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Nell’attuale scenario post-ideologico le ideologie più forti, e dunque più affascinanti per alcuni, sembrano essere l’anti-americanismo e il leaderismo, che spesso si uniscono raccogliendo sostegno sia a sinistra sia a destra. Lo racconta l’asse anti-americano e post-comunista, tanto russo quanto cinese, che unisce Giuseppe Conte e Matteo Salvini, leader rispettivamente di Movimento 5 Stelle e Lega. Basti pensare alle loro posizioni nei confronti di leader come il cinese Xi Jinping e il leader russo Vladimir Putin impegnati, in modi diversi che però spesso s’intersecano e completano, a minare l’ordine internazionale per riscriverne a proprio favore le regole.

Un sodalizio, quello di Conte e Salvini s’intende, che trova una naturale leadership “maxima”: quella di Massimo D’Alema. Mentre Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, partecipava con un videomessaggio alla terza edizione del Summit per la democrazia lanciato dagli Stati Uniti, il suo precedessore, primo unico con un passato nel Partito comunista italiano a ricoprire tale carica, parlava al terzo Forum sulla democrazia organizzato dalla Cina. Sin dal lancio della piattaforma di dialogo tra democrazie da parte di Washington, Pechino ha “risposto” con un forum sulla democrazia per dire al mondo due cose: che anche la Cina è una democrazia, seppur con sue caratteristiche, ovvero un governo in nome del popolo; che l’Occidente non deve imporre la sua democrazia.

Citando l’economista Joseph Stiglitz, l’ex presidente del Consiglio ha evidenziato che “una testa, un voto” nella democrazia occidentale è degenerato in “un dollaro, un voto”. Infatti, attraverso il controllo dei media moderni il denaro “opprimente” è diventato sempre più capace di manipolare e condizionare le opinioni politiche. Tuttavia, con il declino della democrazia occidentale, alcuni Paesi occidentali continuano a considerare la democrazia un valore dell’Occidente e a sventolarla come una bandiera per opporsi ad altri Paesi, ha affermato ancora, avvertendo che alcuni stanno effettivamente costruendo un “nuovo muro di Berlino” che renderà tutti difficile la cooperazione internazionale. E ancora: a livello nazionale, i Paesi occidentali dovrebbero ristabilire la democrazia attraverso politiche pubbliche per alleviare la disuguaglianza e l’ingiustizia sociale, mentre sulla scena internazionale è urgentemente necessario un dialogo aperto, invece dell’opposizione ideologica, tra diverse culture e civiltà. Il modello occidentale “non può essere esportato e imposto in altre parti del mondo, come hanno dimostrato negli ultimi anni le esperienze in Afghanistan o in Iraq o in Medio Oriente”, ha dichiarato ancora D’Alema parlando in inglese.

Non è un caso che le sue parole abbiano trovato ampia eco nei media statali cinesi, proprio come quelle di Salvini sulle elezioni presidenziali in Russia – “Quando un popolo vota ha sempre sempre ragione” – sono state per giorni in belle mostra sui siti d’informazione (eufemismo) del Cremlino.

Fronte anti Usa e post-comunista. Conte, Salvini, e la “leadership Maxima” di D’Alema

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