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I soldi per le grandi opere? Ci sarebbero. Mancano semmai progetti in grado di sfruttare al meglio le risorse disponibili, per non disperderle in mille rivoli, specialmente quando ci si mette 12-14 anni per realizzare un’opera oltre i 100 milioni. Basta col giustificare il gap infrastrutturale dell’Italia con la scarsità di risorse: il problema non sono i fondi, ma la loro corretta allocazione da parte delle stazioni appaltanti.

Questa l’analisi condivisa nel corso di un convegno organizzato ieri da Agici Finanza d’Impresa, società di consulenza attiva nel campo delle infrastrutture, dell’energia e delle utilities. Presenti all’incontro, i massimi esponenti del mondo dei trasporti e dell’energia, tra cui l’amministratore delegato di Ferrovie Michele Elia, il numero uno di Terna Matteo Del Fante e quello di Anas Gianni Armani. Tutti d’accordo nella necessità di un cambio di passo sulle infrastrutture, accantonando le sparate della politica sulle grandi opere (ciclicamente con ogni governo torna in in auge il ponte sullo Stretto) per fare posto alle opere che più di tutte servono al Paese, strade e ferrovie. Senza sprecare il denaro pubblico

UNA PROCEDURA STANDARD PER TUTTI I PROGETTI

Agici, attraverso la sua area di ricerca Qp Lab (Quality project lab), ha lanciato per l’occasione un proprio modello da porre alla base di ogni progetto infrastrutturale. In sostanza si tratta di una procedura standard costruita su tre passaggi: ideazione del progetto, studio di fattibilità e progettazione. Il tutto, come spiega in un paper realizzato per l’occasione il presidente di Agici, Andrea Gilardoni, per “proporre progetti di qualità che sappiano coniugare le esigenze sociali, ambientali e teconologiche con la bancabilità” cioè la sostenibilità finanziaria del progetto. Tornando alla procedura standard, la prima fase un’approfondita raccolta di informazioni utile al soggetto chiamato a realizzare l’opera per valutarne l’utilità e l’impatto sul territorio. Un secondo step prevede invece un’accurata indagine sui tutti i costi dell’infrastruttura, mentre un terzo e ultimo passaggio comporta l’esame di tutti i dettagli per la realizzazione dell’opera, per approdare a un progetto non più modificabile una volta iniziati i lavori, evitando opere-spezzatino. Troppo spesso infatti, ha ricordato il presidente Anas Armani, “in Italia ci sono strade fatte un pezzetto alla volta, senza mai essere compiute”.

SOLDI SPESI POCO (E MALE) E REGOLE TROPPO INCERTE

Il dibattito si è poi focalizzato sull’annosa questione dei Fondi di Coesione per il finanziamento delle Infrastrutture. Secondo i calcoli di Agici, dei 100 miliardi per il periodo 2007-2013, ne sono stati spesi solo 40. Di questi, 12 sono di provenienza Ue e quindi vanno spesi entro il 2015, pena la loro restituzione mentre altri 44 miliardi arriveranno con i fondi di Coesione 2014-2020. Senza considerare i 300 miliardi del piano Juncker per lo sblocco degli investimenti in tutta l’Ue. I soldi da spendere insomma ci sono, il problema è come impiegarli e soprattutto evitare di buttarli in quei progetti-colabrodo che finiscono quasi sempre per prosciugare le risorse. “Modificare questa situazione è centrale per garantire lo sviluppo del Paese”, si legge ancora nel documento Agici. “Permangono importanti casi di farraginosità a livello normativo e di incertezza nel quadro regolatorio, oltre all’effetto Nimby contro le opere”. Il tutto si traduce con una spropositata dilatazione dei tempi per la realizzazione degli interventi, alla radice dell’arretratezza infrastrutturale italiana. Dunque, l’esigenza di una “standardizzazione” delle procedure che vada dall’ideazione del progetto al taglio del nastro. Anche perchè c’è un aspetto non certo secondario, che troppo spesso viene trascurato. E cioè che procedure troppo articolate mettono in fuga i potenziali investitori, creando una sorta di barriera al finanziamento delle opere e all’afflusso di capitali privati internazionali verso il nostro Paese.

L’IMPEGNO DELLE FERROVIE: 5,5 MILIARDI IN INFRASTRUTTURE ENTRO FINE ANNO

Al di là della necessità di un intervento di appianamento sulle procedure per la realizzazione delle infrastrutture, dal convegno è emerso anche l’impegno delle Ferrovie dello Stato per un miglioramento della rete. Il numero uno del gruppo Elia ha infatti assicurato circa lo sblocco di oltre 5 miliardi di euro nel 2015 per le infrastrutture ferroviarie. “Quest’anno”, ha detto Elia, “contiamo di contabilizzare circa 5,5 miliardi in opere infrastrutturali”.

LE RASSICURAZIONI DEL GOVERNO

Sull’argomento è intervenuto poi anche il governo, rappresentato per l’occasione dal ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio, intervenuto con un video messaggio per ribadire le intenzioni dell’esecutivo, che si appresta a veder approvato entro breve il nuovo codice degli appalti. “La grande sfida del paese è far ripartire le infrastrutture utili. Per questo occorre affrontare le priorità con scelte politiche collegate ai problemi logistici e allo sviluppo del territorio. Per questo il governo ha scelto di ridurre poco più di una ventina le opere prioritarie”. E c’è da giurarci che tra queste non ci sia il Ponte sullo Stretto.

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Infrastrutture, la ricetta di Agici

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