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In Italia si protesta soprattutto in difesa dell’ambiente, anzi dell’ambientalismo sovente. Lo si fa soprattutto al Nord, e in un anno si arriva a farlo per un totale di 355 volte. Ad aggravare la situazione di stallo della grandi opere è intervenuta a settembre scorso una sentenza del Tar del Lazio approfondita a su Formiche.net con le analisi del magistrato Massimiliano Atelli e di Chicco Testa, che ha sancito la legittimità dell’improvvisa revoca di un appalto se fondata sul malumore della popolazione. Il fenomeno Nimby, acronimo di Not in my back yard, non nel mio cortile, un comportamento sociale che spinge a ostacolare ogni nuova opera per paura che possa nuocere alla salute o all’ambiente, diventa oggi sempre più un fenomeno social.

COSA FA L’OSSERVATORIO

Promosso da Aris – Agenzia di Ricerca Informazione e Società –, l’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum dal 2004 monitora la situazione delle contestazioni contro opere di pubblica utilità e insediamenti industriali in costruzione o ancora in progetto. Ecco cosa è emerso dalla decima edizione presentata questa mattina presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio a Roma.

GLI IMPIANTI CONTESTATI

Nel 2014 il numero degli impianti contestati è continuato a crescere: 355 i casi censiti nel 2014 contro i 336 del 2013 (+5%). Nel 62,5% delle rilevazioni è il comparto energetico il macrosettore più contestato. In particolare, significativo è l’incremento delle opposizioni che investono gli idrocarburi: sui 91 impianti che per la prima volta hanno fatto la propria comparsa nel monitoraggio Nimby, ben 22 afferiscono a questo settore.

COSA SI CONTESTA

Ad attirare maggiormente le contestazioni nel 2014 è il comparto energetico, con 222 impianti e un incremento del 4,2% rispetto al 2013. L’Osservatorio segnala come effetto collaterale dello Sblocca Italia, l’aumento dei focolai di protesta contro impianti/progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi: dai 10 del 2013 ai 32 di quest’anno, il settore scala la classifica degli impianti più contestati in ambito energetico, posizionandosi per la prima volta al secondo posto (9,3% del totale). 101 impianti, pari al 28,4% del totale, sono rappresentati dalle centrali a biomasse, in linea con la precedente edizione e con il consolidato trend di proteste contro le fonti rinnovabili. Sempre nel macrosettore energetico, crescono di 1 punto percentuale le centrali idroelettriche che, dal 5,1% del 2013, passano al 6,2% del 2014. In linea con i dati 2013, rifiuti (25,9%) e infrastrutture (8,7%) si attestano al secondo e terzo posto tra i macrosettori più contestati, dopo quello energetico.

I SOGGETTI COINVOLTI

Nel 2014 la sindrome Nimby si è diffusa prevalentemente attraverso comitati e movimenti di iniziativa popolare. Questi soggetti, promotori della protesta nel 32,5% dei casi, trovano spesso il sostegno dei rappresentanti della politica nazionale (24,8%) e degli enti pubblici (21,1%).
“Il rinnovato slancio delle opposizioni contro il settore idrocarburi si riflette in un accresciuto attivismo delle associazioni ambientaliste, le cui iniziative Nimby passano dal 13,9% del 2013 al 15,6% del 2014”, si legge nel rapporto.

LA DISLOCAZIONE GEOGRAFICA

Per quanto riguarda la dislocazione geografica, l’Italia continua a presentarsi come un paese diviso tra Nord e Sud. Le sole regioni Lombardia e Veneto ospitano ben il 29% delle contestazioni, contro il 21,6% delle Regioni del Sud.

LE MOTIVAZIONI

Al primo posto tra le ragioni di protesta vi è l’impatto sull’ambiente (38,97% sul totale), evidenziando un significativo +89% rispetto al 2013. Meno sentite, rispetto agli anni passati, risultano invece le preoccupazioni per la salute e la qualità della vita, che calano rispettivamente al 13,6% e all’11,7% (-8% e -44% sul 2013).

UN FENOMENO SOCIAL

Il fenomeno Nimby è sempre più un fenomeno social. Per questo l’Osservatorio Nimby Forum ha dedicato un focus particolare ai social network come veicolo di protesta, concentrando l’analisi sui movimenti No Tav e No Triv, rilevanti anche in funzione dell’incremento registrato sul fronte del No agli idrocarburi.
Presenti su Facebook dal 2008, i No Tav comunicano prevalentemente attraverso la pagina “No Tav. Organizzazione comunitaria”, che conta 56.860 like, con decine di pagine e gruppi collegati: No Tav Valle di Susa, No Tav Venaus, No Tav LA Maddalena, etc rappresentano declinazioni geograficamente più mirate e in grado di coinvolgere fino a ulteriori 70.000 utenti.
Più recente la pagina Facebook “Coordinamento Nazionale-No Triv” che ha all’attivo 5.856 like circa, circa 20 pagine collegate (Coordinamento No Triv-Terre di Bari, No Trivelle Capo di Leuca, etc), un totale di sostenitori pari a 10.000 e aggiornamenti di pagina quotidiani.

NIMBY 2.0

“A dieci anni dalla nascita del nostro Osservatorio, il suffisso 2.0 è entrato in misura dirompente nel lessico di politica, economia, informazione. Anche il fenomeno Nimby è diventato 2.0, non solo perché, sempre più, viaggia in rete ma anche perché ha ampliato il proprio raggio di influenza: non solo No Tav, ma anche No Expo, No Vaccini, No immigrazione, etc” – ha commentato Alessandro Beulcke, Presidente di Aris, l’associazione che promuove l’Osservatorio Nimby Forum® – “In questo contesto, in cui vacilla anche la capacità della scienza di creare fiducia attorno a conoscenze condivise, è fondamentale non retrocedere sul terreno dell’informazione, della partecipazione e della semplificazione”.

Ecco quanto crescono ancora i subbugli Nimby

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