce una possibile discesa in campo. Se al centro della scena, non è ancora chiaro. La rubrica di Pino Pisicchio

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